Come erano visti i bambini nel passato? Di certo non avevano le stesse libertà e i diritti che hanno i bambini di oggi.
Nei secoli scorsi, fino a non poco tempo fa, le bambine e i bambini sono sempre stati visti come piccoli adulti, costretti a lavorare senza poter vivere la propria infanzia. Alcune testimonianze, sono raccolte in racconti e fiabe, scritti dai più grandi autori di quei tempi.
I bambini poveri nell’età vittoriana
Nelle trame di molte fiabe e testi, gli autori raccontano storie di bambini e di ragazzini, evidenziando le pessime condizioni in cui vivevano e le decisioni che i genitori attuavano. Scrittori, a partire dall’800, hanno cominciato a narrare in modo semplice, con un linguaggio comprensibile e con illustrazioni semplici, episodi che vedono coinvolti bambini che vivono ansie, paure e bisogni infantili, ma il solo scopo di queste storie era far passare il messaggio morale, con una sorta di denuncia ai valori di quella società.
Tra alcuni autori, abbiamo Dickens, uno dei più famosi scrittori inglesi dell’800. Ispirato dalla propria esperienza vissuta, di un’infanzia difficile, raccontò storie complesse, delineando gli aspetti negativi della società, descrivendo nelle sue opere temi importanti come la povertà, il lavoro minorile e l’infanzia abbandonata. Infatti, l’abbandono e lo sfruttamento minorile erano molto diffusi in quel tempo e secondo la legge di quella società un bambino era considerato adulto se aveva più di sette anni. Uno dei suoi racconti più famosi è “Le avventure di Oliver Twist” scritto dall’autore nel 1837. La storia di un ragazzino orfano che vive mille disavventure, viene coinvolto in atti criminali e costretto a lavorare a soli dieci anni. Da questa storia vengono messi in risalto tutti gli aspetti negativi per i ceti bassi, della società di quel tempo a partire dalle condizioni pietose delle istituzioni come la “workhouse” o gli orfanotrofi.
Altri autori importanti a quel tempo erano i fratelli Grimm. Le loro fiabe principalmente ambientate nelle foreste cupe della Germania, raccontano le esperienze di bambini, ponendoli dinanzi a dei problemi da risolvere da soli. Un esempio nella fiaba di “Hansel e Gretel” del 1812, due bambini che vengono abbandonati dal proprio padre nel bosco, in quanto non riusciva più a procurarsi da mangiare e non poteva più accudirli.
Ma, fortunatamente, alla fine del XVIII secolo la borghesia compie il suo processo di ascesa sociale, non soltanto dal punto di vista politico ed economico, ma anche culturale e formativo. Infatti, si trasformano le relazioni tra adulti e bambini e quindi tra genitori e figli, nasce il “sentimento all’infanzia”. Per la prima volta, i bambini, che erano figure trascurate e sfruttate, divengono figure centrali.
Il secolo del fanciullo
Tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, all’interno della borghesia, (purtroppo non in tutte le classi sociali) i processi educativi e la considerazione dell’infanzia, cambiano. La casa, dunque anche la famiglia, diventano un posto sicuro dove potersi rifugiare, il tutto collegato alla valorizzazione della sfera privata. Non si sviluppa solo la considerazione del bambino come soggetto da salvaguardare ed amare, ma diviene importante anche la figura della donna. La scuola di base e la prima alfabetizzazione porta ad una grande emancipazione e crescita culturale. Cominciano a diffondersi i primi volumi per bambini; storie e fiabe di ragazzini che vivono avventure, sono in contrasto con il mondo degli adulti e fanno viaggi fantastici alla ricerca di sé stessi.
Tra i giovani protagonisti troviamo Dorothy nella storia de “Il meraviglioso mago di Oz”, scritto nel 1900 da F.Baum, la ragazzina affronta un viaggio, fuggendo da quella che era la sua realtà grigia, in un mondo colorato. Il percorso che fa, metaforicamente rappresenta la ricerca del sé, facendo fuoriuscire la sua forza interiore e portare a termine la missione di salvare gli altri e salvarsi. Da ciò, appunto, spicca la figura della donna.
Anche Alice, protagonista del romanzo di L. Carroll “Alice nel paese delle meraviglie” (1865), affronta un viaggio simile a quello di Dorothy. Ma da questa storia vengono messi in risalto altri elementi, cioè le varie sfaccettature dell’educazione per le bambine (delle famiglie più ricche) nell’età vittoriana. Anche se avevano più libertà rispetto alle bambine o ai bambini delle classi più povere, erano più controllati e trattenuti dalle mura domestiche, le così dette “catene dorate”. Dunque, Alice, all’inizio della storia viene richiamata all’attenzione mentre le viene letto un libro che probabilmente doveva imparare a memoria (metodo di studio del tempo). Alice stessa, ci conferma che la sua testa è piena di rime e conosce un sacco di cose, ma non sa come applicarle. Infatti, durante la storia, utilizza termini senza saperne il significato e spesso cerca di recitare qualche poesia senza riuscirci. Nonostante i bambini di famiglie agiate avessero più diritti, vedevano più spesso i loro precettori che i loro genitori, per questo Alice non nomina mai sua madre o suo padre.
Lo stesso si può notare nel racconto di “Peter Pan” di J. Barrie (1904). Wendy, figlia modello dell’età vittoriana, si occupa dei suoi due fratelli. Infatti, nell’intero svolgimento della storia, i genitori dei bambini sono quasicompletamente assenti, come se a loro non spettasse alcuna responsabilità. Anche Wendy affronta un viaggio come le altre due ragazzine citate precedentemente. Le tre, dopo il loro percorso, scelgono di tornare a casa, ansiosi di riabbracciare la propria famiglia. Altri decidono di non tornare più, come Peter Pan.
I bambini e la narrazione di oggi
I bambini di oggi, nei Paesi più sviluppati, perché lo sfruttamento minorile ancora esiste in molti Paesi, sono fortunatamente tutelati e hanno i loro diritti e la loro libertà. L’educazione ha fatto passi da gigante: i bambini vengono stimolati da quando sono in grembo; da neonati non sono esserini da fasciare e da appoggiare in una culletta, o seggiolini improvvisati, come accadeva in passato, già dai primi mesi è diventato importante stimolarli alla parola e al movimento; l’asilo nido e la scuola dell’infanzia sono tappe fondamentali dove imparano a socializzare, imparano le regole e ad essere autonomi.
Per molti, l’idea del bambino di oggi, riporta all’idea di un bambino troppo viziato e coccolato. Ma questo è ben differente da ciò che è l’infanzia oggi; i bambini vivono la loro infanzia con tranquillità e serenità, che permette uno sviluppo regolare anche nella sfera psichica. L’educazione al gioco stimola la fantasia e la creatività, la manualità, insegna le regole che verranno poi in futuro applicate alle situazioni reali. Tutto parte dall’educazione, dal mettere il bambino al centro, lasciando che si esprimano in modo naturale, senza sottovalutarli.
Con l’emancipazione dell’educazione all’infanzia, si è evoluta anche la letteratura dedicata ai bambini, con la nascita dell’albo illustrato. In questo modo i libri vengono prodotti appositamente per i bambini, che possono anche fare esperienze sensoriali, attraverso tessuti e forme, potendoli piegare, manipolare e farli propri. È un modo per far avvicinare al mondo della lettura dalla tenera età, anche grazie alla nascita dei libri senza parole (anni ’60,’70), che sono albi narrati soltanto attraverso le immagini, rivolgendosi a tutte le fasce di età. Dagli ultimi decenni ad oggiinvece, ci sono state diverse forme di narrazione con la nascita degli audiolibri, cartoni animati e film di animazione, videogiochi, cinema e televisione. Quest’ultima la più utilizzata con la fondazione della Disney e Pixar, che si rifanno alle fiabe tradizionali riadattandole, attraversando tematiche universali come: l’affermazione e la ricerca della libertà da parte delle ragazze; ragazzi che vogliono dimostrare il loro coraggio e il proprio valore; l’ascesa sociale. Anche quando questi sono associati ad una particolare cultura attira spettatori diversi.