La presa della Bastiglia: scopriamone gli antefatti, gli ideali, le motivazioni e le conseguenze

Esattattamente 232 anni fa il popolo parigino assalì la Bastiglia, definendo un punto di svolta durante la Rivoluzione Francese destinato a rimanere impresso nella storia.

Amareggiati dalle forti disparità esistenti a livello sociale e ispirati dalle teorie illuministe che al tempo cominciarono a trovare diffusione, ia cittadini francesi avviarono una vera e propria rivoluzione. Analizziamone le tappe.

Un passo indietro: le cause della rivoluzione

La situazione politico-economica in cui riversava la Francia prima dell’inizio della rivoluzione era tutt’altro che rosea. Anche dal punto di vista sociale non mancarono le tensioni. Il monarca del tempo, Luigi XVI, si trovò a dover gestire più realtà non solo differenti, ma anche in contrasto tra di loro. Da un lato le finanze nazionali riversavano in uno stato molto preoccupante, dato che il predecessore Luigi XV volle impegnarsi a fondo per garantire la vicinanza francese alla causa della guerra d’indipendenza americana e oltre a ciò la siccità, il calo della produttività nel settore dell’allevamento e le carestie ridussero drasticamente la ricchezza del paese, causando l’innalzamento dei prezzi dei beni di primaria necessità, tra cui il pane. Cominciò quindi a svilupparsi un’avversione nei confronti del potere costituito, il quale iniziò ad essere considerato ormai non più in grado di garantire un avvenire benefico e positivo per lo stato. Accanto a ciò, il tessuto sociale si vedeva contraddistinto da una rilevante disparità che avvantaggiava il clero e la nobiltà, mentre penalizzava il resto dei cittadini (che corrispondeva alla maggioranza della popolazione francese). Complice della scrittura di un nuovo e letteralmente rivoluzionario capitolo fu la diffusione delle teorie illuministe, le quali si distaccarono dalle ideologie tradizionali per orientarsi verso concetti come eguaglianza, ragione, critica alla religione, alla schiavitù, alla guerra, tolleranza, divisione dei poteri, opposizione all’ignoranza e al fanatismo.

La rivoluzione e la presa della Bastiglia

A fronte della disastrosa situazione economica Luigi XVI dovette convocare gli Stati Generali. Si aprì una realtà costituita da scontri, dove il monarca voleva introdurre le tasse anche per i più abbienti (clero e nobiltà), questi ultimi volevano invece mantenere vivi i privilegi di cui godevano ormai da tempo e il Terzo Stato (le c.d. “persone comuni”) volevano ottenere maggiori diritti, tra cui il voto pro capite, che avrebbe permesso di prendere decisioni a proprio favore, dato che numericamente esso superava le altre voci presenti in assemblea. Il Terzo Stato decise però di prendere una decisione del tutto inconsueta, ovvero di autoproclamarsi Assemblea Nazionale, recarsi nella sala della Pallacorda ed eseguire l’omonimo giuramento, un gesto che diede avvio alla rivoluzione in quanto pochi giorni dopo decisero di assumere le redini istituzionali autoproclamandosi anche Assemblea Nazionale Costituente. Seguì poi l’evento che si mostra impresso in ogni volume di storia, ovvero la presa della Bastiglia, datata 14 luglio 1789. Al tempo, la Bastiglia era una prigione in cui venivano confinati gli oppositori politici, dunque era il simbolo del potere assolutistico della monarchia. Furono proprio le persone comuni, come contadini e artigiani, a rendersi artefici di tale gesto, mostrando vivamente la volontà di porre fine alle disuguaglianze esistenti nel paese. Tale evento fu seguito da molti altri, come scontri violenti orientati all’abolizione dei privilegi feudali, della servitù e al sequestro dei beni appartenenti alla Chiesa. Di fronte a tali tumulti, Luigi XVI tentò di fuggire dopo alcune decisioni adottate dall’Assemblea (tra cui la trasformazione da monarchia assoluta a costituzionale con separazione dei poteri) ma venne bloccato. Fu poi nel 1791 che l’Assemblea ottenne la denominazione di Assemblea Legislativa e segnò il passaggio alla Repubblica, la quale fu proclamata ufficialmente il 21 settembre 1792.

Liberté, égalité, fraternité ou la mort

Le parole chiave della rivoluzione francese furono tre: liberté, égalité e fraternité. Ognuna di esse racchiude un significato particolare e filosofico, che sconfina i limiti della semplice interpretazione letterale. Insieme rappresentano i capisaldi su cui la Francia ha voluto edificare la nascita della Repubblica. Con liberté (libertà) si fa riferimento al diritto di ognuno di condurre la propria esistenza libero da abusi di potere (che vanno ben distinti dall’adeguata legislazione che comporta comunque dei doveri), in parole povere si traduce con l’espressione “Agire e comportarsi secondo modi che non ledono i diritti e le vite altrui“. La parola égalité (eguaglianza) vuole invecere definire una netta scissione rispetto all’ordine di cose vigente prima della rivoluzione. Intende difatti garantire un’eguaglianza tra i cittadini, una condizione che nei secoli precedenti non ha mai trovato un’effettiva traduzione pratica, in quanto gli appartenenti al clero e alla nobiltà si sono sempre visti riconosciuti dei privilegi non indifferenti. Tale espressione si propone quindi l’obiettivo di ristrutturare la società, riorganizzandone diritti e doveri in modo da permettere ai cittadini di condurre la propria vita su base paritaria rispetto agli altri, sia in termini economici (quindi in riferimento alle tasse da pagare) sia in termini giuridici (in virtù del presupposto che la legge debba essere uguale per tutti, senza sconti derivanti dall’appartenenza a questa o a quella classe sociale). Infine troviamo fraternité (fratellanza), un termine estremamente moderno per il tempo e che si lega all’idea di vicinanza al prossimo. Essa verte infatti all’immaginare una società unica, composta da volti che naturalmente conducono stili di vita differenti in virtù delle proprie disponibilità economiche ma in cui vige comunque il desiderio di far parte di un unico gruppo e di non comporre dunque un semplice agglomerato che però riscontra una vera esistenza solo sul piano individuale. Queste tre parole dimostrano di detenere un significato vivo e profondo anche per i tempi odierni, dunque ben si prestano ad una riflessione interiore e/o collettiva rispetto a ciò che vorremmo fosse la società di cui facciamo parte.

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