L’amore fa impazzire: ce lo dicono la canzone di Blanco, Tristano e Ludovico Ariosto

L’amore in tutti i tempi e in tutti i luoghi è sempre stato descritto come un sentimento che sconvolge anima e corpo, che non dà pace e che non può essere ignorato.

Potremmo dire che la passione “fa impazzire”. Chi ne è vittima infatti non può controllare ciò che prova ed è preso totalmente dall’altra persona. È questo lo stato d’animo che ci descrive la hit di Blanco e Sfera Ebbasta “Mi fai impazzire”. Tuttavia impazzire per amore è un cliché che si ripete costantemente nella letteratura, da quella cortese a quella contemporanea, vediamo gli esempi dei personaggi Tristano e Orlando.

“Mi fai impazzire” racconta un amore che sconvolge

La canzone “Mi fai impazzire” è stata decisamente una delle hit dell’estate 2021. Uscito il 18 giugno il brano di Blanco e Sfera Ebbasta ha velocemente spopolato e scalato le classifiche. Un testo che tratta di passione e gelosia, di sentimenti violenti che stravolgono il cuore. Al centro del pezzo vi è una relazione tormentata e non lineare, che traballa ma è accesa dall’eros. Il ritmo incalzante e quasi frenetico della musica rendono l’idea della divisione interiore in atto nel protagonista della canzone, scisso fra sentimenti contrastanti. Soffre per gelosia, è ferito nel profondo del suo cuore eppure non può fare a meno di lei, che lo ha reso quasi totalmente dipendente.

Ho i tuoi baci sul collo, sono come ferite
Tu mi sai fare male, sì, tu mi fai impazzire
Ma se non ci sei attorno, qua mi va tutto storto

Fra litigi e incomprensioni la scintilla fra i due non si spegne, nonostante le numerose volte in cui sembrava fra loro dovesse essere finita. In un circolo vizioso di una sorta di “odi et amo” il cantante ‘impazzisce’ per amore. Una pazzia generata contemporaneamente dalle difficoltà di coppia, dalla possessività ma anche dall’intensità del desiderio.

Quante volte hai detto sai sì è meglio se te ne vai
Perché sapevi che non me ne sarei andato mai
Tu mi fai impazzire

“Tristano e Isotta”, opera di Edmund Blair Leighton

Tristano si finge folle per rivedere la regina Isotta

La storia di Tristano e di Isotta è una delle più celebri leggende del ciclo arturiano la cui origine è celtica. Per errore essi bevono una pozione e si innamorano perdutamente l’uno dell’altra, ma lei è promessa sposa dello zio di Tristano, il re Marco di Cornovaglia. Il loro amore impossibile nasce sotto un segno funesto ed è destinato ad una inevitabile fine tragica. I due, per poter coronare la loro passione adultera, intrecciano fitte trame di inganni e sotterfugi, spesso molto arditi e rischiosi, per non farsi scoprire. Uno di questi è l’episodio della “Folie Tristan”, narrato in due manoscritti risalenti alla fine XII-inizio XIII secolo. Oltre che a commettere una serie di follie pur di incontrare Isotta egli letteralmente “impazzisce”, si traveste fingendosi pazzo per poterle parlare. Egli entra a corte, viene ammesso al cospetto del re proprio perché pazzo e per questo deve essere lasciato parlare. Secondo credenze antiche infatti colui che è folle o comunque malato è stato in qualche modo toccato da forze divine quindi gode di una sorta di inviolabilità. Riesce così a raggirare il sovrano e se dapprima non viene riconosciuto nemmeno dall’amata poi, grazie al suo anello, può finalmente ricongiungersi a lei senza che nessuno sospetti di lui.

 

“Angelica si innamora di Medoro”di Simone Peterzano

Orlando diventa ‘furioso’ ma anche Ariosto rischia la pazzia d’amore

Anche il protagonista del poema di Ludovico Ariosto “Orlando furioso” perde il senno a causa dell’amore. Orlando, paladino cristiano in guerra contro i saraceni, è innamorato della bella principessa orientale Angelica che però non lo corrisponde. Un giorno vede incisi i nomi della sua amata e di un certo Medoro su alcuni alberi e, una volta compresa la situazione, non può sopportare tale dolore e impazzisce. Il canto XXIII narra la follia del cavaliere, interiormente dilaniato, che si riversa su ciò che lo circonda, distruggendolo come fosse una tromba d’aria. L’eroe in preda al furor distrugge tutti i segni visibili della passione di Angelica e Medoro, sradica alberi e si denuda della propria armatura.

In tanta rabbia, in tanto furor venne,

che rimase offuscato in ogni senso.

Di tor la spada in man non gli sovenne;

che fatte avria mirabil cose, penso.

Ma né quella, né scure, né bipenne

era bisogno al suo vigore immenso.

Quivi fe’ ben de le sue prove eccelse,

ch’un alto pino al primo crollo svelse:

e svelse dopo il primo altri parecchi,

come fosser finocchi, ebuli o aneti;

e fe’ il simil di querce e d’olmi vecchi,

di faggi e d’orni e d’illici e d’abeti

Tuttavia nemmeno l’autore dell’opera si sente immune dalla follia amorosa. Nel proemio della sua opera cita la propria amata, Alessandra Benucci, che lo ha reso “furioso” quasi come Orlando. La donna amata infatti lo tiene in suo potere, consuma il suo talento poetico e a lei è rimesso il buon fine del poema. Solo se lei glielo permetterà, lasciandogli un po’ di ragione, Ludovico riuscirà a completare l’impresa poetica.

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