Il travagliato ritorno in patria raccontato attraverso l’Odissea omerica e il film Dunkirk

La patria: la propria terra natia. C’è chi, dopo averla lasciata, ha superato mille ostacoli per potervi tornare.

Testa di Odisseo rinvenuta nella villa di Tiberio a Sperlonga, Wikipedia

 

Da una parte l’interminabile viaggio del multiforme Ulisse verso Itaca, dall’altra la breve quanto “maledetta” Manica per i soldati inglese in quel di Dunkirk.

Una rapida descrizione storica

L’armata del Reich tedesco avanza con la sua Divisione-Panzer verso il nord-est della Francia, dove le truppe nazionali tentano la resistenza ma devono, poi,  soccombere alla forza teutonica: siamo nel maggio del 1940. Impossibilitati nel continuare uno scontro oramai perduto e isolati presso le coste che s’affacciano sulla manica, gli alleati britannici, inviati come truppe ausiliarie per la campagna bellica, ricevono l’ordine di evacuare il campo di battaglia e far ritorno in patria. La distanza da percorrere, di per sé, non preoccuperebbe, se non che ad attendere d’esser imbarcati sono circa 400000 uomini (più qualche infiltrato francese che tenta di scappare) esposti, sulle spiagge, al fuoco nemico dei caccia bombardieri tedeschi, consci di non potersi far sfuggire un’occasione simile: una moltitudine indifesa, stremata e con la testa forse già oltre la lingua di mare. L’operazione Dynamo si rivelerà una delle più pericolose e concitate dell’intero conflitto mondiale.

Bombardieri tedeschi in volo durante la campagna di Francia, Wikipedia

“Dunkirk”

Edito nel 2017, il film “Dunkirk” ci racconta gli eventi appena presentati. Alla regia troviamo lo statunitense Chistopher Nolan, abile nel riscuotere, con la sua pellicola, un notevole successo dati, oltre ai ricchi incassi in tutto il mondo, i 3 Oscar conquistati l’anno successivo. Anche il cast attoriale presenta figure di spicco quali Tom Hardy e Cillian Murphy ma anche un personaggio forse inaspettato, il cantante Harry styles, ex membro della boy-band degli One Direction. Disperazione e speranza: sono queste le due direttrici fondamentali sui cui, poi, si dipana l’intera narrazione. Il protagonista, impersonato da Fionn Whitehead, pare condannato a non dover più toccare le sponde della Gran Bretagna, in quanto i suoi innumerevoli tentativi di imbarco si concludono tutti con il medesimo risultato: un tuffo nelle bagnate acque della Manica. Prima su una grande nave atta a trasportare migliaia di soldati, poi su un’imbarcazione di fortuna reperita sulla spiaggia ed infine, stavolta con esito positivo, su una nave civile. Ebbene sì, il governo inglese ordinò che venissero inviate anche le navi non militare in missione di salvataggio. Dall’azzurro orizzonte ecco che si vedono arrivare centinaia e centinaia tra barche, barchette, motoscafi, tutti battenti bandiera inglese e unica salvezza per i soldati. La cosa che sconvolge ancor di più è pensare che, nel frattempo, la Lutwaffe continuasse a bombardare senza sosta, impedendo un prelievo sicuro: otto oggi di attesa snervante, navi colate a picco, istinto di sopravvivenza e speranze velocemente infrante. Una volta tornati a casa, i soldati vennero accolti tra la gioia e le grida festanti dei compatrioti. Quella di Dunkirk era stata una vittoria bellica? No, era stata una vittoria morale.

La spiaggia di Dunkerque dopo le evacuazioni britanniche, Wikipedia

Il peregrino per eccellenza

Certamente il giovane soldato inglese di “Dunkirk” non ha avuto un sereno viaggio di ritorno, ma se parliamo d’impossibili ritorni non possiamo esimerci dal nominare lui, il peregrino per eccellenza, colui che ha errato tra i flutti del Mare Nostrum per un decennio: Ulisse. È sufficiente anche solo qualche sbiadita reminescenza scolastica per inquadrare la sua figura. Si parla dell’uomo “multiforme”, per riprendere l’attributo omerico che ritroviamo nell’incipit dell’opera, uomo dall’incredibile ingegno, esperto comandante delle truppe achee nonché autore dell’inganno del cavallo di legno che, dopo la guerra contro Troia, si imbarcò con i suoi commilitoni in direzione dell’isola natia di Itaca. Dunque da Troia a Itaca, dal Mare Egeo al mar Ionio e, apparentemente, non pare si stia parlando d’una traversata infinita. Purtroppo per il nostro eroe, una volta preso il mare per la prima volta si avrà quella che poi, proverbialmente, viene chiamata propria “odissea”, in onore del suo sfortunato protagonista. Sbattuto di terra in terra dal mare tempestoso e dal malefico arbitrio di Poseidone, di tappa in tappa egli si troverà al cospetto di terribili creature, tra cui ricordiamo Scilla e Cariddi, il mastodontico ciclope Polifemo, i cannibali Lestrigoni ma anche figure magiche, come la maga Circe, la ninfa Calipso(con la quale il marpione Odisseo si intratterrà per ben sette anni: evidentemente la signora era d’ottima compagnia) e le ingannevoli Sirene dal canto irresistibile. Dopo un lungo vagare e dopo aver perso tutti i suoi compagni, l’eroe torna a casa dalla sua Penelope e dal figlio Telemaco.

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