Considerata una delle più grandi rivoluzioni scientifiche del secolo scorso, sembra svelarci il segreto di tutte quelle capacità che rendono il cervello una macchina così potente. Il professore vola in Uruguay per la laurea “honoris causa”
La visita in Uruguay
Giacomo Rizzolatti, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, membro dell’Academia Europæa e vincitore di numerosi riconoscimenti internazionali, è stato in visita a Montevideo (Uruguay). Prima tappa: Ministerio de Educación y Cultura (Mec), dove si è svolto il primo dei due appuntamenti. Seconda, ma non per importanza, la cerimonia speciale presso la sede dell’Università della Repubblica che lo ha omaggiato con la laurea honoris causa.
Ma chi è Rizzolatti? E perché viene considerato uno dei neuroscienziati più influenti del 19° secolo?

Vedo, quindi faccio…
Giacomo Rizzolatti, esimio professore presso l’Università di Parma, insieme a Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi e Corrado Sinigaglia intrapresero la ricerca dei neuroni specchio nel 1994, quando riuscirono a dimostrare in un macaco l’esistenza di questa particolare classe di cellule, sia visive che motorie, che si attivavano non solo quando la scimmia agiva, ma anche quando vedeva lo sperimentatore fare un’azione simile.
La sorpresa era questa: rispondevano selettivamente allo scopo dell’azione. Nel celebre esperimento, ad esempio, la scimmia afferrava un oggetto con la mano, ma il suo neurone specchio “sparava” (inviava il segnale, in linguaggio tecnico ndr.) anche se lo sperimentatore lo afferrava: trasformava una rappresentazione sensoriale (vedere) in una motoria (afferrare). “Non mi limito a guardarti compiere l’azione, ma capisco le tue intenzioni”.
Riuscirono successivamente a dimostrare l’esistenza anche nell’uomo di questi neuroni tramite la stimolazione magnetica transcranica. L’attivazione dei neuroni specchio genererebbe una rappresentazione motoria interna dell’atto osservato (atto potenziale) dalla quale dipenderebbe la possibilità di apprendere per imitazione e, ovviamente, di riprodurre.

…Mi immedesimo
La chiave per comprendere il funzionamento di questa classe di cellule neurali potrebbe essere un semplice esempio che il professore utilizza per chiarire il concetto: “Immagina di osservare un giocatore di pallacanestro che tira un tiro libero. Un campione che osserva, dalla postura del giocatore, dalla forza che imprime e dalla traiettoria che compie la palla riesce a comprendere più velocemente se il cestista farà o meno punti. Gli esperti o quelli che hanno giocato poco sono meno precisi in queste valutazioni, e così chi non ha mai giocato a basket ancor meno. Chi ha giocato ha un modello interno dell’azione più accurato e lo chiama in causa per comprendere il gesto che osserva come se lo eseguisse in prima persona”.

Ed è proprio qui che mi voglio soffermare: “come se lo eseguisse in prima persona”.
Qui il professore crea un collegamento con il fenomeno dell’empatia: “In ogni azione, oltre al ciò che si fa, conta l’intenzione: il perché la si fa“ dice Rizzolatti. “Prendere un bicchiere”, equivale ad agire. “Come lo prendo” è fondamentale per capire l’intenzione. Se per bere, per brindare, o per scagliarlo contro il mio interlocutore, per esempio. E sono i neuroni specchio che ci rivelano l’intenzione in tempo reale, per cui siamo pronti a coprirci la faccia se chi ci sta dinanzi ha intenzioni aggressive, perché riconosciamo i segni tipici dell’ “intenzione aggressiva”. Empatia significa dunque entrare nei panni degli altri sintonizzando il nostro cervello con quello di chi ci sta intorno.
Umberto Raiola