La leggenda dei draghi e la loro origine, una questione antica che viene riproposta nella serie cult “Game of Thrones”.

Un aspetto di “Game of Thrones” che ha lasciato noi spettatori a bocca aperta è senza dubbio la presenza dei draghi di Daenerys Targaryen. Dietro a tali creature però, esiste un complesso corpus di fonti e iconografie storiche.
Etimologia e problemi di interpretazione
L’espressione odierna deriva dal latino draco, a sua volta proveniente dal greco δράκων, drakon. Il problema che sorge dal punto di vista etimologico riguarda l’antico uso che se ne faceva di questo termine, inteso sia come serpente che, di fatto, come un immaginario drago. La sua controversa figura è presente sin da tempo immemore in numerose culture sia orientali che occidentali, talvolta con forme e significati diversi. Se è vero che la base di fondo sono gli autori antichi, in seguito, il passaggio al Medioevo ha portato ad aggiungere e modificare particolari.
Questo succede perché il sistema concettuale con il quale ci si riferisce all’immaginario comune, cambia nel corso del tempo. Gli autori medievali si sono impegnati a descrivere il mostro con il proprio background linguistico e culturale, oltre agli errori dovuti all’errata trascrizione dei copisti. La sua stessa natura di leggenda porta a problemi di interpretazione sul lungo termine. La trasmissione per via orale distorce il significato attribuitogli, così come l’iconografia nel corso del tempo, ben lontana dall’odierno immaginario di drago.

Plinio e George R. R. Martin sull’origine geografica dei draghi
Prima di mettere a confronto ciò che si racconta dei draghi in “Game of Thrones” e gli scritti di Plinio il Vecchio, è necessario sapere che per mostro si intende tutto ciò che è diverso. Si tratta di una manifestazione e incarnazione di molti timori, la paura di una natura che non si comprende e che non si riesce a controllare. Non è un caso se questo essere nasca sempre lontano da chi scrive, soprattutto nell’allora sconosciute Asia e Africa. “Particolarmente in India e il territorio degli Etiopi abbondano di prodigi” (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, Libro VII, 21), così l’autore romano definisce genericamente quei lontani paesi intrisi di mistero.
La paura dell’ignoto geografico si riscontra anche nei libri di George R.R. Martin, infatti è il continente di Essos, ancora in gran parte sconosciuto, ad essere al centro di leggende e misteri. Si racconta che i draghi siano nati nella Terra delle Ombre, oltre i confini del Mondo conosciuto a cui la serie TV ci ha abituato. Si tratta di una penisola oscura, fatta di ripide montagne a picco sul mare, nelle quali grotte si nascondono demoni, draghi e cose addirittura peggiori. Nell’estrema punta della penisola si trova Asshai, famosa per quanto sconosciuta – città natale di Melisandra, la Donna Rossa – dove ogni tipo di magia è consentita. Zone, queste, estremamente inospitali e inaccessibili agli abitanti di Westeros, i quali difficilmente si spostano più ad est di Qarth, confine impostoci dagli eventi mostrati nella serie.
Insomma, sia nella storia che nella finzione cinematografica, la lontananza e la mancanza di conoscenza di una regione, porta alla creazione di misteriose leggende che spaventano quella parte di mondo civilizzata e sviluppata.

Verde=Qarth; Rosso=Asshai.
La figura del drago tra Medioevo e “Game of Thrones”
La sua fisionomia cambia notevolmente a seconda delle fonti cui le miniature medievali fanno riferimento. Si passa infatti da figure dall’anatomia che stravolge totalmente il nostro immaginario, a descrizioni letterarie che ci fanno confondere le idee. Di seguito la testimonianza di Isidoro di Siviglia, Etymologie, Libro XII, 4.
“Il drago è il più grande di tutti […] gli animali che vivono sulla terra: […]. è dotato di una cresta, ha la bocca piccola e delle strette fessure attraverso le quali respira e tira fuori la lingua. La sua forza non risiede nei denti, ma nella coda, ed è colpendo con questa, piuttosto che mordendo, che il drago può nuocere.”
Una testimonianza di questo tipo non può che trovarci in disaccordo con i nostri ideali comuni, se non fosse per la rivelata dimensione da record. Se guardiamo infatti alle creature presentate dalla serie, si noterà sicuramente quanto siano imponenti in confronto a tutto il resto, tuttavia la loro fisionomia non corrisponde a quanto riportato da Isidoro ne tanto meno le loro capacità. Come dimenticare la parola dopo la quale si scatenava l’inferno, “Dracarys”, che in valyriano sta a significare fuoco di drago, ma di fuoco Isidoro non ne parla neanche lontanamente. Le differenze sono evidenti come lo è anche la rinnovata mitizzazione associata all’imponente figura del drago da parte della cultura pop.
