25 novembre: il come, il quando e il perché della giornata contro la violenza sulle donne.
Ogni anno, il 25 novembre, TV, social giornali, si colorano di campagne di sensibilizzazione circa un argomento delicato quanto protagonista, forse da sempre, della cronaca : gli episodi di violenza sulla donna. La necessità di stabilire una ricorrenza nasce dal fatto che questo, nel ventunesimo secolo è ancora un morbo sociale, che sembra non trovare fine, contro il quale bisogna combattere insieme, e non solo il 25 novembre.
25 Novembre
L’albero genealogico di questa ricorrenza affonda le proprie radici alcuni decenni addietro, precisamente nel 1960, quando, un omicidio feroce e ingiusto sconvolse non solo Santo Domingo, ma il mondo intero. Protagoniste e vittime ancora una volta, tre donne, per la precisione le sorelle Mirabal o forse meglio dire Las Mariposas. Questo termine in italiano significa farfalle: tanto libere erano infatti Patria , Minerva e Maria Teresa e per questo per anni avevano lottato contro un sistema ingiusto. Quelli che stavano vivendo erano i terribili anni della dittatura Trujillista, una delle più dure dell’America Latina. Il dittatore aveva privato i cittadini delle loro libertà, depredando le famiglie (tra cui quelle delle giovani donne) dei propri beni e fu lui stesso, all’esito di una campagna di boicottaggio incessante contro il regime, ad ordinarne l’assassinio. Le Mirabal, al fianco dei propri mariti infatti, non avevano tenuto il loro disappunto nelle mura di casa, nè si erano lasciate intimorire dalle minacce del potere, ma avevano costituito il Movimento del 14 giugno, un gruppo clandestino che combatteva le ingiustizie politiche espandendosi per tutto il Paese, motivo per il quale una volta scoperto, fu represso. E proprio mentre si stavano recando a prestare visita ai coniugi ancora in prigione, Patria Minerva e Maria Teresa furono catturate , stuprate e uccise, diventando così martiri della giustizia e aprendo una ferita nell’opinione pubblica che avrebbe portato solo un anno dopo all’uccisione del dittatore Trujillo.
La convenzione di Vienna
E’ da questo episodio e da migliaia di altri succedutisi nel tempo che nel 1993 l’assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 48/104 del 20 dicembre 1993, ha deciso di riconoscere nel 25 novembre la data in cui è importante sensibilizzare il mondo su questo problema. E’ interessante vedere come nel testo della Convenzione di Vienna il Congresso specifichi il bisogno urgente di una universale applicazione alle donne dei diritti e dei principi con riguardo all’uguaglianza, alla sicurezza, alla libertà, all’integrità e alla dignità di tutte le persone umane, riconoscendo quello della violenza di genere come un problema mondiale e sottolineando che la violenza contro le donne è una manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e donne, che ha portato alla dominazione e alla discriminazione contro le donne da parte degli uomini e ha impedito il pieno avanzamento delle donne. C’era bisogno di un giorno ad hoc che ci ricordasse di prevenire e combattere questo male della società? Sì. Perché se si guarda ai dati, le cifre che ci troviamo davanti sono davvero spaventose. Se pensate a tre donne che fanno parte della vostra via, almeno una dichiarerà di avrà subito violenza. Madri, amiche, nonne, donne. Secondo l’ISTAT, Il 31,5% delle 16-70enni ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: di queste il 13,6% da parte del proprio partner. E non solo: se per violenza si intende, come specificato dalla Convenzione, anche stalking, violenza psicologica ed economica i dati continuano a salire per arrivare poi a quello più preoccupante, la quantità di femminicidi che avvengono ogni anno. Femminicidio è un termine ben preciso, che indica l’uccisione da parte di uomini di donne, per il fatto appunto, di essere donne: una species ben definita del genus più ampio dell’omicidio in generale, che attiene alla violenza misogina e sessista dell’uomo radicata nelle nostre società. Un termine che deve essere usato correttamente anche nella narrazione da parte dei media, che spesso hanno compiuto fin troppi errori contribuendo alla costruzione di una concezione distorta del fenomeno.
L’Italia e il Codice Rosso
Quello che si dice è importante, ma il come non va sottovalutato: le parole hanno un peso e se è vero che tante volte la forma rimane in secondo piano rispetto la sostanza, in questo caso le due, insieme, costituiscono un sinolo indissolubile. Ogni settimana, se non ogni giorno, su tutti i canali che ci forniscono quotidianamente informazione, si leggono storie di donne morte per mano del marito, o, ad esempio, dell’ex partner che avevano deciso di lasciare. E non lasciarsi sconvolgere dalla morte, abituarsi alla violenza, rimanere impassibili perchè ormai succede, non può diventare normale. Un uomo che ammazza non prova un amore malato, un uomo che ammazza è vile e così va chiamato. Per questo la narrazione giornalistica ha una responsabilità: per dare le notizie bisogna che si usino le giuste parole. Un marito troppo geloso, una ragazza che aveva tradito, una gonna troppo corta, o una giovane donna troppo ubriaca. Tutti particolari che ai fini della narrazione non sono rilevanti, ma che molte volte sono risuonati come una giustificazione, un’attenuante, come se ci fosse un motivo per uccidere, stuprare, violare; sviste attraverso un meccanismo meschino invertono la concezione vittima/carnefice nel racconto, spalmando la colpa un po’ più sulla vittima.
Per questo e altre mille ragioni, il Parlamento nel 2019 ha reputato opportuno e necessario accordare alle vittime, le donne, una tutela maggiore attraverso l’approvazione del Codice Rosso che elenca ad oggi una serie di reati che si sostanziano in violenza domestica e di genere. Tra questi ricordiamo in particolare il revenge porn, su cui proprio negli ultimi giorni sono puntate le luci in seguito a fatti di cronaca avvenuti o lo stalking per il quale le pene vengono inasprite. Inoltre un punto di fondamentale importanza è rappresentato dalla modifica delle procedure da avviare in seguito alle denunce delle donne, garantendo così non più ritardi che in alcuni casi sono stati fatali. Questo ha rappresentato un grande successo per l’ordinamento italiano che finalmente è intervenuto su un annoso problema come uno Stato dovrebbe fare. Dunque ciò che resta da fare è un’indagine sulle radici del problema. Perchè succede? Dobbiamo chiedercelo e trovare una soluzione. Perchè culturalmente è usuale oggettivare la donna, perchè alcuni credono che si possa disporre del corpo femminile e perchè nei rapporti di coppia cresce impetuosa la volontà di possedere l’altro. Probabilmente bisognerebbe intervenire culturalmente sin dai tempi delle scuole, andando a rivedere gli schemi sociali che fanno da fondamento a questo fenomeno , affrontando così una battaglia che non è solo femminile, ma che riguarda tutti, uomini compresi e soprattutto non solo il 25 novembre.