Mussolini dichiara guerra all’Etiopia dal balcone di Palazzo Venezia: era il 2 Ottobre del 1935

È il 2 Ottobre del 1935 e Mussolini dichiara guerra all’Etiopia dal balcone di Palazzo Venezia. 

Direttamente da Palazzo Venezia Mussolini decide di dichiarare guerra all’Etiopia. Noncurante dei costi che avrebbe rappresentato questa guerra per il Paese, il giorno successivo fa partire in totale 160.000 soldati, tra italiani e ascari. L’Etiopia resisterà con grande forza e, la conquista dell’impero, avrà costi elevatissimi per l’Italia.

Un conflitto durato quasi un anno

Il giorno successivo all’annuncio fatto da Mussolini comincia la guerra di Etiopia, nota anche come campagna di Etiopia, la quale si prolungò fino al Maggio dell’anno successivo. Tale campagna è ricordata come una delle più grandi della storia, dato che l’impiego di mezzi e di uomini può dirsi sorprendente, sia per la modernità, sia per gli elevati numeri. D’altronde, lo scopo del conflitto era anche e soprattutto simbolico, di propaganda. Per il regime questa era l’occasione perfetta per mettersi in mostra e per dare maggiore calco alle idee e alle volontà fasciste. L’obiettivo era quello di creare una colonia in cui dirottare l’emigrazione italiana e il Duce non si fece scrupoli nel perseguirlo: furono usate armi tutte le armi disponibili e, in taluni casi, alcune di queste erano anche armi chimiche.

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Casus belli

A rompere gli equilibri fu un evento del Dicembre del 1934. Il presidio italiano di Ual Ual, infatti, nel cinque del mese, aveva respinto un attacco delle truppe abissine, le quali avevano provato a conquistare alcuni territori che erano stati occupati dall’Italia negli anni precedenti. Sebbene la notizia non fece molto scalpore inizialmente, la propaganda decise di approfittarsene e di renderla la giustificazione perfetta per la guerra che sarebbe scoppiata.

Fu a questo punto che Mussolini decise di dare un profilo molto più delineato alla situazione e fu proprio poche settimane dopo che annunciò, tramite un promemoria alle autorità del regime, quello che era il suo piano: occuparsi della questione mettendo avanti una vera e propria mobilitazione che sarebbe cominciata nell’autunno successivo.

In realtà quello a cui puntava il Duce era una sorta di forma di riscatto per la sconfitta di Adua, come una rivincita. Il senso globale del tutto, però, fu molto chiaro: affermazione di prestigio. I pretesti di Mussolini parevano abbastanza puerili, ma l’idea – anche tanto abusata da parte della propaganda – di un posto felice per milioni di italiani, dove ricchezze e risorse agricole abbondavano, fu una delle leve che sfruttò per convincere il popolo. Pure il papa, Pio XI, si pronunciò contro la guerra, definendola ingiusta, ma ciò non basto. Mussolini voleva la guerra a tutti i costi.

Conseguenze

Il negus Heailé Selassié, ovvero l’imperatore di Etiopia, era disposto a tutto pur di difendere il proprio Impero. Non solo aveva già disposto il riarmo, ma impiegò ogni singola fonte economica pur di salvare l’Etiopia, mettendo a disposizione anche il suo patrimonio personale. Nonostante gli sforzi, tutto si rivelò insufficiente: l’Italia aveva la meglio e l’Europa non dava l’appoggio sperato in Etiopia. Circa una settimana dopo lo scoppio l’Italia era già stata denunciata dalla Società delle Nazioni, tramite una serie di provvedimenti pecuniari.

Cessate le operazioni di guerra, prospettiva ottenuta nell’anno successivo, non si fermarono le azioni di guerriglia e di resistenza. I partigiani etiopi si impegnarono, insieme all’Inghilterra, nella liberazione dell’Impero dai coloni italiani, ma la trafila fu molto più lunga del previsto, dato che si arriverà a sfiorare le soglie della seconda guerra. Le violenze si placarono o in alcuni casi cessarono quando l’Etiopia venne liberata dalla parte britannica nel 1941, mentre la perdita di tutte le colonie arriverà con il trattato di Parigi, nel febbraio del 1947.

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