Love, Death & Robots è un prodotto che ha conquistato il pubblico e talvolta lo ha spinto alla riflessione
L’antologia figlia della mente di Tim Miller e David Fincher nel 2019 ha indubbiamente affascinato gli spettatori. Leggerezza e critiche si mescolano in episodi brevi ma pregni di contenuti e spunti di riflessione, facendo della produzione Netflix una preziosa perla. L’episodio ‘Tre Robot‘ racconta la visita delle rovine di una città post-apocalittica da parte di tre macchine di ultima generazione ignare dell’esistenza passata dell’uomo. La causa della fine per l’umanità è l’uomo stesso che, a causa della convinzione di essere l’apice dell’evoluzione ha parassitato la Terra fino allo stremo. Quanta verità c’è nel primo cortometraggio della raccolta?
LA STORIA DELLA TERRA È SCANDITA DA CINQUE ESTINZIONI DI MASSA
Il pianeta blu non ha sempre manifestato la biodiversità che conosciamo. A intervalli di diversi milioni di anni si sono verificate cinque grandi estinzioni di massa, periodi geologicamente brevi caratterizzati dalla scomparsa della maggioranza delle specie esistenti. Il caso più noto è la transizione biotica che coinvolse il 75% di tutte le specie esistenti, tra cui i dinosauri, 65 milioni di anni fa (Cretaceo). La conseguenza di questo tipo di fenomeni è un cambiamento profondo del contesto ecologico: nuove condizioni ambientali significano necessità di adattamento. La scomparsa di specie dominanti richiede inoltre il rimpiazzo da parte di una specie in grado di stare all’apice della piramide ecologica. Riportando il tutto nell’universo dell’episodio, l’estinzione dell’uomo svuota la nicchia ecologica della specie dominante, occupata successivamente dai gatti con pollice opponibile ingegnerizzati dall’uomo stesso.

I DATI SCIENTIFICI CONDANNANO L’UOMO
La condizione critica della Terra è ad oggi una realtà tristemente consolidata e l’uomo ne è il principale colpevole. Bradshaw e colleghi il 13 Gennaio 2021 hanno pubblicato sulla rivista Frontiers of Conservation Science un articolo che riassumesse le condizioni attuali da un punto di vista ecologico. I numeri presentati parlano chiaro: circa il 70% della superficie terrestre e il corso di più del 75% dei maggiori fiumi è stata alterata dall’uomo. Il risultato è una evidente perdita di biodiversità, sia per la flora che per la fauna. C’è da considerare inoltre che quanto documentato è solo parte di un fenomeno più vasto. Si parla della scomparsa di più di 700 specie di vertebrati e di circa 600 piante negli ultimi 500 anni ma è chiaro che tali valori siano sottostime date dall’impossibilità di ottenere campioni ogni singolo caso. Oltretutto la crescita continua della popolazione mondiale richiede più risorse, genera più inquinanti e necessita uno sfruttamento sempre maggiore del pianeta.

SIAMO DENTRO LA SESTA ESTINZIONE DI MASSA?
Una volta analizzato lo stato attuale della problematica sorge una doverosa domanda: quanto siamo distanti dalla sesta estinzione di massa? La risposta è quanto mai amara. Il tasso di estinzione nel periodo post Cretaceo si attestò intorno a 0,1 estinzioni annue per ogni milione di specie. Lo stesso valore oggi è definito genericamente come maggiore di diversi ordini di misura. Si ritiene che l’uomo sia spinto troppo oltre rispetto alle proprie capacità attuali di gestire agilmente questa situazione estremamente complessa. Tuttavia gli autori dell’articolo in questione dichiara di non voler realizzare un quadro fatalista e tragico, bensì di abbattere l’optimism bias, il pregiudizio secondo cui si ha bassa probabilità di sperimentare un fenomeno avverso, frutto dell’addolcimento della realtà nella divulgazione.
Il gioco ha cambiato le proprie regole, i piccoli accorgimenti giornalieri non sono più sufficienti. Solo un forte intervento di restauro e allineamento della società e della politica mondiale rispetto alle necessità attuali possono fornire la chiave di risoluzione dell’enigma più importante della storia dell’uomo.
Le soluzioni esistono, la difficoltà sta nell’applicazione.
”è stata l’arroganza a porre fine al loro regno. La convinzione di essere il culmine della creazione li spinse ad avvelenare l’acqua, a uccidere la terra e a soffocare il cielo. Alla fine non servì l’inverno nucleare ma solo il lungo autunno del loro egocentrismo”