Time Table dei Genesis dipinge due mondi completamente diversi. Davvero la canzone rappresenta la presa di coscienza che il nostro mondo sia il degrado di quello antico?

Il nostro mondo e il mondo antico, due realtà senza dubbio molto diverse, ma anche inscindibilmente unite tra loro: molte abitudini linguistiche latine sono le nostre abitudini linguistiche; l’eccessiva burocratizzazione delle funzioni statali a Roma è la stessa che assilla oggi la nostra capitale. È dunque giusto riconoscere nelle due strofe di Time Table dei Genesis come la proiezione di questi due mondi in cui uno dei due è peggiore dell’altro? Sono davvero due mondi così tanto diversi e davvero uno era peggio dell’altro?

La prima strofa di Time Table
“A carved oak table tells a tale of times when king and queens sipped wine goblets gold, and the brave would lead their lady from out the room to arbors cool” (“Un tavolo di quercia intarsiato racconta una storia di tempi in cui re e regine bevevano vino da calici dorati e i coraggiosi guidavano le loro donne fuori dalla stanza verso porti sicuri”).
L’apertura di questa strofa dipinge un mondo di pace e ricchezza e la prima immagine che viene in mente è quella del simposio greco o dei banchetti romani: l’ultima parte dell’età augustea conobbe stabilità e pace, come propagandò la chiusura delle porte del tempio di Giano (10 a.C.). Questo non significa che le guerre non ci fossero, ma Roma aveva bisogno di un periodo di stabilità e pace dopo un quarantennio di guerre civili e Augusto ha dato al popolo ciò che il popolo voleva. Anche la ricchezza, che c’era ed era anche condannata da molti non era universale, eppure la propaganda nascondeva la povertà dietro atti apparentemente altruisti, ma in realtà puramente demagogici. Dunque queste prime frasi sembrano descrivere al meglio l’aspetto del mondo antico che l’entourage del princeps Augusto si è tanto impegnata a trasmetterci. E il nostro mondo, la nostra epoca? Beh… riguardo alla pace direi che siamo sulla stessa linea di Augusto: la guerra c’è e a volte ci sono vere e proprie stragi di uomini, donne e bambini innocenti, eppure anche noi abbiamo chiuso le porte del tempio di Giano e ci rifugiamo da sempre in una pace e in una ricchezza fittizia e effimera.
“A time of valor, and legends born, a time when honor meant much more to a man than life. And the days knew only strife to tell right from wrong through lance and sword” (“Un tempo di valori, di leggende, un tempo in cui l’onore valeva molto di più per l’uomo che la vita. E i giorni conoscevano conflitti solo per dire la verità dal falso, con lancia e spada”).
Anche questa seconda perte della strofa sembra dipingere molto bene il mondo antico: si pensi all’Iliade, a generali romani come Scipione l’Africano, Lucio Emilio Paolo, Agrippa, Druso Maggiore e tanti altri: tutti uomini per cui l’onore contava senz’altro più della vita. Ma anche in questo caso vi sono eccezioni: la guerra contro Giugurta dimostra che nel mondo romano ci furono generali a cui l’onore personale non importava molto quando furono comprati dal sovrano numidico. La presenza nell’Urbe dei sicofanti, la cosiddetta “ guerra giusta”, la concezione che l’unico popolo degno di una terra fosse quello Romano, sono tutte facce diverse di una medaglia propagandistica che vuole mettere in luce la bellezza e la grandezza di Roma. Quindi in un certo senso anche questa strofa potrebbe descrivere una parte del mondo romano e certo anche del nostro mondo: vi sono stati e vi sono uomini che lottano per il loro onore e per la verità, ma anche nel nostro caso questa è solo una faccia della medaglia.