“Il girasole impazzito di luce” che ha ispirato Van Gogh e Montale

 

 

 

Il fiore di girasole, da sempre associato a sensazioni positive, nei secoli è divenuto  fonte d’ispirazione per vari artisti.

Fin dai tempi antichi il girasole, pianta dai petali giallo sgargianti, ha destato un forte fascino tra gli artisti. Ovidio ha cercato una spiegazione per i movimenti della sua corolla, Van Gogh ha visto in essa un inno alla vita e Montale un simbolo di rinascita.

 

Il tormentato amore di Clizia

Fin dai tempi antichi, ci si è resi conto di una caratteristica peculiare di questo fiore: il seguire con la corolla i movimenti del Sole nel corso del giorno, e per questo motivo la pianta ha assunto il nome scientifico di “Heliantus” che significa “che segue il sole”.

Ovidio nelle “Metamorfosi” spiega questo fatto con un mito: Un tempo una giovane ninfa di nome Clizia si innamorò perdutamente di Apollo, dio del Sole.

Apollo però la trascurava per un’altra amata, e così Clizia smise di nutrirsi, bevendo solamente la brina e le sue lacrime. La ninfa iniziò a seguire incessantemente con lo sguardo il percorso del Sole, fino a tramutarsi in fiore.

Lo strazio dell’infelice è così descritto da Ovidio:

“Perque novem luces  expers undaeque cibique /  rore mero lacrimisque suis ieiunia pavit / nec se movit humo: tanctum spectabat euntis / ora dei, vultusque suos flectebat ad illum. / Membra ferunt haesisse solo, partemque coloris luridus exangues pallor convertit in herbas; / est in parte rubor, violaeque simillimus ora / flos tegit. Illa suum, quamvis radice tenetur / vertitur ad Solem, mutataque servat amorem”. OVIDIO, Metamorfosi, IV, v 262 sgg.

Per nove giorni, senza toccare né acqua né cibo, digiuna, si nutrì solo di rugiada e di lacrime e mai si staccò da quel posto: non faceva che fissare il volto del dio che passava, seguendo il giro con lo sguardo. Le sue membra, si racconta, finirono con l’aderire al suolo, e per il livido pallore assunto si convertirono in parte in erba esangue; una parte è rossastra, e un fiore viola ricopre il viso. Benché trattenuta dalla radice, essa si volge sempre verso il suo Sole, e anche così trasformata gli serba amore.

Il nome di Clizia è dunque un nomen omen: significa “colei che si inclina” e, secondo la polisemia del verbo latino, colei che si piega, si muta e ha dedizione verso qualcosa.

Proprio per il suo seguire incessantemente il Sole, e per la sua dedizione e “fedeltà” nel farlo, il girasole è divenuto negli anni simbolo di lealtà, e uno dei significati di regalare questo fiore è il desiderio di voler seguire una persona per tutta la vita, esattamente come la corolla della pianta fa con i raggi di luce.

Le serie dei girasoli: un inno alla vita

Van Gogh si ispira proprio a questa pianta per la realizzazione delle sue due serie di quadri a olio: “I girasoli parigini” e i “girasoli di Arles”. Nei dipinti sono raffigurati i girasoli in tutti i vari stadi della loro fioritura, dal bocciolo all’appassimento. La sequenza di quadri nella sua interezza rappresenta la vita come effimera, e cattura la sua fugacità in un memento mori, in grado di cogliere e ricordare l’inesorabilità del tempo.

Inizialmente rappresentati su sfondo blu, i girasoli vennero poi posti in un vaso giallo, su sfondo giallo. Il colore è uno, se non il protagonista dell’opera: per Vincent è simbolo di vita e, nella sua produzione artistica, tendente a temi e colori tetri, si staglia come un intervallo luminoso.

I dipinti emanano luce e radiosità, infondendo in chi le guarda una profonda sensazione positiva.

Metaforicamente dunque, sono rappresentate l’energia creatrice e la forza vitale della natura, nei loro vari cambiamenti e stadi, tra la vita e la morte.

Interpretando il significato del girasole come simbolo di lealtà, la sequenza potrebbe simboleggiare i cambiamenti che un rapporto di fiducia può avere: la fiducia che nasce, che sboccia e fiorisce, fino poi ad avvizzirsi e morire dopo un tradimento o una delusione.

Il “girasole impazzito di luce” di Montale

Il poeta italiano Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981) dedica al girasole questa poesia:

 

“Portami il girasole ch’io lo trapianti

nel mio terreno bruciato dal salino,

e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti

del cielo l’ansietà del suo volto giallino.

 

Tendono alla chiarità le cose oscure,

si esauriscono i corpi in un fluire

di tinte: queste in musiche. Svanire

è dunque la ventura delle venture.

 

Portami tu la pianta che conduce

dove sorgono bionde trasparenze

e vapora la vita quale essenza;

portami il girasole impazzito di luce.”

 

Qui il poeta si rivolge ad un misterioso interlocutore, chiedendogli di portargli un girasole, il girasole, da trapiantare nel suo terreno arido,” bruciato dal salino”.

Il fiore, che crescerebbe nella terra ormai infeconda, è un’immagine di speranza nei luoghi e nei momenti in cui una speranza non c’è, in cui nel terreno arido si vede solo terreno arido, e non la fantasia di un campo verde e fiorito.

Quel “portami” potrebbe dunque essere un’esortazione a qualcun altro, che con la sua presenza infonda fiducia e speranza, o addirittura a sé stesso, per incoraggiarsi ad andare avanti, a ritrovare in sé, nella propria interiorità, quella “terra che dà frutto”.

Come nei girasoli di Van Gogh, anche in Montale il fiore evoca quella sensazione dolceamara di fine delle cose,  e rammenta che: “svanire è dunque la ventura delle venture”. 

Le tinte, le musiche, tutte le percezioni sensoriali sono solo temporanee, durano solo il tempo di provarle, e poi svaniscono nel nulla. Di loro rimane solo il ricordo che ne abbiamo, e le sensazioni che ci restano.

Così nascono i simboli, per rievocare quelle sensazioni ormai perdute, e l’arte, per poterle rivivere ancora e ancora.

Non è neanche una forzatura vedere in questa poesia un componimento d’amore: ed il girasole, potrebbe essere incarnato dalla persona amata, la quale permette al proprio compagno di rinascere. E com’è che Montale ha deciso di soprannominare una tra le sue più grandi muse, la sua possibile fonte di ispirazione per questa poesia? Proprio Clizia. 

 

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