In seguito alle proposte di estensione ed ampliamento dell’importante diritto civile (quello della legittima difesa), Bonafede ha dichiarato che quest’ultima riguarda la giustizia e non la sicurezza pubblica nazionale. Questa, infatti, è sempre stata sotto le direttive delle forze dell’ordine.
L’obiettivo che lo Stato si sta prefiggendo di raggiungere, nel breve periodo è dunque quello che dovrebbe garantire ad ogni singolo imputato un percorso valutativo chiaro e celere.
Il fine ultimo è quello che tutti coloro che, effettivamente, risultano innocenti possano dimostrarlo senza l’obbligo di dover intraprendere un iter estenuante. Ad oggi, infatti, la prassi giuridica italiana prevede e richiede ben tre gradi di giudizio per chi è chiamato a rispondere, di fronte alla legge, di questa pesante accusa.
Il punto che il ministro ha, poi, voluto chiarire è stato quello riguardante le zone d’ombra: non è ammissibile che vi siano così tante incertezze legate alle pene e ai metodi da utilizzare per le valutazioni. Il singolo imputato deve sentire la vicinanza dello Stato e non deve essere lasciato solo o abbandonato di fronte alla sentenza dei meccanismi giuridici.
Legata a questa articolata proposta legislativa vi erano state delle severe rimostranze che avevano minato la certezza di una sviluppata ed incontrastata sicurezza. I relativi oppositori hanno infatti insinuato che la legge potesse agevolare la liberalizzazione delle armi da fuoco. In seconda istanza, quindi, anche i favori legati alle ditte produttrici di queste ultime.
Proprio per tale motivo, Bonafede ha voluto fugare ogni dubbio in merito alle accuse rivolte al nuovo progetto. Secondo il ministro, infatti, la volontà è quella di aumentare la sicurezza del singolo e non minarne le certezze. Per possedere un’arma servirà sempre il relativo permesso e la direttiva non è stata supportata per sostenere determinate aziende.
Il problema della legittima difesa e la difficoltà di individuarla
Secondo i dati Censis, la voglia di ottenere una sicurezza privata è aumentata del 13% negli ultimi anni, arrivando a toccare i 39 punti percentuali. Secondo questo stesso rapporto, nel 2017, sul nostro territorio si contavano 1.300 mila persone in possesso di un porto d’armi, di diverse tipologie: anche quest’ultima voce è aumentata del 20,5% nell’arco di 4 anni. Se i reati, peró, sono in calo (2.232.552, diminuiti del 10,2% rispetto all’anno passato), rimangono 1 su 3 le famiglie che, tuttora, si dichiarano spaventate. Due sono gli schieramenti in campo che stanno cercando di adottare una linea comune. Da una parte il Movimento 5 Stelle, più cauto e che valuta il disegno legislativo meno urgentemente. Dall’altro lato la Lega che, nelle parole di Matteo Salvini, si dichiara favorevole ad una nuova legge che permetta la libertà di difesa entro le mura domestiche.
La limitazione che logicamente sta alla base del piano, però, è quella del possesso del porto d’armi che, in caso di relativa mancanza, invaliderebbe le pratiche difensive.
La paura è quella di causare una concatenazione di eventi che potrebbe rendere, tra qualche tempo, la situazione ingestibile. Secondo il Carroccio, ogni cittadino dovrebbe avere il diritto di aprire il fuoco nel caso in cui un estraneo dovesse introdursi, mediante effrazione o contro la volontà del proprietario, all’interno di un’abitazione. Legittima difesa, quindi, sarebbe considerato ogni atto preposto alla salvaguardia della propria incolumità, all’interno della propria dimora.
Indubbiamente, come è possibile constatare già da una prima analisi, la differenza tra omicidio e legittima difesa si assottiglierebbe ulteriormente e, forse, il progetto di snellire l’iter giudiziario renderebbe ancora più superficiali i giudizi e le condanne.
E’ vero anche che, chi è minacciato dalla presenza di un estraneo o di un malvivente entro le mura di casa, certe volte, si trova costretto ad oltrepassare la linea sottile della razionalità che in caso di pericolo diventa ancor più labile.
Infine, concatenata a questa complicata interpretazione, è volontà governativa che si aggravino le pene per i furti domestici: da un minimo di cinque anni ad un massimo di otto con annessa multa, da 10.000 a 20.000 euro. Inoltre, in relazione ai processi, gli imputati rinviati a giudizio per un reato per il quale la legge prevede l’ergastolo, non potrebbero più accedere al rito abbreviato.