Cosa cambierà dal giorno dell’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America.
Il 20 Gennaio 2020 sarà una data importante non solo per l’America ma per il mondo intero. Ci sarà l’inno cantato da Lady Gaga, una probabile esibizione di Jennifer Lopez e Tom Hancks, ma non stiamo di certo parlando del Super Bowl o degli Oscar, ma dell’insediamento del neo presidente eletto Joe Biden, evento che solo grazie alla capacità tutta americana di trasformare qualsiasi ricorrenza in un palcoscenico di luci, musica ed energia sarà un vero e proprio spettacolo. Biden e le sue idee, politiche e posizioni invaderanno immediatamente l’America, passando però prima attraverso un lavoro di distruzione di ciò che negli ultimi anni Donald Trump ha fatto, muovendosi poi verso la costruzione di un futuro tutto da scrivere.
L’anti Trump
Sarebbe interessante fare un’intervista doppia a Biden e Trump: mare o montagna, dolce o salato , bianco o nero. Sarebbe curioso cogliere dalle loro risposte opposte una differenza che non li allontana solo nella politica ma anche nella vita in generale. La chiamata al voto degli americani a novembre infatti, non è stata una mera scelta tra due facce, ma la stesura dell’introduzione di un nuovo capitolo di storia americana, che a seconda dell’esito della tornata elettorale avrebbe avuto un epilogo completamente diverso. Sono infatti molti i temi su cui nei dibattiti e nei programmi i due candidati si sono sempre schierati agli antipodi: se pensiamo che questo possa non riguardarci in realtà ci sbagliamo perché come qualcuno ha detto una volta everything is totally connected! Basti pensare infatti ai rapporti con l’Europa che nella stagione Trumpiana sono andati sempre più ad inclinarsi a causa dell’incoraggiamento dato dal Presidente uscente al procedimento di uscita dall’Unione Europea del Regno Unito. Non sono poi mancati negli anni i tentativi di mettere i bastoni tra le ruote alle relazioni commerciali, attraverso minacce di inserire dazi per le merci provenienti dall’Ue e soprattutto dalla Cina. Insomma se l’America fosse in una città di provincia Donald Trump sarebbe il bullo del quartiere e Joe biden quello che, almeno per ora, promette di salvare i rapporti con le grandi potenze, ricominciando così a giocare tutti insieme senza litigare.
L’accordo di Parigi
Come dimenticare i memes che per anni hanno invaso i social network che ritraevano una Greta Thunberg molto arrabbiata alle spalle di un Presidente poco attento. Questo perché, a prescindere dall’ironia, l’atteggiamento assunto dall’ormai ex presidente nei confronti di quella che possiamo definire una vera e propria emergenza, come quella climatica, è sempre stato di distacco, menefreghismo e negazionismo. Non si è fatto nulla per il clima, per le emissioni nocive e la gente è morta, ha continuato per tanto tempo ad urlare la giovane attivista, trovando in Trump giustificazioni attinenti al boom economico che le sue politiche irrispettose dell’ambiente avevano portato. Quello che aveva fatto infatti, era stato ritirarsi dall’Accordo di Parigi del 2015 di cui Obama si era fatto paladino. Un accordo che era un ponte tra le varie potenze mondiali che guardavano con esso nella stessa direzione per un unico obiettivo: ridurre le proprie emissioni di gas serra, l’impatto sull’ambiente e il clima in generale adempiendo ad una serie di obblighi e oneri. Capiamo che chiamarsi fuori da siffatto progetto per un Paese che dopo la Cina è il più grande emettitore mondiale di anidride carbonica è stata una ferita difficile da rimarginare. Quello che ha promesso Joe Biden è di ritornare a far parte insieme agli altri Paesi firmatari dell’accordo avviando un vero e proprio percorso che porterà l’America in futuro e con duro lavoro alla neutralità climatica. Certo, è impossibile pensare che Biden possa con la bacchetta magica cambiare le cose: sarà lungo l’iter legislativo aggravato da anni di negazionismo e disattenzione, ma è bello poter partire da un nuovo presidente che cerca, riconosce e affronta i veri problemi che guardano al futuro.
La gestione della pandemia
La gestione della pandemia non può che essere al centro del dibattito politico di ogni Paese: tutti i governi del mondo stanno cercando di dimostrare la propria prontezza a rispondere ad un virus che sembra non voler arretrare. L’America rimane uno dei Paesi più colpiti, contando circa 5000 deceduti al giorno. Eppure quello che è stato fatto in questi mesi sembra essere pochissimo. Il presidente Trump sembra non aver mai preso sul serio la questione, anche quando le morti dilaniavano il Paese che avrebbe dovuto proteggere e dagli ospedali si elevavano campanelli d’allarme. Lui intanto, si presentava in pubblico senza indossare la mascherina, minimizzando la pandemia, additandola come l’ennesima strategia politica dopo l’impeachment per sabotarlo, invocando cure strampalate, senza mai prendere una posizione dura. L’unica novità? La cancellazione di alcune leggi ambientali durante la pandemia, iniziativa fatta, a suo dire, per alleggerire imprese già in crisi che avrebbero dovuto anche rispettare onerose prescrizioni. Quello che Biden ha in serbo per l’America è tutt’altro. Anzitutto l’obbligo di indossare la mascherina ci sarà anche in America, e la situazione verrà finalmente trattata come un’emergenza quale è e non come una voce di paese: Biden ha inoltre annunciato già da tempo la nomina di una squadra di esperti per la gestione della pandemia mostrandosi del tutto consapevole del pericolo in cui versa il Paese.
Arriverà la primavera per l’America? Make America great Again, sì Donald, ma stavolta per davvero.