La Disney e Dante a confronto: un viaggio nell’aldilà con “Hercules” e la “Divina Commedia”

La discesa agli inferi narrata dalla pellicola Disney recupera la tradizione classica e mitologica delineando il profilo di un eroe.

L’eroe classico Ercole si reca negli inferi per strappare alla morte l’anima dell’amata, Dante invece vuole preservare tutte quante le nostre dalla dannazione: insieme vanno così a definire un modello eroico armato unicamente di coraggio e sapienza.

HERCULES E DANTE DIALOGANO E SI CONFRONTANO NELL’ALDILA’

L’infanzia delle ultime generazioni è stata indelebilmente segnata dai film Disney, che hanno cresciuto bambini e ragazzi. Il mondo onirico e favolistico firmato Walt Disney è particolarmente devoto alla tradizione letteraria europea, alla quale ha attinto per la realizzazione di innumerevoli capolavori: si pensi per esempio a “La spada nella roccia” basata sul Ciclo Bretone che narra di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, “Il gobbo di Notre Dame”, memore del capolavoro “Notre-Dame de Paris” di Victor Hugo, per non parlare delle pellicole tratte dalle fiabe che specchiano la tradizione classica e folkloristica. Cartone animato esemplare è quello di “Hercules” che, uscito sul grande schermo nel 1997, ha dato vita ad un modello eroico importato dalla mitologia greca. Il desiderio di strappare qualcuno alla morte alle volte può sopraffare perfino la mente più razionale nel momento del dolore, e, allo stesso tempo, l’uomo desidera scoprire cosa lo attende una volta arrivati al termine della vita, ecco il punto di incontro tra la pellicola e la tradizione letteraria italiana.

“ESATTAMENTE COME SI DIVENTA UN VERO EROE?”

La vicenda narrata nel film si distacca dal mito originale che vedeva inclusi un adulterio e sofferenze atroci per l’eroe, certamente di forte impatto per un pubblico di bambini. Ercole è infatti qui presentato come figlio legittimo di Zeus ed Era, strappato ai genitori dal malvagio Ade, dio degli inferi, poiché potenziale pericolo per il suo piano volto all’usurpazione del trono olimpico. Ercole, che Ade ritiene ormai morto, viene invece allevato da una famiglia di pastori dove cresce fiero e dotato di una forza disumana, frutto della sua discendenza divina. L’eroe viene addestrato dal satiro Filottete e, prima ancora di salvare Tebe, il mondo e l’Olimpo, si trova a doversi destreggiare tra le trame della forza più potente di tutte: l’amore. Ercole incontra infatti Megara, che ha venduto l’anima ad Ade, del quale ora è al servizio, ed entrambi, seppur nolenti, si innamorano, malgrado le insicurezze di lei, segnata da un amore infedele, e l’inesperienza di lui. Dopo varie peripezie l’eroe riesce a farsi amare per il suo grande cuore e per la sua forza, capace di fronteggiare i ciclopi e titani che atterriscono Tebe. Punto di svolta è costituito dalla morte di Megara che, per salvare l’amato, viene colpita da una colonna e mentre la sua risata si fa sempre più flebile, le sue guance perdono colore, Ercole, senza esitare, si precipita negli Inferi per recuperarne l’anima; patteggia così con Ade per potersi gettare nello Stige, dove si trovano le anime dei defunti e scambiare quella di Megara con la propria: sarà proprio questo atto di amore e coraggio a conferire all’eroe un potere tale da farlo riemergere dal fiume infernale illeso e vittorioso per aver recuperato l’anima della giovane che ora può tornare in vita. Da qui scaturisce la morale, pronunciata da Zeus in persona prima di offrire al figlio l’immortalità: “Un vero eroe non si misura dalla forza che possiede, ma dalla forza del suo cuore”.

DANTE COME NUOVO EROE ARMATO DI SAPERE E CORAGGIO

Se si parla di viaggio nel regno degli inferi il più grande nome che ci salta alla mente è quello del Sommo poeta: Dante nella sua Commedia ha intrapreso il più difficile viaggio per conto di tutta quanta l’umanità. Sotto il segno della religione, il volere del Sommo è quello di condurre coloro che vivono nella miseria alla felicità, motore di tutta quanta l’opera è l’etica, che non si limita alla speculazione ma incita all’azione. Nel secondo canto dell’inferno, Dante, rivela a Virgilio, sua guida, i timori ed i dubbi nei confronti di un viaggio così tortuoso: egli è il terzo della triade dei grandi eroi che hanno avuto il privilegio di visitare l’oltretomba. Enea per primo, si era recato nei Campi Elisi, dove risiedono le anime di coloro che in vita sono stati amati dagli dei, per parlare con il padre Anchise riguardo la missione che lo porterà a fondare Roma; San Paolo, per secondo, stando alla Seconda lettera ai Corinzi, aveva intrapreso un viaggio negli inferi per poter rafforzare la fede raccontando del Paradiso. Tuttavia se l’eroismo di Enea è oggettivo, dato dal potere della spada, e quello di San Paolo conferito dalla militanza religiosa, Dante è invece il nuovo “eroe cittadino” che ha come armi la cultura e l’intelletto. L’inferno descritto dal Sommo, che influenza l’immaginario collettivo ancora a oggi, è costruito sul modello classico, ed è lo stesso che possiamo trovare in “Hercules”: nove cerchi, a loro volta articolati in gironi, bolge e zone, conducono Dante nella sua catabasi verso i peccati più turbi ed i peccatori più ignobili, sino ad arrivare al grande Lucifero. Dante si chiede se sia degno di compiere un tale viaggio e, dal momento che tutte le creature infernali che incontra lo etichettano come folle, egli appare inizialmente vile e timoroso. Sarà Virgilio a fargli capire, lungo il viaggio, che tra la follia e l’eroismo si trova una linea sottilissima entro la quale si stanzia la magnanimità. Se il folle è colui che, con le sue azioni, si spinge all’eccesso peccando di tracotanza, e il vile è colui che non fa ciò che dovrebbe o potrebbe, magnanimo invece è chi non si ritrae dal compiere azioni onorevoli che è tenuto a svolgere. Il poeta-protagonista acquista la sua dignità eroica poco a poco, con coraggio e progressiva fiducia in sé, proprio come il protagonista del film Disney, dimostrando quanto la reale forza dell’uomo alberghi nella sua mente, e riprendendo la locuzione cartesiana del “cogito ergo sum” (penso dunque sono), risponde alla domanda di Ercole riguardo al come diventare eroi: gli uomini non sono fatti per vivere come bruti ma per inseguire e coltivare quella virtù e quella conoscenza che li rende tali ed agire secondo esse.

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