La “Mandragola” di Machiavelli in cinque punti: scopriamo il capolavoro del teatro italiano

La Mandragola di Niccolò Machiavelli, pubblicata nel 1524, è considerata una delle massime espressioni del teatro cinquecentesco. 

Machiavelli, Niccolò - Vita ed Opere (2)

Ambientata nella Firenze del 1504, la “Mandragola” è una delle opere più importanti di Machiavelli (1469-1527) e una delle commedie più note del Cinquecento, apprezzata anche a livello internazionale. Nell’ Essai sur les mœurs et l’esprit des nations (1756) Voltaire arriva ad affermare che la “Mandragola” vale da sola tutto il corpus delle commedie di Aristofane (“et la seule Mandragore de Machiavel vaut peut-être mieux que toutes les pièces d’Aristophane”); Voltaire vede in Machiavelli il definitivo superamento dei modelli classici, il primo vero commediografo moderno.

1. Il carattere come motore dell’azione

Il critico Francesco de Sanctis all’interno della sua Storia della letteratura italiana sottolinea una prima grande novità introdotta dalla commedia machiavelliana: gli eventi non accadono per destino né per coincidenza, per provvidenza o fortuna, ma a causa del carattere dei singoli personaggi.

La differenza con le commedie antiche sta nel fatto che la vita è regolata da “forze e leggi umane”, sono infatti i protagonisti e -meglio ancora- le loro scelte a mettere in moto gli eventi. La grande varietà d’intreccio è conseguenza del  carattere, “il soprannaturale, il maraviglioso, il caso sono detronizzati”.

La mandragola di Machiavelli – di Laura Rovetto - Risorse per la scuola

2. Un nuovo personaggio

Oltre alle note e stereotipate maschere del servo furbo (Ligurio), del marito anziano sciocco (Nicia), della fanciulla pudica, di buoni sentimenti (Lucrezia) e del giovane scaltro (Callimaco) presi in prestito dalla commedia antica, è presente un nuovo personaggio: Timoteo, il prete corrotto dal denaro. Egli incarna la corruzione dell’intero clero e il suo ruolo nella commedia è decisivo: è lui a convincere Lucrezia a giacere con un altro, con uno sconosciuto per porre fine alla sua “sterilità” e per dare un erede al vecchio Nicia. Astuto ed egoista, Fra Timoteo si presta all’inganno solo per ottenere un tornaconto personale.

3. Il risvolto politico

Machiavelli rappresenta l’atteggiamento dell’Italia e degli Italiani (specie dei fiorentini), incapaci di affrontare l’elemento esterofilo, responsabile della rottura degli equilibri nazionali; descrive con toni tragicomici le dinamiche della miseria italiana a livello familiare e nazionale. Interessante è la chiave di lettura che ne dà Federico Sanguineti, il quale propone un parallelismo tra le due dimensioni, privata e statale: Callimaco sta a Lucrezia come Carlo VIII sta all’Italia.

  • Callimaco, protagonista della commedia, rimasto a Parigi per venti anni, scende in Italia per conquistare Lucrezia;
  • Nel 1494 Carlo VIII scende in Italia per conquistare la penisola.

Callimaco (il cui nome vuol dire “buon combattente”) conquista fisicamente ed eroticamente Lucrezia, serva che subisce passivamente le decisioni del marito, del medico e del frate. Mentre il re di Francia penetra nella “serva Italia” dantesca, la smembra e dà avvio direttamente e indirettamente a una lunga serie di lotte intestine.

Machiavelli, Niccolò

4. Il giovane borghese

Callimaco Guadagno (come il nome, anche il cognome rivela un aspetto della sua personalità) si dedica al perseguimento dei propri obiettivi e al soddisfacimento dei propri piaceri: da un lato rappresenta l’ascesa della borghesia a livello socio-politico (vd questione del diritto sulla prima notte di nozze che nel Medioevo apparteneva al re e che qui, nella commedia, spetta al giovane amante borghese il quale riesce a raggirare il vecchio Nicia); dall’altro lato rappresenta l’incapacità della borghesia italiana di essere egemone poiché non si interessa della cosa pubblica, ma è esclusivamente concentrato sull’oggetto della sua conquista personale.

LA MADRAGOLA di Machiavelli portata in scena a Terni dalla Compagnia Al  Castello »

5. Il cambiamento di Lucrezia

Nell’ultimo atto Lucrezia -unico personaggio presentato come onesto e veramente devoto- capisce di essere stata ingannata, ma sceglie deliberatamente di prendere parte alla farsa: ha realizzato di essersi innamorata del giovane Callimaco e non vuole rinunciarvi. Ingannata, decide a sua volta di perpetrare l’inganno ai danni del marito. Lucrezia accetta non più passivamente e inconsapevolmente la “celeste disposizione”.

Poiché l’astuzia tua [di Callimaco], la sciocchezza del mio marito, la semplicità di mia madre e la tristizia del mio confessoro mi hanno condutto a fare quello che mai per me medesima arei fatto, io voglio iudicare che venga da una celeste disposizione, che abbi voluto così, e non sono sufficiente a recusare quello che ’l Cielo vuole che io accetti. Però, io ti prendo per signore, patrone, guida: tu mio padre, tu mio defensore, e tu voglio che sia ogni mio bene; e quel che ’l mio marito ha voluto per una sera, voglio ch’egli abbia sempre.

Sorprendentemente, nel finale della commedia, Lucrezia da vinta, ne esce vincitrice, e nell’inganno subito cerca un riscatto, adeguandosi alle circostanze.

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