Secondo la tesi del relativismo linguistico, il possesso di una particolare lingua determina in maniera essenziale il nostro modo di pensare e di percepire il mondo. Diverse comunità linguistiche concettualizzerebero quindi il mondo in modo diverso, e le differenze nella concettualizzazione sarebbero tanto maggiori quanto sono maggiori le differenze tra le lingue delle due comunità. Esiste anche una tesi relativistica debole, secondo la quale l’abitudine all’uso di una certa lingua ci predisporrebbe semplicemente, a soffermarci su certi aspetti piuttosto che su altri.
Le lingue sono molto diverse nella ricchezza di termini di colore. Alcune hanno solo due parole per i colori. I Dani, ad esempio, sono una popolazione dell’Indonesia che utilizza il termine “mili” per colori scuri e freddi, “mola” per colori caldi e chiari. Altre lingue, come l’italiano, hanno un lessico molto più esteso. Se l’ipotesi sul relativismo linguistico fosse corretta, ci aspetteremmo che i giudizi di tipo psicofisico sui colori siano influenzati, in qualche misura, dalla lingua parlata.
Esperimento
In un esperimento sono state messe a confronto una lingua A, in cui due sfumature di colore sono chiamate allo stesso modo, e una lingua B, dove queste due sfumature hanno nomi diversi. L’ipotesi è quindi che i parlanti la lingua A giudichino esempi di Blu e Azzurro come più simili tra loro rispetto ai parlanti la lingua B.
Come Lingua A è stato scelto l’inglese, in cui blu e azzurro sono entrambi espressi dalla parola Blue. Come Lingua B invece è stato scelto il russo, che ha termini diversi per nominare le due sfumature.
Ai soggetti erano mostrate delle configurazioni di quadrati ed essi dovevano determinare quale tra i due sotto fosse identico a quello sopra. Le diverse configurazioni erano formate a partire dalle venti gradazioni, dall’azzurro chiaro al blu scuro. Nella prima condizione sperimentale i soggetti dovevano semplicemente svolgere il compito, senza altri incarichi. Nella seconda condizione (interferenza spaziale), invece, ai soggetti era chiesto di memorizzare prima una configurazione di quadrati colorati, da tenere poi a mente durante il compito di discriminazione dei quadrati. Infine, nella terza condizione (interferenza verbale), i soggetti dovevano tenere a mente una sequenza composta da 8 cifre.
Ai soggetti era poi chiesto di definire per ognuna delle venti sfumature utilizzate, se la classificava come Blu (dark blue) o come Azzurro (light blue). Le prove quindi potevano essere di due tipi: cross category trials, ossia formate da una tonalità definita azzurro e una blu, within category trials quando, invece, le tonalità erano considerate entrambe azzurre o blu.
Risultati
Sia i parlanti inglese che i parlanti russo hanno avuto un’accuratezza pari circa al 96% nel compito di discriminazione dei quadrati. Questo indica che non vi è differenza nella capacità discriminativa tra parlanti di lingue diverse. Tuttavia sono emerse differenze a livello di tempi di reazione. Sia i parlanti inglese che i parlanti russo erano più veloci quando si trattava di discriminare sfumature più distanti tra loro nello spettro. Ma i parlanti russo sono risultati più veloci nei cross category trials, cioè le prove in cui dovevano scegliere fra due colori che appartenevano uno alla fascia dell’azzurro e uno del blu. Questa differenza nei tempi di reazione è stata però riscontrata solo nelle prime due condizioni sperimentali.
Conclusioni
Questo esperimento volge a sfavore di una tesi relativistica forte dal momento che non si riscontrano differenze nella capacità di discriminazione dei colori. I soggetti infatti, sia che parlassero la lingua A che la lingua B, sono ugualmente in grado di distinguere tra le due tonalità di colore. Tuttavia, gli autori dell’esperimento interpretano i risultati come a favore di una tesi relativistica debole. Secondo loro, infatti, la differenza sostanziale sta nel fatto che i parlanti inglese possono fare una distinzione tra light blue e dark blue. I parlanti russo, invece, devono per forza eseguire una distinzione tra blu e azzurro per poter parlare russo in maniera convenzionale. Questo sembrerebbe portare questi ultimi soggetti ad eseguire una distinzione abituale anche in compiti di semplice discriminazione, e non di nominazione dei colori.
Marco Prevedello