Le persecuzioni che non fanno rumore: dal Burkina Faso l’ultimo atto di una tragedia millenaria

In Burkina Faso l’ennesimo attacco a una comunità cristiana: 14 morti che si sommano alle migliaia di altri nel corso degli anni, e ai milioni nel corso della storia, al punto che non se ne fa più notizia.

Soldati in Burkina Faso (Vatican News)

Domenica 1 Dicembre. Durante una celebrazione in una chiesa protestante in Burkina Faso un attentato jihadista fa strage di 14 persone, fra cui diversi bambini. Le affermazioni disperate dei vescovi del luogo, che denunciano lo stato di abbandono della Chiesa, parlano di una guerra santa, una jihad intrapresa contro gli indifesi cristiani.

La tragedia quotidiana del Burkina Faso

Eppure non è la prima volta che in questo Stato dell’Africa si verificano violenze del genere: sin dai primi anni del nuovo millennio il Paese è stato vittima di continui attacchi degli estremisti islamici ai danni delle piccole comunità cristiane, e nel corso degli anni la situazione, colpa anche della trascuratezza degli Stati europei, non ha fatto altro che peggiorare (basti pensare che nella prima metà del 2019 ci sono stati più attentati che in tutto il 2018), bloccando lo sviluppo dello Stato, già assistito dal progetto WFP (World Food Program) dell’ONU, che prevede la distribuzione di beni alimentari e nutrizionali agli Stati africani fra cui anche Mali e Niger. Tutto ciò comunque non basta a rialzare le sorti del Burkina Faso, ma anzi isola maggiormente alcune comunità che divengono così vittima dei continui attacchi dei jihadisti, causando la morte di molti indifesi la cui situazione precaria passa inosservata agli occhi delle potenze europee. Ma gli estremisti non attaccano senza criterio, bensì colpiscono solo chi professa il cristianesimo, facendo sì che queste divengano le ultime vittime di una persecuzione dalla durata millenaria.

Genesi di una persecuzione

Il cristianesimo nacque, non c’è bisogno di dirlo, con le predicazioni di Gesù Cristo in epoca romana imperiale (più precisamente sotto l’impero di Tiberio) nel territorio della Giudea, dove riscosse subito grande successo grazie alla sua filosofia che garantiva, a chiunque si fosse comportato secondo i princìpi indicati dal suo profeta, l’accesso al Paradiso, il Regno dei Cieli dove risiedono tutte le anime meritevoli. Per cui si distruggeva quella morale di natura romana che prevedeva una meritocrazia terrena in base ai propri natali, e una identica unità nell’Oltretomba, condannati a vivere come ombre nel regno di Ade. Fu proprio il suo rivolgersi ai confini dell’impero, dove vivevano quasi esclusivamente poveri ed emarginati, a garantirne una rapida e ampia diffusione, amplificata anche dall’unità e quindi dalla pace che consentiva la vastità dei domini romani (il primo a elaborare questa teoria fu Dante, nel suo De Monarchia). Inoltre passò, per gli stessi motivi, inosservato agli occhi dei politici romani finché non ebbe abbastanza seguito da entrare nella capitale, dove incontrò, oltre a nuovi fedeli, anche le ire degli imperatori, che vedevano con ira l’uguaglianza delle genti che si professava. Il primo a scagliarsi apertamente fu l’imperatore Nerone, il quale sfruttò il grande incendio di Roma del 64 d.C. per scatenare la prima grande persecuzione contro i cristiani, dando loro la colpa del divampare del fuoco (probabilmente dovuto in realtà alla scarsa cura che si aveva nella periferie dell’Urbe).

Il grande incendio di Roma dipinto da Karl Theodor von Piloty

Le grandi persecuzioni romane

Tuttavia questa fu solo la prima delle tante persecuzioni che marcheranno la storia del cristianesimo, e costituì un caso per lo più isolato fino al regno di Decio (249-251 d.C.), in piena anarchia militare, il quale nel suo breve ed effimero regno riuscì a distinguersi soprattutto per le condanne alla fede cristiana che si calmarono alla sua morte, quando gli altri imperatori preferirono concentrare i loro sforzi sulla precaria situazione di politica estera. E infatti il caso seguente di grande persecuzione si ebbe con Diocleziano, il cui regno (284-305 d.C.) pose fine all’anarchia e diede inizio alla cosiddetta ‘Tetrarchia’, dando stabilità e concentrando il potere nelle mani del solo Diocleziano (e in minor misura in quello dell’altro Augusto, ossia l’altro grande membro della Tetrarchia, Massimiano). L’accentramento del potere diede però all’imperatore anche idee di una sua natura oltre che umana anche divina, cozzando fortemente con l’idea di uguaglianza professata dai cristiani, che quindi erano visti come una minaccia e un fastidio da togliere di mezzo. È in questo contesto che nasce l’ideologia del martirio, ossia il sacrificare la vita in nome della propria fede. A parte i proto-martiri, ossia i martiri della cristianità più antica (la paleocristianità), come Santo Stefano (a cui è dedicato il 26 dicembre), è in questo periodo che si hanno il maggior numero di martiri della storia antica e anche fra i più illustri, come Tertulliano, scrittore latino originario dell’Africa e grande teologo (morto nel 230 d.C.), che in una delle sue opere, il De Anima, spiegava come solo ai martiri fosse concesso il privilegio di entrare subito dopo la morte nel regno dei Cieli mentre chiunque altro avrebbe dovuto attendere il Giudizio Universale. Oppure come il vescovo di Cartagine Cipriano (morto nel 258 d.C.), grande esponente della letteratura latina cristiana: questi, in uno dei suoi trattati più noti, il “De Lapsis“, parla proprio della figura del martire e dei ‘lapsi‘ ossia quei cristiani che, di fronte al martirio o alla possibilità di cambiare fede, per salvarsi la vita si convertono o fuggono. Questo breve itinerario ci permette di comprendere quanto ormai le persecuzioni fossero divenute all’ordine del giorno al punto da elaborare anche teorie teologiche sulle loro vittime o chi riusciva a scampare, ma ben presto la situazione si sarebbe capovolta grazie all’avvento di Costantino, che avrebbe lasciato libertà di culto, e Teodosio, che elesse il cristianesimo religione ufficiale dell’impero.

Tertulliano, secondo un’incisione medievale

Perseguitati in tutto il mondo

Con l’avvento dell’età moderna e la supremazia del cristianesimo sembra che l’epoca delle persecuzioni sia terminata e rimanga solo un ricordo delle origini, ma questo vale solo per l’Europa: sono infatti tante le condanne che il cristianesimo riceve negli angoli sperduti del globo quando una delle figure chiave del cristianesimo moderno, il missionario, tenta di installare la proprio religione in posti come l’Africa, l’India o l’estremo Oriente. In alcuni luoghi, come l’Africa o la neonata America, la professione procede bene e con grandi risultati (eccezion fatta per gli Stati africani in cui ormai l’islamismo è profondamente radicato), mentre in altri luoghi gli esiti sono magri e isolati, e spesso le poche comunità che si formano vengono malviste e isolate dal proprio Paese. Uno degli esempi più eclatanti e significativi si ebbe in Giappone, con la celebre rivolta di Shimabara, in cui una grande comunità cristiana (non si conoscono cifre precise, si oscilla dalle 14.000 alle 35.000 persone) si ribellò in difesa della propria fede dallo shogunato Tokugawa. Gli esiti sono chiari: i cristiani, guidati da Shiro Amakusa, furono infine repressi, e lo shogun per evitare ulteriori rivolte di natura religiosa decise di interrompere i contatti con qualunque altro Stato estero, dando la colpa della ribellione all’intervento portoghese, i cui mercanti erano numerosi lungo le coste dell’isola, e alla corruzione delle menti che i loro missionari avevano portato, dando inizio a un periodo di isolamento culturale da cui il Giappone uscirà solo nel XX secolo.

Statua di Shiro Amakusa

La persecuzione eterna

Si è parlato a inizio articolo di milioni di morti, ma da dove provengono questi numeri? Osservando questa breve carrellata di esempi non si arriva neanche a un milione, eppure si stima che fino a oggi ci siano state circa trenta milioni di vittime uccise per la loro fede cristiana. Questi in realtà provengono per la grande maggioranza da un altro mondo, un mondo più oscuro e di cui è difficile documentarsi, posto nei recessi più sperduti del pianeta. Si tratta di piccole stragi compiute ogni giorno, come quest’ultima in Burkina Faso, e la loro quotidianità è tale che non si genera più scalpore fra il pubblico e fra chi vive in queste situazioni, rendendo i coraggiosi credenti di queste aree dei martiri dei nostri giorni. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, i morti si accumulano e solo quando si distoglie lo sguardo e dopo qualche tempo lo si riporta in queste zone si nota come la catasta di vittime cresca senza mai fermarsi. Eppure questo non diminuisce il dolore di chi vede i propri cari uccisi o l’orrore che si prova nel sapere che ancora oggi la diversità religiosa causa vittime e genera muri, invece di diventare occasione di dialogo e di unificazione globale. O se non globale, di gente che, musulmana o cristiana, soffre allo stesso modo nello stesso mondo.

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