La musicoterapia, un tempo relegata a ‘medicina alternativa’ o ‘para-scienza’, è oggi considerata una delle strategie più all’avanguardia per la cura dei disagi psico-fisici, in quanto viene considerata come piacere di grande impatto emotivo, capace di modificare radicalmente la percezione della realtà e il modo di guardare e vivere quest’ultima.
“Senza musica, la vita sarebbe un errore“. (Friedrich Nietzsche)
La musica è considerata, sin dai tempi antichi, uno degli strumenti più amati dall’uomo per raggiungere la felicità interiore. Nella mitologia Greca Euterpe, figlia di Zeus e Mnemosine, é la Musa della Musica e della poesia lirica. Il suo nome deriva dal greco eu (bene) e tερπ-εω (piacere) e sta a significare ‘colei che rallegra’. Le processioni in onore di Dioniso ed Era, i riti tribali degli aborigeni australiani, le messe cristiane d’Occidente e Oriente si sono sempre svolti tramite l’accompagnamento musicale. Le note e le relative vibrazioni hanno da sempre destato profonde suggestioni nell’uomo, oltre che un forte innalzamento dell’umore.
Gli effetti benefici
Può la musicoterapia costituire un fattore cruciale per il benessere psico-fisico dell’uomo? Nel corso del tempo numerosi studi hanno dimostrato la grande efficacia dei suoni gradevoli su innumerevoli pazienti. Secondo Randall Mc Lellan, musicista e compositore di fama internazionale, celebre per le sue attività nell’ambito della musicoterapia, migliaia di soggetti hanno sperimentato questa ‘euforia’, subendo una vera e propria rigenerazione psicologica e ‘spirituale’, specie nell’ambito della motivazione. Numerosi studi effettuati presso l’Università di Ferrara hanno provato che la musica influisce sul cervello, e quindi sulle attività neuronali, che vengono stimolate e producono le beta-endorfine, ormoni del ‘buonumore’, i quali hanno una capacità analgesica. La musica è un vero e proprio linguaggio volto alla comunicazione, che evoca e rinforza le emozioni, ma anche i sentimenti e le reazioni del sistema vegetativo. Anche il ritmo cardiaco e il respiro subiscono un rallentamento, col risultato di un rilassamento complessivo del sistema nervoso e della circolazione.
Abbiamo tutti un ‘Ego’ musicale?
‘Musicoterapia’ significa innanzitutto esprimere il proprio vissuto intellettivo ed emozionale attraverso quella gamma di suoni e vibrazioni adatti a sprigionare la nostra più intima essenza. Quest’ultima si costruisce non soltanto nella mera contemplazione di sé, ma anche e soprattutto nella relazione con gli altri. Il concetto, anche definito come ISO (Identità Sonora) è stato per la prima volta elaborato da uno psichiatra e musicista di fama mondiale, Rolando Benenzon, docente presso la facoltà di Medicina dell’Università di Buenos Aires. La relazione con l’altro costituisce, per Benenzon, il fulcro della musicoterapia da lui elaborata. Il noto psichiatra definisce l’Identità Sonora quale “un’insieme infinito di energie sonore, acustiche e di movimento che appartengono a un individuo e che lo caratterizzano” (Benenzon et al., 1997, p. 22). L’ISO consta di due caratteristiche: esso è infinito verso l’interiorità del paziente, come l’inconscio, mentre è finito verso l’esterno, dal momento che tra due soggetti in relazione, il secondo reagirà con un feedback provocato dall’incontro con l’ISO del primo. Secondo il musicista argentino, esistono diverse tipologie di ISO:
- gestaltico, inconscio, ovvero il vissuto sonoro che segna il periodo dalla nascita del soggetto fino al suo massimo sviluppo;
- culturale, pre-conscio, che si struttura in base all’identità etnica dell’individuo e alle sue esperienze “sonore” in tale ambito;
- gruppale, ovvero l’identità sonoro-musicale che si acquista all’interno di un gruppo;
- complementare, preconscio, comprendente l’insieme dei quotidiani accomodamenti dell’ISO culturale e gestaltico.
Sulla base di queste classificazioni, Benenzon adotta strategie utili al miglioramento delle condizioni di salute del paziente, che dipendono strettamente dal miglioramento della relazione tra paziente e terapista. Il musicoterapista ha l’importante compito di gestire l’ascolto e l’espressione dei codici della comunicazione non verbale e, conseguentemente, intervenire sull’emotività del paziente. La focalizzazione del medico sulla relazione col paziente ha costituito un elemento di grande importanza e conseguito risultati nella cura e prevenzione di malattie quali l’autismo e l’Alzeheimer.
Questa non è, tuttavia, l’unico modello terapeutico, ma ne esistono diversi; tra questi annoveriamo anche la terapia di P. Nordoff e C. Robbins che si fonda su un approccio attivo. Questo modello prevede, durante la seduta, la presenza di due terapeuti, dei quali l’uno si relaziona con il paziente per facilitare l’apertura, la socializzazione e la sensibilizzazione agli stimoli sonori, mentre l’altro è dedito a suonare il pianoforte e improvvisare sequenze sonoro-musicali che possano riguardare il paziente e la sua condizione. Si tratta di una terapia che è stata elaborata durante il trattamento dei disturbi dell’apprendimento, dello spettro autistico o down e si divide in ben tre fasi: incontro e rispecchiamento, induzione alla risposta e alla produzione musicale e sviluppo delle abilità musicali ed espressive. L’idea è che in qualche modo il paziente possa essere aiutato a “uscire fuori da sé stesso” e a esprimere al meglio la propria identità musicale.
Ciò che i musicoterapeuti mettono in pratica ricorda moltissimo una frase del celebre musicista e compositore Johann Sebastian Bach: “La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori “, specie quando il silenzio ricorda al paziente la profondità del proprio disagio. Del resto, allinearsi alla musica significa sintonizzarsi con il mondo e l’armonia del Tutto.