Marina Abramovic, The Cleaner: una passeggiata nella mente di un genio

Palazzo Strozzi, noto museo di Firenze, è fiero di ospitare la retrospettiva artistica di Marina Abramovic. È anche la prima volta che il museo tiene una mostra dedicata esclusivamente a una donna: ma la performer se lo merita eccome. Addentriamoci allora nella mente e nei lavori dell’artista che ha rivoluzionato il concetto di “performance”, in un itinerario ad altissimo impatto psicologico. 

Marina Abramovic
La locandina della mostra che perdura ancora a palazzo Strozzi, Firenze

[…] The Cleaner è molto piú che una semplice mostra, è un’esperienza coinvolgente e totalizzante dal grande significato storico artistico”. Queste le parole di Rein Wolfs, direttore della Bundeskunsthalle di Bonn, dove si è tenuta inizialmente la retrospettiva su Marina Abramovic. La mostra itinerante si sposta e approda ora a Firenze, a Palazzo Strozzi, dove rimarrà fino al 20 Gennaio. Un’occasione assolutamente da non perdere.

Chi è Marina Abramovic

The Cleaner si prospetta come una retrospettiva dei 50 anni di attività di Marina Abramovic, fenomenale e controversissima artista contemporanea. Per chi non avesse idea di chi stiamo parlando, Marina Abramovic è l’artista che ha radicalmente rivoluzionato il concetto di performance nel panorama artistico contemporaneo. Marina nasce a Belgrado nel 1946. I suoi genitori sono, entrambi, partigiani ed eroi della seconda guerra Mondiale. Riceve la prima lezione di arte a 14 anni da un amico del padre, esperienza di cui, come lei stessa ha affermato, ha fatto tesoro. Studia dal 1965 al 1972 all’Accademia di Belle arti di Belgrado, dopodiché incomincia a insegnare e eseguire le prime live performance. In Italia viene conosciuta nel 1974, quando presenta a Milano il suo Rythm 4.

Marina Abramovic
Marina Abramovic

Nel corso dei suoi anni di attività ha stravolto l’idea di Performance: l’opera d’arte non è più una tela, un oggetto, non è più reificata. L’artista diventa autore, mezzo e opera stessa, connotata temporalmente in maniera ben precisa. L’opera riassume un valore momentuale, motivo per cui ogni performance sarà sempre diversa, anche in virtù del fatto che ogni performer darà una connotazione diversa all’opera. Proprio per questo la Abramovic ha creato una propria scuola dove tenere le proprie opere e istruire nuovi performer.

La mostra itinerante

La mostra vanta più di 120 opere d’arte, tra installazioni, video, immagini e live performance, con una veduta di insieme dell’attività della Abramovic dagli anni ’70 a oggi. La mostra riprende e continua la retrospettiva ospitata al MoMA di New York, occasione in cui l’artista aveva presentato il suo famoso “The artist is present“. Ricordiamo che mediante le sue performance, la Abramović ha cercato di esplorare nel suo significato più profondo le tematiche della memoria, del dolore, della perdita, della fiducia e della resistenza fisica e psicologica. La mostra incomincia con una rapida esposizione di alcune opere più ‘tradizionali’, principalmente tele e disegni. Passa poi a mostrare alcuni dei lavori più famosi dell’artista, tra cui Rythm 10, Rythm 0 Rythm 5.

Marina Abramovic Rythm 10
Immagini di Rythm 10, performance in cui l’artista con 20 coltelli esegue il cosiddetto “gioco della mano”, che consiste nel passare con un coltello tra gli spazi tra le dita il più velocemente possibile. Dopo averlo eseguita una prima volta registrando l’audio dell’esecuzione, ha fatto partire un secondo registratore e rieseguito la performance commettendo gli stessi errori: gli errori del presente e del passato erano così sincronizzati e coesistenti in un’unica dimensione. L’installazione presenta anche il sonoro originale della prova

Ci si addentra poi nei corridoi del museo, con l’esposizione di altre opere. Nel farlo, però, veniamo accompagnati da dei rumori che provengono dalla stanza in fondo al corridoio (azzeccatissima scelta dell’allestitore). Man mano che ci avviciniamo capiamo che questi rumori altro non sono che le urla dell’artista: arrivati nell’ultima stanza scopriamo infatti che questa raccoglie tre performance (Freeing the body, Freeing the memory, Freeing the voice) in cui la Abramovic punta a raggiungere i limiti fisici e psicologici del proprio corpo. Nel primo caso, l’artista balla nuda al ritmo di un tamburo indiano con solo una sciarpa nera in testa, fino al collasso. Nel secondo caso la performer si sdraia e incomincia a pronunciare parole a ruota libera, mentre nell’ultimo l’artista è riversa su di un materasso, supina, la testa penzoloni, e urla con tutta la forza che ha in corpo fino a perdere la voce e le forze

Marina Abramovic Manifesto
Nel corso di questa sezione si può anche assistere anche ad un’altra opera molto interessante, ovvero un muro tapezzato da delle massime che secondo la Abramovic rappresentano la condotta che un’artista deve tenere in vita “Manifesto della vita di un’artista. By Marina Abramovic”

Quando il pubblico diventa partecipante

Nella seconda sezione della mostra itinerante assistiamo a un leggero cambio di registro: il coinvolgimento del pubblico come attore co-protagonista delle sue performance risulta fondamentale sin dagli anni Settanta, e in questa parte dell’esposizione ne abbiamo la riprova. Accanto alla riproposizione di opere particolarmente famose e importanti della Abramovic (come Balkan Baroque), la seconda parte della mostra propone le performance eseguite con l’artista tedesco Ulay, con cui la Abramovic ha coltivato un intenso rapporto sia amoroso che artistico, alcune performance live atte da alcuni performer da lei istruiti e delle opere in cui il publico è chiamato a partecipare attivamente.

Marina abamovic Balkan Baroque
Balkan baroque, famosissima opera della Abramovic che le ha fruttato anche il leone d’oro alla Biennale di Venezia: Per tre giorni l’artista si è presentata in loco, è salita su un mucchio di ossa, di cui molte ancora sporche e sanguinolente, e le ha ripulite. Per tre giorni
Marina Abramovic
Una delle performance live della mostra itinerante “The Cleaner”: il performer passa tutto il tempo a spazzolare uno scheletro con dell’acqua sporca. Alla fine della performance l’artista sarà così sporco, così come lo scheletro

A concludere la mostra, due opere che lasciano il segno. La prima consiste in una raccolta di alcune opere e reperti della Abramovic, contenute in 3 cassettoni: ogni spettatore è libero di aprire i cassetti a proprio piacimento e di fruire delle opere ivi contenute. La seconda è “The Artist is Present”.

The Artist is Present: opera ad alto impatto psicologico

Tutta la mostra mette alla prova gli spettatori, o per meglio dire, tutti gli spettatori desiderosi di lanciarsi in questa esperienza. Richiede ovviamente una notevole forza di volontà e il desiderio di mettersi in gioco. Esemplificativo di tutto questo è l’opera che chiude la mostra, “The Artist is present“, una riproposizione della performance della Abramovic al MoMA di New York.

The Artist is Present, riproposizione a Palazzo Strozzi, Firenze. Nella foto, due degli spettatori della mostra

Il concetto di base è semplice: gli spettatori si devono sedere al tavolo, e semplicemente guardarsi negli occhi per tutto il tempo desiderato. Sembra facile e banale a dirsi, lo è meno a farsi. Basti pensare alla Teoria della Mente: il mezzo più significativo e importante per conoscersi e intuire gli stati mentali altrui è proprio lo sguardo. Trovarsi a guardare negli occhi uno sconosciuto per anche più di 20 minuti è un’esperienza toccante. Non a caso la Abramovic a riguardo ha affermato sia stata la sua opera più toccante ed emozionante, una di quelle che più di tutto le ha cambiato la vita. E con Marina Abramovic, è tutto dire.

Fino al 20 Gennaio

La mostra si concluderà il 20 Gennaio 2019. Ci sentiamo di consigliarne vivamente la partecipazione, dal momento che si tratta di un’occasione preziosissima. Raramente un’artista è riuscito a coinvolgere e emozionare gli spettatori tanto quanto la Abramovic: ne uscirete cambiati. Parola dell’autore.

 

Matteo Sesia

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