Il dogma della Trinità chiarito attraverso la chimica: può la scienza spiegare la natura divina?

Padre, Figlio e Spirito Santo: tre persone distinte in un unico Dio ricordano una sostanza nelle condizioni del punto triplo.

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Ci sono molti dubbi sulla fede cristiana e la causa della maggior parte di essi risiede nei dogmi: verità alle quali bisogna credere senza avere prove materiali a sostegno. Per gli scettici è molto facile sminuire quanti sostengono la verginità di Maria o il fatto che Gesù Cristo sia davvero risorto, ma tutti, credenti o meno, rimangono affascinati dalla natura di Dio: l’essenza della Trinità. Al catechismo ci è stato detto che esistono tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Tutti e tre “formano” un dio uno e trino pur essendo ciascuno diverso dall’altro.

Un po’ confusionario come concetto e soprattutto difficile non solo da comprendere, ma anche da immaginare. Pensando alla resurrezione, infatti, ci viene in mente una specie di risveglio, mentre i miracoli sono stati persino imitati in moltissime pellicole cinematografiche. Ma come si fa a rappresentare la Santissima Trinità? Per riuscire a scoprirlo è necessario capire innanzitutto ciò con cui abbiamo a che fare.

Il dogma trinitario

La Trinità è la dottrina fondamentale delle più diffuse chiese cristiane, quali la cattolica e quelle ortodosse, oltre che delle Chiese riformate storiche come quella luterana, quella calvinista e quella anglicana.

Il dogma è in relazione alla natura divina: esso afferma che Dio è uno solo, unica e assolutamente semplice è la sua sostanza (intesa in senso filosofico), la quale è comune a tre “persone” distinte (o ipòstasi). Tuttavia, è  facile interpretare ciò come se esistessero tre divinità (incorrendo nel politeismo) o come se le tre “persone” fossero solo dei modi con i quali Dio si manifesta. Per risolvere questo “dilemma” si riconosce tradizionalmente la distinzione tra le ipòstasi alle quali, tuttavia, è attribuita la stessa natura.

È così, dunque, che si è giunti alla conclusione (secondo la dottrina cristiana) dell’esistenza di un’unica sostanza divina. Essa agisce per mezzo di tre persone distinte, indipendenti e accomunate dall’intenzione di volgere tutto al bene:
Dio Padre, creatore del cielo e della terra, Padre trascendente e celeste del Mondo;
Il Figlio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, fatto uomo come Gesù Cristo nel seno della Vergine Maria, il Redentore del mondo.
Lo Spirito Santo che il Padre e il Figlio mandano ai discepoli di Gesù per far loro comprendere e testimoniare le verità rivelate.

Schema della relazione trinitaria fra Padre, Figlio e Spirito Santo secondo le chiese cristiane di origine latina come la Chiesa cattolica. (Wikiperia.org)

L’interpretazione di Dante Alighieri

È notevole l’apparente semplicità con la quale Dante ha ideato il canto finale della Divina Commedia, ricorrendo, furbamente, all’espediente dell’ineffabilità. Il poeta, infatti, riconosce la sua incapacità nel descrivere ciò che aveva visto, affermando che tale osservazione non era di tipo fisico. La parola “vedere”, infatti, soprattutto nell’ultimo canto, assume un significato intellettuale indicando come la luce divina abbia illuminato il poeta fino alla comprensione del mistero trinitario. Ma come descrivere tutto ciò a parole?

Dante ci parla della Trinità come di tre cerchi di uguali dimensioni e colori diversi che si rispecchiavano ciascuno negli altri due. Al centro di queste circonferenze c’era infine una sagoma umana, avvolta nella luce emanata dalle tre forme.

Siamo dinanzi all’ennesima e incomprensibile descrizione della Trinità . Dante stesso, infatti, afferma che la “visione finale” che gli aveva permesso di comprendere pienamente la natura divina era frutto di una folgorazione istantanea, e non fornisce alcun ulteriore chiarimento riguardante ciò che aveva compreso.

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Il punto triplo: la firma della Trinità sull’opera del Creato

Là dove Dante fallì la scienza sembra aver inconsapevolmente sollevato ogni dubbio dalle menti dei fedeli e non.

Ma procediamo con ordine. Da anni è ormai nota l’esistenza del così detto punto triplo. Si tratta di una determinata combinazione tra temperatura e pressione alla quale la materia si presenta in ciascuno dei tre stadi di aggregazione principali (solido, liquido e gassoso) in equilibrio tra di loro. Come mostra il diagramma sottostante, chiamato diagramma di stato, è possibile ricostruire delle curve che ci aiutano a comprendere meglio questo concetto. Tra uno stato di aggregazione e l’altro vi sono infatti delle linee dette di “transizione”. Ciascuna di esse rappresenta le condizioni di equilibrio tra due stati, determinate dalle coordinate di T e p. Si può dunque intuire che, quando le curve si intersecano nel punto triplo, la sostanza di partenza si presenta in tutti e tre gli stati di aggregazione, ciascuno in equilibrio con gli altri.

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Immaginiamo ora di aver un litro d’acqua e di portarlo alla temperatura di 0,01 °C e alla pressione di 4,58 mmHg, che corrispondono proprio alle coordinate del punto triplo dell’H2O. In queste condizioni, quell’unico litro di partenza, pur essendo formato dalla stessa sostanza (l’acqua), si presenterà in tutti e tre gli stati. Questi, pur avendo proprietà differenti saranno in equilibrio tra loro, accomunati dal fatto di essere costituiti dalle stesse molecole.

Ecco, sembra quasi che la Trinità abbia voluto aiutarci a comprendere meglio questo dogma lasciando una firma nel Creato. Ora, credenti o meno, è innegabile quanto tutto ciò sia affascinante, soprattutto considerando che del punto triplo, quando fu riconosciuto il dogma, non si sapeva assolutamente niente.

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