Mai sentito il rantolo della morte? Mai sentito questa presenza così vicina da poterla quasi toccare? Chi si ferma lungo il cammino della vita e osserva troppo intensamente il sole dell’esistenza, tanto vitale quanto fatale, ne viene poi catturato. Rimane paralizzato, ipnotizzato, annichilito. Forse perché ci si concentra troppo sulla meta, piuttosto che sul viaggio.
François de La Rochefoucauld ha detto: Nè il sole né la morte si possono guardare fisso.
Perchè avere paura
Questo sole punisce e brucia chi osa troppo. È tanto una sirena quanto una chimera, lascia un’angoscia per il tempo che è stato donato, per il fatto di percepirlo come troppo poco, o semplicemente troppo. L’angoscia può nascere al momento della morte di una persona cara. Nasce dalla paura di rimanere soli, di non avere più nulla da perdere ed essere abbandonati in questo lungo, anche se breve, cammino. È la paura generata dalla sensazione di aver sperperato il proprio tempo senza ritegno. Per essersi accorti troppo tardi che la vita è anche fin troppo breve. Chi percepisce l’angoscia opprimente è colui che sente che la vita non l’ha vissuta affatto, chi ha preferito riconoscersi nelle vesti di qualcun altro, chi ha vissuto la vita come comparsa, come personaggio secondario e non come indiscusso protagonista. Chi ha paura di morire non è stato capace di fare tesoro di qualcosa che non può tornare indietro, qualcosa che, in fin dei conti, è frutto un patto con la morte stessa, genitrice del tempo e sua stessa assassina. Diceva Nietzsche “Consuma la tua vita” e “Muori al momento giusto”. Senza aver vissuto una vita che si sente di aver speso bene, senza aver usufruito delle opportunità che sono state donate, se ci si è lasciati sottomettere dalla paura e non si è stati in grado di cogliere l’attimo, allora, e solo allora, si sentirà di aver vissuto solo a metà. Solo allora, la paura della morte sopraggiunge e sopraggiunge perché, in fin dei conti, una vita spesa male non è percepita come vera vita.
Perchè non avere paura: i cerchi nell’acqua
È necessario ricordare che ricongiungersi con la morte, presentarsi a questo appuntamento, è un’esperienza dalla quale non ci si può esimere in alcun modo. Ogni essere vivente prima o poi dovrà lasciarsi avvolgere dalle sue spire, lasciarsi trasportare negli abissi. L’essere umano, nel momento in cui entra a contatto con la vita, entra a contatto con quel mare che è quello dell’esistenza. Nel momento in cui muore, esso sprofonda nell’oscurità dell’abisso, se ne lascia avvolgere. Occorre, però soffermarsi su quanto accade quando si tocca la superficie del mare. La vita dell’essere umano sprigiona, con il suo contatto, dei cerchi concentrici che si irradiano lungo tutta la sua superficie. Questi cerchi si allargheranno a dismisura, così tanto da perderne la vista. Ebbene, ogni volta che un essere umano libera nel mare i suoi cerchi, questi si uniranno a quelli di altri uomini. Si fonderanno. Ogni cerchio nell’acqua corrisponde ad un aspetto dell’esistenza di un individuo e, in un modo o nell’altro, ciascun uomo viene influenzato da un altro uomo. Ciascun essere umano lascia traccia del suo passaggio nell’anima di coloro il cui tempo non è ancora scaduto. La morte non può vincere questa immortalità. Questa si cela nel cuore di chi ama. Ogni vita è dotata di un significato e, molto spesso, questa consapevolezza fa sì che ciascuno possa gestire l’ansia per questo appuntamento imprescindibile. La teoria della gestione del terrore ha analizzato come, questa prospettiva, così come altre, possano contribuire ad alleviare questa profonda angoscia.
Alla ricerca di un significato
Molto spesso, dunque, si spende la propria vita a cercare uno scopo. L’uomo percorre la propria strada alla ricerca di un motivo che lo spinga a proseguire, a ricercare un significato per tutto quello che fa parte della vita stessa. L’uomo ha bisogno di un motivo per poter vivere, per questo si aggrappa alla religione, si aggrappa alla scienza o si aggrappa agli ideali. Un essere umano senza un obiettivo e senza un fine si lascia abbracciare irrimediabilmente e permanentemente dalle sue stesse paure. Nasce così la gestione del terrore, un modo per non pensare alla propria caducità concentrandosi sul presente e su quanto si possa fare perchè la propria vita acquisti un significato. È un modo per non percepirsi semplicemente come un granello di sabbia in un mare di nulla, ma come esseri speciali, tutti degni di fare la storia, tutti degni di essere qualcosa di più. Più di quanto ciascuno possa immaginare.
Alice Tomaselli