I performer che stravolsero il panorama italiano: scopriamo 5 curiosità sulla commedia dell’arte

Con “commedia dell’arte” si intendono le compagnie di performer italiane girovaghe che si esibivano tra il XVI e il XVIII secolo.

La commedia dell’arte fu un fenomeno che fece da ponte, quantomeno in Italia, tra il dilettantismo e la professionalizzazione del mestiere dell’attore dopo secoli in cui a recitare erano solamente i dilettanti. Osserviamo alcune curiosità.

1. Invenzione della donna

Come afferma Roberto Alonge in “Nuovo manuale di storia del teatro. Quell’oscuro oggetto del desiderio” la commedia dell’arte inventò la donna; difatti, le compagnie dei nostri girovaghi attori comprendevano uomini e donne. Ad oggi siamo abituati a vedere su un palcosenico il sesso femminile; tuttavia, fino all’introduzione nel panorama teatrale della commedia dell’arte era impensabile. Dall’Atene del V secolo, e forse anche precedentemente, fino alla seconda metà del XVI secolo in scena andavano solamente gli uomini che intepretavano anche la parti femminili con l’ausilio di maschere, castrazione (per quanto concerne il canto, tradizione che continuò nell’opera per molto tempo. Nel teatro di prosa gli attori modulavano la voce affinché fosse verosimile a quella femminile) e costumi. Le compagnie dei comici dell’arte avevano compreso che sarebbe stato molto più semplice far interpretare le parti femminili alle femmine; ma non solo, potevano essere mezzi per ottenere maggiori profitti. Essendo i comici nomadi, utilizzavano numerosi espedienti per attirare la gente della città di turno: grande uso del corpo, esuberanza, plurilinguismo, conoscenza di numerose arti ed erotismo. In qust’ultimo punto giocavano maggiormente le d0nne; difatti, avevano il compito tramite il loro corpo, i costumi e le movenze di sedurre il pubblico che era costituito in maggioranza da uomini. A conferma di ciò vi sono numerose testimonianze ma fa già riflettere che le donne, sin dalla prima apparazione, erano le uniche che spesso salivano sul palco senza maschera.

2. La messa in discussione dell’oscenità: teatro della baldracca

Nato a Firenze, forse, nel 1576 dall’architetto Buontalenti, il “teatro della dogana” o “teatro della baldracca”, definito tale per il quartiere nel quale sorgeva, fu importantissimo per la commedia dell’arte e per lo sviluppo della donna nella spettacolarità. I comici erano soliti esibirsi laddove trovavano maggior remunerazione (sale, piazze, banchetti, giardini); tuttavia, vi era spesso la presenza di una persona, solitamente un signore ricco che usufruiva degli spettacoli per scopi propagandistici, esterna che li commissionava. Diversamenti, il teatro della dogana, o salone delle commedie, poteva essere affittato giornalmente dai comici che avrebbero potuto esibirsi, ricevendo introiti dalla vendita di bollettino, una sorta di biglietto. La platea era costituita dalle persone appartenenti al ceto medio-basso ma anche dagli aristocratici e dai Medici stessi. La peculiarità di tale teatro era che gli stanzini, riposti in alto, come gli odierni palchetti, e accessibili con un corridoio nascosto, erano provvisti di grate, per favorire la visione degli spettacoli della commedia dell’arte senza essere visti dal popolo; difatti, era ritenuto volgare e indecoroso da parte di un uomo di alto ceto sociale o di potere assistere a rappresentazioni ritenute al tempo oscene. Nonostante ciò, si suppone che tale stanza fosse molto frequentata.

3. Erano dei gran burloni e autoironici

Quando le compagnie dei comici dell’arte cominciarono a far esibire le donne, la prima istituzione cinquecentesca a intervenire fu la chiesa. Chi ha studiato storia del teatro sa che una della cause principali per cui l’edificio teatrale cadde in disuso dopo la caduta dell’impero romano d’occidente fu l’ideologia cristiana, in particolar modo quella di Sant’Agostino, che affermava che la spettacolarità danneggiava l’anima, poiché gli spettatori assistevano a violenze e spettacoli fortemente corporei e che avevano come unico intento lo svago. Inolte, la chiesa per tutto il medioevo accusava gli attori di usare il proprio corpo per lucro, esattamente come le cortigiane. Per questo motivo i comici dell’arte furono criticati fortemente dagli eccelsiastici; tuttavia, non giudicavano i contenuti delle messinscene, bensì quanro accadeva prima e dopo lo spettacolo. Le donne delle compagnia dei comici dell’arte non rientravano nel modello della moglie devota tipica del periodo, ma festeggiavano, erano invitate ai banchetti, andavano a cene lussuose, indossavano gioielli e si godevano la vita. Tutte queste concessioni e fortune derivavano dalla volontà di queste attrici di usufruire del proprio corpo per ottenere dagli uomini ricchi previlegi e regali; tuttavia, spesso questi uomini erano sposati. Perciò, secondo la chiesa la commedia dell’arte portava i “galantuomini” agli istinti più bassi. Molti si sarebbero difesi da queste accuse, ma i comici dell’arte decisero di utilizzare questi temi per intrattenere il pubblico. A testimoniarcelo vi è Flaminio Scala, grande attore della compagnia dei Gelosi, che pubblicò nel 1611 una raccolta di canovacci, degli scritti che riassumevano la vicenda agli attori, intitolata “Il teatro delle favole rappresentative”. In particolar modo, tra i vari testi ve ne è uno chiamato “il ritratto” che tratta di due uomini ricchi e sposati che decidono di sedurre e giacere con delle attrici. Nel frattempo, le loro rispettive mogli traggono piacere da due giovani. In poche parole, Scala ci conferma che vi erano delle messinscene che mostravano, intrattendendo, al pubblico le accuse che la chiesa poneva nei confronti dei comici dell’arte. Grande senso di autoironia.

4. Pulcinella, Arlecchino e i suoi amici viaggiano

La Commedia dell’arte si esibiva di città in città, si muovevano per tutto il terriorio italico e oltralpe; perciò, idearono un sistema efficace per prepararsi in breve termine, mantenere una qualità buona e variegare facilmente la proposta: il sistema dei ruoli. Ogni attore si specializzava su un ruolo, ovvero, in breve, un contenitore di personaggi aventi un tratto comune (geloso, arrabbiato, innammorato….), e recitava solamente quello. Ciò permetteva di impararsi diverse parti per numerosi spettacoli in breve tempo. Da questo sistema dei ruoli nacquero le maschere che tutti noi oggi conosciamo: Pulcinella, Pantalone, Dottor Balanzone, Arlecchino etc…. Queste divennero famose in tutto il globo perchè le compagnie dei comici dell’arte, come detto in precedenza, si sono spostate oltralpe alla ricerca di fortuna, arrivando persino in Russia. Ciò era concepibile grazie al grande uso del corpo dei performer, tratto caratteristico della commedia dell’arte, nelle rappresentazioni; difatti, nonostante parlassero in italiano riuscivano a intrattenere gli stranieri con il linguaggio corporeo.

5. I comici non facevano (solo) ridere

Il nome “commedia dell’arte” può ingannare, vero. Nonostante ciò, i comici dell’arte non facevano solo spettacoli intenti a suscitare la risata, bensì realizzavano anche balli, lettura di poesie (celebre la performance di Isabella Andreini, moglie di Francesco Andreini, capocomico della compagnia del gelosi, nel teatro della dogana nel 1589), musica, e tragedie. Difatti, la loro ecceltticità artistica permetteva loro di potersi esibire in variegate forme spettacolari. Ciò è confermato da numerosi intellettuali, come Siro Ferrone, che tendono a classificare gli attori dei comici dell’arte come “performer”.

 

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