Ecco spiegate le ragioni per cui l’Occidente spinge per la riattivazione del JCPOA

Comunemente noto come “accordo sul nucleare iraniano” nel corso degli ultimi anni la stabilità delle intese raggiunte con il trattato è stata minata. È giunta l’ora di ripristinare lo status quo.

Un accordo di così grande portata non poteva che essere discusso in questi giorni nel corso del G7 virtuale che sta tenendo impegnati i capi di Stato, che mirano al riavvio del trattato.

Angela Merkel, la mediatrice

Anche se in italiano è noto con un nome semplificato, il JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) abbraccia tante dinamiche e tanti Stati che lo hanno discusso e approvato al fine di creare appunto un piano d’azione congiunto nell’ambito del controllo sulla proliferazione del nucleare. Ultimamente però molte incertezze hanno fatto traballare le basi su cui si reggeva il trattato: infatti l’amministrazione USA guidata da Donald Trump, probabilmente per strizzare l’occhio a Israele, si era ritirata dall’accordo nonostante le ispezioni dell’AIEA in Iran (l’Agenzia atomica dell’ONU) non avessero riscontrato irregolarità. Oltre al ritiro gli Stati Uniti avevano posto nuovamente in essere delle sanzioni contro la Repubblica Islamica: questo ha scatenato una reazione a catena con la rinnovata attività di arricchimento dell’uranio da parte dell’Iran (condotta che era drasticamente diminuita grazie al trattato). Le attività atomiche iraniane sono state ritenute una minaccia da Stati Uniti e Israele, che con ogni probabilità sono le eminenze grigie dietro all’uccisione del maggior scienziato nucleare iraniano, Fakhrizadeh, che si aggiunse a quella del generale Soleimani esplicitamente ordinata da Trump qualche mese prima. In questo scenario in cui l’Iran ha ricominciato ad arricchire l’uranio non curandosi del trattato si inserisce il neo presidente americano Joe Biden, che ha già rassicurato la comunità internazionale cercando di calmare gli animi. Ciononostante la cancelliera Angela Merkel si è proposta di fatto come mediatrice tra le parti per cercare di ricucire lo strappo.

L’accordo sul nucleare

Nello specifico, il JCPOA è un accordo internazionale multilaterale che vede tra i firmatari l’Iran e i cosiddetti P5+1, ossia i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite (Francia, Cina, Stati Uniti, Russia, Regno Unito) più la Germania e l’Unione Europea. Risalente ormai al 2015, l’accordo è stato il frutto di mesi di trattative tra le parti che hanno portato a tutta una serie di conquiste sul piano della limitazione della proliferazione del nucleare. In particolare, l’Iran si è impegnato ad eliminare le sue riserve di uranio a medio arricchimento, nonché a tagliare del 98% le scorte di uranio a basso arricchimento. I sistemi delle centrifughe a gas, volti all’arricchimento dell’uranio, vengono inoltre ridotti di due terzi per 13 anni. Per i successivi 15 anni invece l’Iran i è impegnato ad arricchire uranio solo al 3,67%, accettando inoltre di non costruire alcun nuovo reattore ad acqua pesante. Tutte le attività di arricchimento sono state quindi ridimensionate per un buon periodo di tempo, il tutto sotto la periodica supervisione dell’AIEA. In cambio di tutto questo l’Iran ha ottenuto la cessazione delle sanzioni imposte dal blocco occidentale formato da Stati Uniti, Unione Europea e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che erano state appunto varate per cercare di obbligare l’Iran a contenere il suo programma nucleare.

Perché è fondamentale che l’accordo torni operativo

In uno scenario come quello descritto è forse inutile ribadire la necessità di far tornare in essere il trattato, che assicura una situazione stabile dal punto di vista nucleare almeno per i prossimi 15 anni e che costituisce un ottimo traguardo per quanto riguarda gli accordi generali sulla non proliferazione. L’interesse di tutto il mondo, non solo di quello occidentale, tende a far sì che le sanzioni statunitensi vengano ritirate così da far terminare la rinnovata attività di arricchimento dell’uranio intrapresa dall’Iran nel corso dell’ultimo anno. La presidenza Biden ha il più che attuale compito di correre ai ripari. L’Iran ha infatti approvato a novembre una legge secondo la quale se entro oggi 21 febbraio 2021 le sanzioni non saranno rimosse il governo provvederà ad autorizzare l’arricchimento dell’uranio fino al 20% (quindi ben oltre il 3,67% permesso dal JCPOA) e ad espellere dal Paese gli ispettori dell’AIEA. Il tempo è ormai scaduto: staremo a vedere quale sarà la prossima mossa sullo scacchiere internazionale, che ora spetta agli Stati Uniti.

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