La parola “riforma” porta con sé secoli di storia e innumerevoli cambiamenti, ecco perché per noi è così importante.
Negli ultimi anni la parola riforma è stata una delle più lette e delle più utilizzate nelle e dalle testate gioralistiche. Indica cambiamenti, mutamente sociali e politici, finendo per essere una delle parole più importanti e significative della nostra cultura.
Cosa significa “riforma”?
L’Oxford Language, principale dizionario che compare nei motori di ricerca, propone come prima definzione del termine:
Qualsiasi movimento o provvedimento che sostenga o realizzi il rinnovamento più o meno profondo di una condizione o situazione esistente, per adeguarla a nuove e diverse esigenze: introdurre una r.; esigere una politica di riforme; r. del codice; r. del calendario.
Se si dovesse cercare una parola che potrebbe rispondere al concetto di riforma, sicuramente “cambiamento” coincide molto bene con suoi termini. Sotto questa definizione rientrano l’età delle riforme, la riforma protestante e la riforma cattolica, le quali hanno segnato enormi mutamenti nel nostro panorama culturale, riflettendosi poi anche nel sociale. Riforma, al pari del suo verbo riformare, non può dirsi una parola scempia. Si tratta di una di quelle espressioni che porta con sé un carico già intriseco. Volendo fare un passo indietro e attenendosi all’etimologia della parola, si nota essere composta da re + formare, con il significato di dare/ridare forma. Probabilmente, grazie e a causa del suo utilizzo in più contesti e, in special modo, in contesti politico-sociali, riforma si riflette nell’immaginario comune con un certo impeto, ricordando stralci di storia presenti e passati.
Le principali riforma del panorama sociale e politico italiano
In un articolo di Ansa, riforma viene proposta come parola del giorno. Qui vengono ripercorse le principali riforme avvenute in Italia. Il ventaglio cronologico ricoperto è davvero notevole: dalla Roma dell’avanti Cristo, ai titolo di giornali odierni. Dalla tesi luterane a alle riforme del governo degli ultimi anni. È molto interessante l’idea che viene consegnata del riformista: essendo oggettivamente una figura scomoda – almeno in quel contesto – il riformista è inizialmente allontanato, non capito, non considerato. Non si presta, di solito, molta attenzione alle sue argomentazioni o, ancora, vengono considerate obsolete, impossibili da realizzare o fuori luogo. Eppure, durante i secoli, tra mutamenti e cambiamenti, molti dei riformisti che prima erano stati criticati e spesso condannati, hanno finito per avere ragione: esempio lampante, i fratelli Gracchi.
Una delle riforme: quella dei fratelli Gracchi
È il 133 a.C e il patrizio Tiberio Gracco viene eletto tribuno della plebe. A causa del crescente malcontento della plebe e di tutti quei proprietari terrieri che gestivano piccoli appezzamenti di terreno, Tiberio propone una riforma, la quale consisteva nella reintroduzione di un limite del possesso del terreno, così da evitare il latifondismo. L’eccesso dei terreni ridivisi sarebbe poi stato ridistribuito alla plebe, all’aristocrazia senatoria e ai cavalieri. Naturalmente, i primi a non essere d’accordo furono proprio i senatori dello stesso Gracco, i quali lo ostacolano, tanto da far finire Tiberio ucciso in un tumulto.
Circa dieci anni dopo, il fratello Caio, seppur reduce dell’esperienza precedente diventa a sua volta eletto tribuno della plebe. Riesce ad ottenere, imitando anche le mosse del fratello una maggiore presenza di cavalieri nei tribunali e prezzi ridotti per coloro i quali non avevano grandi disponibilità economiche. Anche qui un confronto molto aspro che porta Caio a suicidarsi. Ciò che però è importante sottolineare è l’importanza di tali riforme. Forse i fratelli Gracchi non sono riusciti ad ottenere tutto quello che desideravano in vita, ma con il loro sacrificio nei confronti di un ideale, sono riusciti a lasciare una parvenza delle loro idee. La politica graccana, infatti, sarà attuata – se non in maniera preponderante – dagli stessi senatori, i quali finirono per concedere qualche aiuto alla plebe e alla classe equestre, evitando così, malcontenti e ribellioni.