Guardare la didattica a distanza leggendo Corazzini: “Toblack” e le proteste studentesche

Oggi una nuova protesta contro la DAD e Corazzini descrive lo stato d’animo che ne deriva. 

 

Da un anno gli adolescenti sono costretti alla didattica a distanza. Questo suscita numerosi disagi a livello psicologico, perché un’intera generazione vede sfumare i propri sogni e progetti: questo stato d’animo è stato rappresentato da Sergio Corazzini all’inizio del Novecento.

LE PROTESTE DEI GENITORI (MA NON SOLO)

Già da qualche mese i genitori di bambini e ragazzi scendono in piazza. Oggi, 21 marzo 2021, è il turno di Como, con una protesta organizzata dalla Rete Nazionale Scuola in Presenza, dovuta alla chiusura delle scuole di ogni grado prevista dal DPCM del 2 marzo 2021 per tutte le aree d’Italia in zona rossa. Ma non è l’unico episodio di questo tipo: dopo i numerosi casi di protesta silenziosa da parte degli adolescenti, che hanno seguito le lezioni appostati fuori da diverse scuole superiori, il 19 marzo sono andati a manifestare anche gli studenti di Medicina di Parma contro i “camici online”, ovvero i tirocini svolti in via telematica. Oltre all’ovvio problema dell’effettiva preparazione degli studenti di tutte le età, che non possono praticare quelle attività che hanno necessariamente bisogno di essere svolte in presenza, sicuramente la didattica a distanza non è una cosa di cui ci si possa accontentare anche per altri motivi, primi tra tutti quelli che coinvolgono la salute mentale: la scuola e l’università non sono solo luoghi di apprendimento accademico, ma luoghi di confronto e di crescita.

LA TOBLACK DI CORAZZINI, LUOGO DI CURA E DI DISPERAZIONE

All’inizio del Novecento, Sergio Corazzini, malato di tubercolosi, rappresenta la cittadina tirolese di Toblack – oggi Dobbiaco: si trattava di un luogo di cura e di convalescenza per coloro che soffrivano di questa malattia, ma per il poeta diventa il luogo di sofferenza per antonomasia. Egli descrive la città focalizzandosi sulla disperazione che si respira nell’aria, dovuta alle tante speranze svanite dei giovani ricoverati: persone rinchiuse in un luogo deserto e privo di vita, in cui ogni divertimento è bandito, e che si contrappone al “cielo azzurro, pieno/di speranza e di consolazione” che sembra quasi ignaro della sofferenza dei malati. Corazzini parla anche delle “defunte primavere” che questi giovani vedono passare senza viverle veramente: incredibile quanto questo ci suoni familiare.

LE “SPERANZE PERDUTE” DEI GIOVANI DI OGGI

I malati di Dobbiaco convivono con un’altra malattia, ma la situazione certamente non è molto diversa da quella di oggi. Nel caso della poesia di Corazzini, i giovani sono gravemente malati; gli studenti costretti a casa, nella maggior parte dei casi, no, ma sicuramente lo stato d’animo e i sentimenti che li accomunano sono gli stessi. Al fine di evitare i contagi, ci si priva di anni e di esperienze di vita: sorge spontaneo chiedersi cosa sia peggio, arrivati a questo punto. Senza dubbio, quando Corazzini parla di “speranze perdute” e “sogni infranti” comunica un preciso stato d’animo che molte, troppe persone stanno vivendo.

 

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