Gli zombie di Nairobi: i bambini che la droga sta trasformando in zombie cinematografici

L’indice di povertà particolarmente elevato di alcune aree di Nairobi ha condotto all’avvicinamento della popolazione, anche giovane, al mondo delle sostanze psicotrope.

In alcune zone della capitale del Kenya, si sviluppa il fenomeno di utilizzo di sostante stupefacenti, una realtà profondamente legata alle condizioni di povertà in cui riversano tali territori e che non lascia illesa la sfera infantile.

Nairobi: una città ricca o povera?

Da un punto di vista storico, l’anno che segna la nascita di Nairobi è il 1899, quando il territorio venne organizzato come deposito da cui trarre i rifornimenti necessari per la linea ferroviaria con collegamento Uganda-Mombasa. A seguito di un incendio che la rase al suolo, la città risorse agli inizi del 1900, mostrandosi caratterizzata da elementi molto vicini alle classiche grandi città europee, con alti edifici, uffici, hotel di lusso. Si tratta però di una città dotata di una duplice faccia, da un lato la ricchezza, dall’altro la povertà. Quest’ultima caratterizza i quartieri costituiti da baraccopoli, noti come slums (tra cui uno dei più noti è quello di Kibera), nei quali accedere ai beni di prima necessità, come acqua potabile, cibo, medicinali ed elettricità, risulta essere profondamente difficile. I loro cittadini sono generalmente famiglie numerose sprovviste di un numero di stipendi sufficiente a garantire la sopravvivenza di ogni membro o donne con figli ma prive di salario.

Quando la sofferenza per la povertà apre la strada all’incubo della dipendenza

E’ proprio nei quartieri poveri della città che appare particolarmente sviluppato il fenomeno dell’utilizo di sostanze psicotrope. Fra queste, la più diffusa è la colla usata dai calzolai per lucidare le scarpe, il cui prezzo è generalmente basso e si aggira intorno ai 100 scellini locali (che equivalgono ai nostri 80 centesimi). In media, gli abitanti delle baraccopoli guadagano al giorno poco più di un euro europeo, che cercano di ottenere anche rivendendo altri tipi di materiali, e molto spesso, buona parte di tale somma viene utilizzata proprio per acquistare sostanze come questa. Il motivo principale è quello di sfruttarne gli effetti per fuggire dalla sofferenza provocata dalla fame, dal freddo e dalla paura di non riuscire a trovare una sistemazione migliore. Oltre alla colla, generalmente disposta in bottiglie o contenitori di altro tipo ed inalata dal suo possessore, particolarmente utilizzato è anche il carburante degli aerei, la cui composizione vede la presenza di vari elementi, tra cui kerosene e altri agenti chimici che ne impediscono il congelamento. L’assunzione di quest’ultima è simile alla prima, in quanto viene inalata poggiando un panno intriso di tale liquido su naso e bocca. Uno dei principali effetti generati dall’uso di tali sostanze sono le allucinazioni, la cui gravità peggiora all’aumentare del loro consumo e che portano la persona che ne fa uso ad essere particolarmente distaccata dalla realtà, da cui deriva il paragone con dei veri e propri zombie. Alle allucinazioni seguono anche problemi cardiaci e celebrali.

Il coinvolgimento di bambini e giovani

Oltre agli adulti, anche i bambini fanno spesso uso di questi prodotti, e con loro molti altri giovani. Sono gli stessi calzolai che vendono la colla da scarpe, senza fare particolari distinzioni tra bambini e adulti, considerandoli tutti allo stesso pari come potenziali clienti. Per avere l’effetto desiderato, il prodotto deve essere inalato molteplici volte al giorno, e molti sviluppano già in giovane età danni celebrali irreversibili, vedendosi così strappata via un’età che dovrebbe essere rosea e allegra. I bambini crescono così in un ambiente in cui l’utilizzo di queste sostanze è all’ordine del giorno e viene dunque percepito come una pratica abituale e normale, vivendo un presente costellato da difficoltà e sofferenze in cui non si riesce neanche ad immaginare un avvenire migliore, e ci si rassegna dunque , cadendo in questo limbo. Spesso poi, le madri non riescono a trovare forme di sostentamento diverse dalla prostituzione, così fanno inalare la colla ai propri figli per indurre loro il sonno per poter guadagnare qualche soldo in più e poter comprare perlomeno qualcosa da mangiare ai propri bambini. Una realtà particolarmente sofferente, i cui fattori appena citati vengono accuratamente descritti nel documentario del 2016 di Fanpage.it intitolato “Zombie di Nairobi“.

Il riscatto di Steve

Durante le riprese, i reporter di Fanpage.it fecero la conoscenza di Steve, un ragazzino di 11 anni che consumava quotidianamente carburante per aerei, ma che grazie all’aiuto di Amani for Africa è stato accolto nel centro Ndugu Mdogo di Nairobi, dove ha potuto intraprendere un percorso scolastico adeguato ed è riuscito ad uscire finalmente dal tunnel delle droghe.

Una realtà simile a un film

Si potrebbe quasi paragonare queste dinamiche alla trama di qualche film di zombie, in quanto la percezione degli esterni nel momento in cui vi entrano in contatto, è la stessa che si prova nel momento in cui, guardando scene di pellicole del genere, si conoscono personaggi di quel tipo. Sguardo spento, mancanza di capacità di orientamento, perdita del senso razionale della parola, confusione. Tutti elementi che caratterizzano i personaggi raccontati in quei film, e che purtroppo, si prestano perfettamente anche nel descrivere gli uomini, le donne ed i bambini che ogni giorno vivono quest incubo in Kenya. La pellicola Warm Bodies ad esempio, basata sull’omonimo romanzo di Isaac Marion, racconta la storia di R, uno zombie alla ricerca di corpi umani che si innamora di Julie, impegnata nella ricerca di cure per permettere un ritorno alla normalità. Sebbene la trama del film sia molto distante dal tema trattato in questa sede, nella sua apertura il protagonista scandisce delle parole che ben rappresentano la percezione che si ha nell’incontrare quelli che a loro volta vengono definiti zombie nella città africana:

Mi trascino di qua e di là e ogni tanto sbatto addosso a qualcuno, incapace di scusarmi o dire granché. Doveva essere molto meglio prima, quando tutti riuscivano ad esprimersi e a comunicare i loro sentimenti. Riuscivano a godere della compagnia degli altri.

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