A grande richiesta, dopo la lista delle cinque donne vinte della letteratura antica, ne propongo una maschile. Ecco dunque i cinque uomini vinti della letteratura antica.
Naturalmente i criteri di valutazione per questa top 5 sono gli stessi della classifica femminile. Dunque verranno prese in considerazione:
- Le circostanze e la modalità della morte dell’uomo;
- la presenza di una vendetta;
- la motivazione della sciagura;
- bellezza della narrazione.
5. Admeto
Per me è difficile inserire Admeto in questa classifica: è un personaggio a cui ho sempre imputato codardia. Una riflessione svolta in ambito universitario durante la lettura di Alcesti ha però contribuito a cambiare il mio punto di vista. Ecco dunque che Admeto entra di diritto nella top 5. La sua storia è narrata, come anticipato poco sopra, nell’Alcesti di Euripide: Admeto, marito di Alcesti, è un pastore di Fere, in Tessaglia. Il proemio del dramma euripideo si apre con Apollo che racconta di essere stato servo di Admeto, per una punizione inflittagli da Zeus. Il dio ha pascolato le sue greggi e ha dormito e mangiato con gli altri servi mortali. A causa della purezza e dell’ospitalità di Admeto, Apollo ha perciò pensato di rendergli un favore. Era giunto il tempo della morte per l’uomo, ma Apollo “ingannando le Moire” lo sottrae al proprio destino ad una condizione: qualcun altro sarebbe dovuto morire per lui. Questo è un dato di fatto, questo è quello che deve succedere. Admeto non è, dunque, un codardo perché, temendo la morte, permette ad Alcesti di morire per lui, ma è, prima di tutto, un vinto, esattamente come la moglie, succube della volontà di un dio. Il suo destino e la sua impotenza meriterebbero una posizione di classifica migliore, ma l’intervento risolutore di Eracle, che recupera il corpo di Alcesti dall’Ade, restituendola al marito, costringe Admeto al quinto posto di questa classifica.
4. Agamennone
Anche Agamennone, re di Micene e condottiero della spedizione achea contro Troia, è un vinto. Non tanto nella narrazione omerica, che è troppo impregnata del fatalismo arcaico per essere presa in considerazione per questa classifica. Diamo piutoosto spazio alla storia raccontata da Eschilo nella tragedia omonima. Agamennone è di ritorno vittorioso da Troia, ignaro che la moglie Clitemnestra stia tramando contro di lui. Dal momento in cui mette piede a Micene, comincia la parabola discendente del condottiero acheo. La moglie, nonostante sia furente contro di lui, gioisce per il suo ritorno. Non tanto per il fatto in sé, quanto perché così potrà attuare la propria vendetta contro il marito, che, prima della partenza per Troia, aveva ucciso la loro figlia Ifigenia per avere venti favorevoli verso la Troade. E così Clitemnestra, con l’aiuto dell’amante Egisto, uccide brutalmente il marito, vendicando la morte della sua primogenita. Il fatto che la sua morte sia stata causata dal suo atto nefando e impulsivo non permette ad Agamennone di salire sul podio in questa classifica.
3. Polifemo
Anche personaggi malvagi possono essere vinti. Parlando di Polifemo si farà solo qualche riferimento all’episodio odissiaco e si prenderà in maggior considerazione la superba narrazione teocritea. L’idillio XI di Teocrito racconta la storia di Polifemo innamorato e non ricambiato. La fantastica narrazione ci presenta Polifemo, seduto su uno scoglio, che canta il proprio amore per la ninfa Galatea. Il mare è irraggiungibile per lui che non sa nuotare. “Sopporterei di essere bruciato anche nell’anima da te” (v.52), dice Polifemo rivolto al mare silenzioso. Il suo biasimo della madre perché non mette mai una buona parola per lui con la ninfa; la sua rabbia per non avere le branchie; la splendida e commovente dichiarazione d’amore a Galatea permettono di includere questo Polifemo distrutto nella classifica. La dolcezza e la sottigliezza della narrazione meriterebbero forse di stare al primo posto di questa classifica, ma in tutti noi è viva l’immagine del Polifemo odissiaco, che non può che far decrescere la nostra empatia con questo personaggio.
2. Ulisse
Sul podio non può mancare Ulisse: la sua storia è leggenda. Il racconto di Omero presenta un eroe in balia degli dei, del loro volere e della loro potenza. Ulisse è l’eroe conquistatore di Troia, che, nel momento del ritorno in patria si deve scontrare con l’ira di Poseidone, che lo costringe a vagare per il mare per dieci anni. Infine Ulisse tornerà in patria e riuscirà a scacciare gli usurpatori. Ma Ulisse è vinto anche perché la tradizione post-omerica è quasi interamente concorde nel sottolineare tutti i tratti negativi del personaggio: abbiamo in mente tutti quanti la sua descrizione dantesca Ecco, credo che questa tradizionale negatività dei suoi tratti, unita al suo vagare decennale gli abbiano fatto guadagnare il secondo posto.
1. Aiace Telamonio
Se sulle altre posizioni di classifica ci possono essere dibattiti o ripensamenti, il gradino più alto del podio è senza dubbio da assegnare ad Aiace Telamonio. La sua storia è nota principalmente dall’Iliade, dai Fatti dopo Omero di Quinto di Smirne e dall’omonima tragedia di Sofocle. Aiace è il più grande guerriero non semidio dell’esercito acheo: di fronte a lui Ettore ha timore e rischia più volte di essere sopraffatto. La storia di Aiace è fortemente legata a quella di Eracle: di ritorno dalle dodici fatiche, l’eroe si era fermato a trovare il suo grande amico Telamone, padre di Aiace. L’ospite gli aveva mostrato il figlio e Eracle, prendendolo in braccio, lo aveva avvolto completamente nella pelle di leone, la leonté, rendendolo così quasi invulnerabile. L’unico punto vulnerabile di Aiace rimane l’ascella, da cui era stato tenuto da Eracle. Questo elemento di invulnerabilità lo rende forse ancor più temibile di Achille, che invece era immortale, ma non invulnerabile. L’invulnerabilità di Aiace lo porta a compiere moltissime imprese davanti alle mura di Troia. Egli è l’eroe che recupera il corpo morto di Achille, ma dopo questo evento comincia la sua sfortuna. Grazie la sua astuzia, Odisseo riesce ad accaparrarsi le armi di Achille, che per diritto toccherebbero ad Aiace. Quest’ultimo, furente contro i capi achei trama di ucciderli. Atena, protettrice di tutti gli achei, infonde in lui la pazzia e così, Aiace, pazzo, scambia le greggi per i capi achei e si avventa violentemente contro di loro. Tornato in sé, Aiace si vergona della sua follia a tal punto da gettarsi con l’ascella sulla propria spada, dandosi la morte.