Un film che mette in scena ironicamente le strategie di marketing.
Cosa gira in testa alle donne? Cosa le porta a fare determinate scelte? Aldilà della comicità del film, il marketing è quel ramo dell’economia in grado di “leggere” la mente delle persone. Più che capire cosa vogliono le persone cerca di persuadere il cliente a comprare quel determinato prodotto, attraverso una serie di strategie comportamentali.
COSA CI SPINGE A COMPRARE UN DETERMINATO PRODOTTO?
Dalla definizione Treccani il marketing è “l’insieme di processi finalizzati a creare, comunicare e trasferire valore ai clienti, in modo che ne beneficino sia l’organizzazione sia i suoi stakeholder”. Gli stakeholder sono tutti quei soggetti che portano interesse nell’attività aziendale. Per quanto riguarda, invece, il ruolo del valore, è essenziale sottolineare che la creazione di questo è necessaria sia per la società in generale, che per la gestione e il controllo delle relazioni con il mercato. Il valore nel marketing gioca un ruolo fondamentale, perché se il manager riesce ad individuarlo, sarà più facile realizzarlo sotto forma di prodotto o servizio. Il valore si capisce nel momento in cui si analizza il contesto della situazione; inoltre, l’importanza che si dà al valore è soggettiva: qualcosa che per me può essere di valore per te può non esserlo. Per il venditore può essere utile sviluppare un processo; difatti il venditore utilizza tutte le risorse possibili (pubblicità, comunicazione ecc…) per raggiungere il suo obiettivo. Immedesimandoci ancora nel venditore, si può dire che le decisioni, in generale, vengono prese attraverso raccolte di informazione. Il sistema informativo permea tutta l’attività di marketing, e per avere maggior informazioni esistono più processi e strumenti informativi, come i questionari o le ricerche su internet. Anche coloro che non studiano il marketing avranno di certo sentito parlare di “ramificazione”, che nel linguaggio economico prende il nome di segmentazione. La segmentazione è un processo di suddivisione del mercato in gruppi omogenei di clienti, vale a dire il raggruppamento di clienti con caratteristiche simili in segmenti. La creazione di questo processo venne ideate agli inizi degli anni 90 con la strategia del Segment-of-one, che consisteva nel creare un percorso per il singolo. Oggi questo concetto è stato concretizzato, infatti i social sono una delle tante vie di comunicazione che, attraverso i nostri like, raccolgono informazioni su di noi creandosi un’idea. Tradizionalmente i parametri di segmentazione più usati sono quello demografico, geografico o geo-demografico; tuttavia, in tempi più moderni, il comportamento dei clienti si è così differenziato da richiedere nuovi e più sofisticati metodi di segmentazione in base a: atteggiamenti psicologici, stili di vita, possibilità di acquisto e preferenze dei singoli target.
Calandoci ora nei panni del cliente, che cosa determina il comportamento dei consumatori? Vi sono fattori esterni e interni che possono determinare il comportamento dell’acquirente. I fattori esterni implicano accessibilità, disponibilità e convenienza economica; mentre quelli interni attengono alle motivazioni, alle preferenze e alle esigenze personali, determinate a loro volta da diverse influenze. La comunicazione commerciale è una di queste influenze, ma non è l’unica. La maggior parte dei consumi è determinata dal comportamento di chi ci circonda. Recenti studi di neurologia mostrano che siamo molto meno razionali, meno disciplinati quando si tratta di fare acquisti. Inoltre, i cookies e tutte le varie pubblicità che appaiono su internet durante la navigazione sono opera del marketing, e non è un caso se il sistema propone cose interessanti e appropriate a quel cliente.
“WHAT WOMEN WANT”
La trama della pellicola degli anni 2000 è divertente, ironica ma anche molto inclusa. Il personaggio principale è un uomo di nome Nick, che a causa di un incidente domestico viene dotato di uno strano potere: leggere le menti delle donne. L’attore Mel Gibson mette in scena non solo la sua comicità, ma anche una nuova parte si sé che scopre grazie a una serie di avventure tutte al femminile. Infatti, le sue sicurezze di uomo bello e ricercato subiscono un’imprevista frenata quando si vede soffiare la promozione di direttore creativo della sua società proprio da una donna, la rampante e aggressiva Darcy. La storia mostra una transizione del personaggio, che passa da un atteggiamento superficiale a uno più meditato, fino a diventare un uomo sensibile. Oltre a trattare in modo meno superfluo le sue colleghe, può prevenire le loro mosse e agire di conseguenza.
È una commedia sul rapporto uomo-donna. In un mondo dove le signore denigrano gli uomini che “non ascoltano” e “non capiscono”, la pellicola diretta da Nancy Meyers è una descrizione perfetta. Mel Gibson è la rappresentazione di quello che il marketing fa oggi, entra nelle menti dei consumatori. In questo caso, nello specifico, nelle menti delle donne. Le donne, infatti, acquistano in maniera differente dagli uomini: è dimostrato che il pubblico femminile è più propenso a valutare le diverse alternative e preferisce ricevere quante più informazioni possibili sul prodotto che desidera acquistare.
IL MARKETING DI GENERE
Come esiste lo stereotipo nella società e nella vita di tutti i giorni, anche il marketing si ritrova a fare i conti con i “luoghi comuni”. Si è parlato di segmentazione a livello di gruppi di persone, ma nel campo economico esiste anche la segmentazione di genere, utile per dividere i prodotti maschili da quelli femminili. Ma chi definisce se un prodotto è da uomo o da donna? Non è il marketing a deciderlo, in questo caso è la società e i cosiddetti stereotipi di cui si parlava prima. Ma con i tempi che corrono e con la forte emancipazione che sta avvenendo negli ultimi anni, il “genere” dei prodotti lo scegliamo noi. Spesso gli stereotipi sono alla base dei meccanismi del marketing e della pubblicità, usati per semplificare la realtà sociale, categorizzare e classificare. La decisione di suddividere il mercato, includendo la segmentazione di genere, è un processo da attuare con estrema cautela, perché il rischio di escludere e discriminare è altissimo. Quando si sceglie questa strategia, è necessario capire se i bisogni dei diversi sessi differiscono. Tra tutti i dati che si hanno a disposizione su un consumatore, la cosa più utile che le aziende hanno bisogno di sapere non è più certamente il genere, semmai sono le abitudini e gli interessi.
La campagna “Cheers to all” di Heineken dello scorso inverno ci mostra come i drink non abbiano genere: non c’è motivo per cui la birra dovrebbe essere “da uomini” e il cocktail “da donne”. Il marketing di genere credo oggi possa funzionare solo ed esclusivamente per prodotti che hanno una differenza evidente tra il sesso maschile e il sesso femminile, come capita per alcuni specifici prodotti farmaceutici. È dello scorso anno una campagna provocatoria di L’Oréal che stravolge il concetto di segmentazione: mostra dei rossetti e si rivolge agli uomini.. lo stereotipo è un limite per la società, ma anche per le aziende.