La libertà di stampa ai tempi del Coronavirus: il pensiero di Voltaire e la contemporaneità

Dai primi articoli allarmisti a chi ha gettato acqua sul fuoco. In quale accezzione era intesa la libertà di stampa alle sue origini?  

Quando questa storiaccia del Covid-19 finirà sarà necessario fare i conti con molte cose: innanzitutto con le perdite economiche dovute tanto alle incredibili oscillazioni che i mercati finanziari stanno registrando in questi giorni, quanto alla materiale sospensione delle attività economiche.

Un altro quesito importante da porsi riguarderà la libertà di stampa.

La stampa libera

Il primo paese ad abolire la stampa controllata e ad adottare un modello “libero” fu l’Inghilterra alla fine del ‘600. Lungo la sua permanenza londinese Voltaire ebbe modo di apprezzare questo modello, e in un testo intitolato “Letters concerning the English Nation” ebbe modo di comunicare, con il tipico entusiasmo illuminista per la libertà, questo modo di fare agli abitanti dell’Europa continentale abituati ancora ad aver a che fare con la censura dell’antico regime.

Il pensatore francese era ben consapevole che queste idee avrebbero incontrato diversi dissapori nella sua patria: quando parliamo di settecento francese siamo spinti ad immaginare il territorio d’oltrealpi come una ben coesa comunità di pensatori che inneggiano alla libertà, uguaglianza e fraternità, non è proprio così!

La Francia fino alla rivoluzione e anche per molti anni avvenire è stata colma di conservatori che vedevano nei libertini, nei progressisti, nei radicali e nei deisti, un pericoloso gruppo sovversivo da sradicare per il bene tanto della corona francese quanto del caro cattolicesimo.

Già, perché tra i più acerrimi nemici di questa nuova corrente il Clero gioca un ruolo di repressione molto importante, e lo giocherà ancora di più per l’illuminismo in Italia, dove pensatori come Beccaria e i fratelli Verri non avranno vita facile.

Per noi al di qua delle alpi l’esperienza del giornale “Il Caffè” resta comunque esemplare: la stampa deve essere libera, anche per quegli illuministi che hanno avuto la sfortuna di nascere sullo stivale.

Il ruolo della stampa ai tempi del coronavirus

Fin da quando l’epidemia era circoscritta a estremo oriente, gli organi di stampa italiani sono stati contraddittori tra loro. È da dicembre che ci troviamo di fronte a due ordini di problemi (amplificati, naturalmente, dalla portata della situazione):

in primis: le care vecchie fake news: notizie “inventate”, senza fonti, o comunque dal contenuto alterato rispetto alla “realtà dei fatti”.

Per quanto il concetto di “realtà” è filosoficamente difficile da affermare, a questo tipo di notizie ci abbiamo fatto il callo, e, ogni consumatore ha trovato il proprio vademecum: c’è chi si fida solo di giornali attendibili, chi controlla se l’informazione appresa ha riscontro anche in altre testate. insomma, abbiamo alzato le difese, e – pare – ormai lontano il comportamento “nel dubbio condividi” su cui gli elaboratori di fake news puntano molto.

L’emergenza Coronavirus ci ha comunque messo davanti ad un altro ordine di problemi riguardo la stampa: cosa succede quando a contraddirsi tra loro non sono dei siti strampalati ma sono gli esperiti? Abbiamo visto persone altamente professionali e altamente qualificate e testate altamente attendibili confutarsi a vicenda.

Coronavirus: una storia mediatica

Siamo partiti a dicembre con gli allarmismi che ci hanno prefigurato una situazione alla “The Walking Dead”, allarmismi subito smentiti dagli esperti: Il Coronavirus ha una mortalità bassa.

Per quanto fosse già noto il fatto che il virus abbia una probabilità di contagio molto alta, Stampa e Tv hanno preferito occuparsi di altro lungo la fine di gennaio e l’inizio di febbraio.

L’ultima decade di febbraio ha visto i primi casi in Lombardia, e da qui è iniziato il circo mediatico fomentato, a ‘sto giro, dai social network. A inizio marzo sembravano esserci due fazioni: da una parte gli eterni allarmisti che parlavano di alte probabilità di contagio tralasciando la scarsa mortalità, dall’altra chi parlava di scarsa mortalità tralasciando le alte capacità di contagio.

Intanto i casi hanno continuato ad aumentare e siamo arrivati al paradosso di questi giorni: il decreto per far fronte all’emergenza ci impone di restare a casa, ma quali sono le eccezioni? Si può uscire per una passeggiata o per fare jogging? Anche in quel caso deve essere esibita l’autocertificazione? Cosa rischia chi trasgredisce?

I giornali ne hanno scritto molto ma, ed è questa la cosa eccezionale che deve farci riflettere, ancora una volta in maniera contradditoria tra loro.

Libertà di stampa

Fin troppo facile in questa situazione non pretendere dei controlli più accurati nei confronti dei media, il problema è che l’atto di controllare implica in sé (almeno intuitivamente) una stampa non libera.

Libertà di parola vuol dire che ognuno è libero di dire la sua scempiaggine, ma questa constatazione, ai tempi del Coronavirus, risulta difficile da accettare.

Forse la miglior lettura che bisogna fare in questi giorni di quarantena per prepararsi al dopo è il caro vecchio Voltaire.

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