Gli Intellettuali tormentati e la sindrome del pennarello di Homer

(Il pennarello conficcato nel cervello di Homer Simpson)

Homer è un uomo superficiale, ignorante o più semplicemente stupido. Eppure, è felice della sua vita. Un giorno Homer scopre di avere un pennarello conficcato nel cervello (causato da alcuni suoi stupidi giochi infantili) e si prepara a subire un’operazione importante per poterlo rimuovere. A fine operazione, Homer è un uomo nuovo. Ora è intelligente, spiccato, dubbioso ma… Molto infelice. Ovviamente, Homer non è reale (o almeno non può fuoriuscire dallo schermo televisivo) perché sto parlando del protagonista del celebre cartone animato americano “I Simpson” e della puntata “Cosa c’è nel cervello di Homer?”. Una delle domande che è lecito porsi è: conoscere ci rende felici? Intanto, cominciamo con il puntualizzare che felicità e tristezza sono stati momentanei che dipendono dall’equilibrio ormonale del nostro cervello. Sul lungo periodo, è più corretto parlare di serenità o di tormento.

 

L’intellettuale tormentato

Dando uno sguardo ai vari intellettuali della storia, notiamo che c’è una grande prevalenza di geni tormentati ed infelici. Possiamo allora concludere che il porsi dubbi e domande, la ricerca continua del sapere per mezzo della curiosità ed il proiettarsi oltre con la mente, sono atteggiamenti deleteri? No, o almeno non per tutti. L’intensità con cui proviamo le nostre emozioni e la predisposizione a provarle, sono il frutto della nostra genetica. Ci sono individui che nascono più sereni ed altri che nascono più tormentati. La qualità tipica dell’intellettuale di porsi moltissime domande e di essere pervaso da grandi dubbi è sicuramente uno stimolo importante per il tormento. Tutti noi rimaniamo di stucco di fronte a domande esistenziali quali il senso della vita, cosa c’è dopo la morte, perché esistiamo e così via. Ma l’educazione svolge un ruolo fondamentale per riuscire a raggiungere un equilibrio di serenità sul lungo periodo. Il nostro cervello è plastico, impara da sé stesso e da ciò che gli sta intorno: il mondo esterno. Possiamo infatti vedere un problema come un vincolo e come un’opportunità. Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, si tratta di essere razionali: piuttosto che chiederci se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, dobbiamo chiederci in che modo possiamo riempirlo del tutto.

(Caricatura di Aristotele)

L’errore di moltissimi intellettuali moderni e contemporanei è stato quello di concepire il pensiero come strumento di ricerca della verità (sempre soggettiva ed inarrivabile) e non come ricerca del corretto modo di vivere con saggezza e serenità. Aristotele distingueva tra cultura e saggezza: la prima riguarda le questioni metafisiche e teoretiche ( ed è perfettamente inutile nella vita quotidiana), la seconda riguarda la sfera morale, etica e politica. Insomma, la saggezza è la qualità con cui possiamo raggiungere la serenità.

La serenità dello stupido

lo stupido è sempre sereno, dicono in molti. Non si fa domande perché non ha dubbi e riesce a godere delle cose semplici della vita, come prendere una birra tra amici o guardare una partita. Di primo impatto, lo stupido sembrerebbe un saggio. Ma le cose non stanno proprio così. La serenità dello stupido è effimera, fragile e totalmente infondata; al primo evento traumatico particolare, lo stupido non avrebbe la forza di reagire e piomberebbe in uno stato di tormento ed insoddisfazione. C’è però qualcosa che possiamo imparare dallo stupido. La capacità con cui riesce a a godere delle piccole cose e del vivere nel “quì ed oraè la base per una vita serena. Esagerare con le domande sul proprio futuro e su quello degli altri è un atteggiamento errato e ingiusto verso sé stessi.

(Il libro che contiene tutti gli aforismi scritti da Bruce Lee)

Prima di studiare credevo che un pugno fosse solo un pugno ed un calcio solo un calcio. Mentre studiavo non credevo più che un pugno fosse solo un pugno ed un calcio solo un calcio. Dopo aver studiato ho capito che un pugno era solo un pugno ed un calcio solo un calcio.” Questo immenso aforisma di Bruce Lee esprime in pieno questo discorso. Chi si interroga di continuo, chi si mette sempre in discussione e chi non riesce comunque a vivere nel momento presente, deve educarsi alla conoscenza di sé stesso. Accettare ciò che non possiamo cambiare ed avere il coraggio di cambiare ciò che possiamo, è la chiave per poter essere sereni, anche se si è affetti dalla sindrome del pennarello di Homer. Alla fine, anche colui che si pone domande metafisiche e cerca risposte, riuscirà a godere di una birra fresca tra amici.

 Giacomo Di Persio