La notizia
Per la prima volta in Italia viene effettuato un trapianto di faccia.
La donna, 49 anni, è affetta da una neurofibromatosi, una malattia genetica che porta alla formazione di tumori lungo i nervi. L’intervento è durato 27 ore e ha avuto un esito positivo, sebbene complicazioni nel microcircolo abbiano portato a una possibilità di rigetto, per cui sarà necessario un intervento di ricostruzione temporanea. Nel frattempo si aspetta una nuova donatrice.
I trapianti di faccia, per quanto innovativi, non sono davvero una novità: il primo trapianto completo è stato condotto nel 2010 in Francia. Oltre alla Francia, la Turchia, gli USA e la Spagna sono i principali paesi in cui viene effettuato.
C’è un estraneo nello specchio
Eppure nel film Face/Off, del 1997, la base stessa della storia ha un che di (all’epoca) surreale: il trapianto di faccia per sfuggire alle forze dell’ordine.
Tuttavia nella vita quotidiana, in cui non si è né agenti dell’FBI né terroristi in fuga, essere sottoposti a un intervento del genere ha delle implicazioni enormi.
Basta immaginare di svegliarsi, andare in bagno, ed essere osservati da un’altra persona allo specchio.
Il dualismo cartesiano mente/corpo è stato superato da tempo, ma si manifesta con forza nel momento in cui viene meno la connessione tra l’immagine che una persona ha di sé e ciò che vede effettivamente. Il dramma non riguarda solamente chi necessita di un intervento per una malattia neurologica, ma anche chi sente di appartenere a un genere sessuale diverso da quello di nascita, chi soffre di anoressia nervosa, ecc.
In condizioni di “normalità”, il corpo è dato per scontato: è sempre presente, un po’ meno quando si è privi di coscienza (durante il sonno o l’anestesia), ma ritorna a mandare continui segnali al cervello (stimoli tattili e dolorosi), ovvero feedback della situazione. Il cervelletto, per esempio, ha un sistema di controllo simile: ogni volta che un bambino cade, il cervelletto registra l’errore e cerca di correggerlo con movimenti che prevengano la caduta la volta successiva. Il cervello quindi integra costantemente gli stimoli con piccole correzioni laddove necessario.
L’insieme delle informazioni crea un’immagine mentale del proprio corpo, che può essere più o meno accurata, e ci accompagna per tutta la vita.
Cambiamenti fisiologici, come la comparsa di rughe e capelli bianchi, avviene con lentezza e permette di abituarci alla novità.
Un volto, mille funzioni
Il volto ha però diverse funzioni psicologiche e relazionali molto importanti. La propria identità e il concetto di sé sono basati proprio sull’aspetto del volto, e attraverso i volti possiamo riconoscere le persone e interagirci (un danno cerebrale al giro fusiforme può togliere la capacità di riconoscere le persone, dando luogo a Prosopagnosia¹, e compromettendo del tutto le attività quotidiane di una persona).
La faccia è anche il principale mezzo di espressione di sé, delle proprie emozioni e delle interazioni sociali. E possiede una miriade di significati altri: gli occhi come sede delle emozioni, o il naso che fa ammattire il Mattia Pascal di Pirandello, e che invece nel racconto di Gogol’ sparisce all’improvviso dal volto di Kovalyov e gira per la città spacciandosi per un consigliere di Stato.
Le conseguenze
Una recente review di Rifkin e colleghi (2018) ha raccolto diverse implicazioni psicologiche e morali derivanti dall’intervento.
Diversi studi evidenziano cambiamenti nell’identità con relativi effetti psicologici. Uno degli aspetti a poter colpire di più sarebbe il proseguimento, in un certo senso, dell’esistenza del donatore ormai deceduto. Ciò non avviene invece nei trapianti di organi (“nascosti” alla vista).
Da parte delle famiglie donatrici può esserci un rifiuto a causa del carico emotivo portato dal significato simbolico che porta con sé il volto del parente su un’altra persona che ne assume in parte le sembianze.
Chi riceve un nuovo volto può avere difficoltà ad accettare un tale cambiamento, e sperimentare difficoltà nell’integrarlo con l’immagine corporea completa.
Bisogna però sottolineare che i benefici sono molti, e aumentano col miglioramento della tecnica chirurgica stessa.
Per esempio, pur non dovendo scegliere tra la vita e la morte, chi soffre di gravi deformazioni facciali accetta con più facilità i rischi derivanti dall’immunosoppressione, rispetto a chi invece subisce un trapianto di rene, da cui dipende la sua sopravvivenza.
Una maggiore ricerca è necessaria per approfondire i benefici e i rischi, sia psicologici che organici, di un trapianto di faccia. Dopotutto, sono passati solo 8 anni dal primo trapianto completo di faccia, ma 21 anni dal film Face/Off.
Stiamo vivendo la fantascienza.
Note:
¹ https://it.wikipedia.org/wiki/Prosopagnosia
Fonti:
– Rifkin, W. J., Kantar, R. S., Ali-Khan, S., Plana, N. M., Diaz-Siso, J. R., Tsakiris, M., & Rodriguez, E. D. (2018). Facial disfigurement and identity: a review of the literature and implications for facial transplantation. AMA journal of ethics, 20(4), 309.
– Immagine in evidenza: decaymag.com