Come l’affetto di un genitore per un figlio può esprimersi attraverso la poesia e la musica
Donare una vita e prendersi cura di un essere fragile come un bambino è di certo uno dei gesti più nobili e generosi che un essere umano possa compiere. Ne parlano la monaca Jefimjia, poetessa serba, e Niccolò Fabi.
Lamento per il piccolo Ugljeṧa
Poco nota è la poetessa che ha composto questo straziante lamento per la morte del figlio. Conosciuta al secolo come Jelena Mrnjavcevic (1349-1405 ca), questa donna di straordinaria cultura viene considerata una delle prime intellettuali serbe. Figlia di un cavaliere, Vojihna, e moglie del nobile Ugljeṧa dal 1365, dopo la morte del figlio e quella del marito, prende i voti e si ritira in un convento con il nome di monaca Jefimjia, con il quale viene più spesso ricordata.
Afflitta dalla perdita del piccolo Ugljeṧa, Jelena decide di affidare il suo dolore a Dio tramite una commovente preghiera, incisa di suo pugno su un’icona di legno. Tali versi risalgono al 1366 o al 1367 ed sono diretti al prestigioso monastero serbo di Hilandar, dove sono sepolti suo padre e suo figlio, ma al quale non può accedere in quanto donna. Nel testo Jefimjia piange la morte del piccolo senza peccato, passato alla famiglia eterna a causa di una precoce e inaspettata dipartita. La donna, vinta dallo strazio, chiede al Signore e alla Madonna di essere all’altezza della dignità e del valore tanto dei suoi avi quanto di suo figlio. Tuttavia, a dominare la parte finale del componimento c’è l’affanno implacabile di una madre che non accetta di separarsi dal frutto delle sue viscere. Nonostante il fervore religioso e la monacazione, a prevalere in Jefimjia è il pianto di una donna che rifiuta di abbandonarsi cristianamente a un lutto perenne. Il dolore per la perdita del figlio è tale da sentire il proprio cuore ardere, come in preda al fuoco. Si considera vinta completamente nella sua natura di madre.
Attesa e inaspettata
Attesa e inaspettata è un brano appartenente all’album Solo un uomo, pubblicato nel maggio del 2009. Nel testo Fabi descrive tutte le emozioni e i pensieri che accompagnano un padre riguardo la nascita di un figlio.
L’arrivo del bimbo sembra una naturale conseguenza dell’amore, del rapporto con un partner, ma anche qualcosa a cui ‘non sei preparato mai abbastanza ma sei pronto da sempre’. Avere un figlio sembra un’esperienza unica, in base alla quale il senso dato prima alla vita sembra rimodellarsi. Alcune cose perdono peso, altre acquistano un’importanza maggiore. A volte si avverte il vuoto, in altri casi il ‘tutto’ e sembra di essere immersi completamente nel flusso della vita. Attorno all’ esistenza di un figlio appaiono sotto una nuova luce momenti di gioia e dolore, il valore del denaro e perfino la percezione della forza delle proprie braccia. Tuttavia diventare genitori viene avvertito come un vero punto di non ritorno, un ‘incrocio tra l’impegno e il disimpegno’, una situazione che porta ad economizzare il tempo, a scegliere fra ciò che è inutile e ciò che invece è necessario. L’arrivo del bimbo sembra assorbire la vita di chi l’ha generato, ma tale situazione non viene affatto avvertita come una trappola da cui si sente la necessità di fuggire. Donare la vita, prendersi cura del proprio figlio è un po’ come seguire la luce, mentre rimane indietro e nel buio tutto ciò che non ci appartiene.
Amore filiale
Alla luce dei due testi posti a confronto, è evidente come l’attaccamento di un genitore per un figlio possa rimanere un sentimento calamitante rispetto alle esigenze e al comune scorrere della vita quotidiana. Secoli dividono la monaca Jefimjia dal cantautore italiano, ma l’amore viscerale che un padre o una madre provano nei confronti della propria creatura sembra oltrepassare non solo le barriere del tempo, ma anche quelle geografiche e culturali. Dopo l’incontro con un figlio, tanto nella gioia della nascita quanto nella sofferenza della perdita, l’io non riesce a concepire la propria vita senza quel piccolo individuo che sembra dare un nuovo senso ad ogni cosa. Con un atto di estrema generosità, di fronte ad un essere tanto minuto quanto essenziale, secondo Fabi si sente l’esigenza di togliersi dal centro e farsi spazio dentro.