La costruzione del desiderio fra Eve e Villanelle in Killing Eve rimane talmente sospeso da far accusare la serie di queerbaiting.
Killing Eve è una serie crime di Waller-Bridge, in cui il topos principale è rappresentato dalla costruzione del desiderio fra le protagoniste, caratterizzato, in particolare, dalla componente ossessiva, dall’interdipendenza e da una curiosità omoerotica mai realmente confermata e resa esplicita.
LA STORIA DI EVE E VILLANELLE
Killing Eve è una serie televisiva britannico – americana prodotta da BBC one e BBC America che ha debuttato nell’aprile 2018: in totale, la serie conta quattro stagioni da otto episodi l’una. Tratta dalla serie di romanzi di Luke Jennings¸ Killing Eve: Codename Villanelle (2014 – 2016), Killing Eve è stata riadattata per la televisione da Phoebe Waller-Bridge e ha riscontrato, fin dalla prima stagione, un’ottima accoglienza sia da parte del pubblico che da parte della critica.
Nello specifico, la trama segue le vicende di Eve Polastri (Sandra Oh), un’agente dei servizi segreti britannici i cui interessi vertono principalmente verso il modus operandi e la psicologia delle donne killer: inizialmente impiegata nell’MI5, all’inizio della prima stagione è reclutata da Carolyn Martens (Fiona Shaw), capo di una divisione segreta dell’MI6, la quale dà alla protagonista l’opportunità di indagare su un’assassina internazionale, Oksana Astankova (Jodie Comer), conosciuta dai servizi con il suo pseudonimo, ossia Villanelle. Sullo sfondo delle indagini condotte dall’MI6 sulle uccisioni commesse dalla killer, si instaura fra Eve e Villanelle una sorta di ossessione reciproca: l’inquietudine iniziale data dalla ricerca investigativa assume le forme di una vera e propria tensione di natura sessuale e il ritrovamento di Villanelle diventa lo scopo esclusivo della vita di Eve. Alla luce di ciò, pertanto, alla base del significativo successo ottenuto sta la considerazione per cui l’adattamento televisivo di Codename Villanelle si è trovato nella posizione di raccogliere l’eredità di pubblico di due serie prossime alla fine e simili a Killing Eve per tematiche e ambientazione, ossia la serie di fantascienza femminista, Orphan Black (BBC America, 2013 – 2017) e lo spy – thriller storico The Americans (FX, 2013 – 2018): la vicinanza con queste due serie e la particolare congiuntura televisiva in cui avviene la messa in onda, infatti, collocano Killing Eve all’interno di un filone narrativo caratterizzato da un’intersezione critica fra la geopolitica e le evoluzioni del genere e della sessualità.
KILLING EVE E LE ACCUSE DI QUEERBAITING
Il finale della prima stagione si conclude con Eve e Villanelle che si dichiarano la reciproca attrazione ma senza che vi sia un’effettiva risoluzione o evoluzione di tale desiderio, rimanendo sopito e, in un certo senso, rimandato alla stagione successiva. Dopo la prima stagione, di conseguenza, il marketing pubblicitario di Killing Eve ha effettivamente seminato alcuni indizi tendenziosi che lasciavano presagire uno sviluppo significativo del rapporto omosessuale fra Eve e Villanelle come il trailer della seconda stagione, rilasciato, fra l’altro, il giorno di San Valentino (14 febbraio 2019), o alcune locandine promozionali, che citano frasi come “Has anyone seen my girlfriend?” o ancora “Have you told your husband about us, Eve?”. Tuttavia, nonostante le insinuazioni trapelate dalla campagna di marketing, fra la fine di maggio e l’inizio di giugno 2019, la rivista GAY TIMES pubblica un’intervista rilasciata da Jodie Comer e Sandra Oh, in cui le due attrici discutono sulla sessualità dei personaggi che interpretano. In tale occasione, Sandra Oh rispinge repentinamente qualsiasi sviluppo romantico o sessuale fra le due protagoniste, sostenendo non solo che un’ipotesi di questo genere non corrisponda alle intenzioni primarie della serie ma anche che il pubblico (soprattutto giovanile) abbia evidentemente operato una sovra-interpretazione, decisi a trasformare il rapporto fra Eve e Villanelle in qualcosa lontano da quello che è effettivamente. Le dichiarazioni dell’attrice anglo – canadese hanno scatenato, ovviamente, la rabbia del pubblico LGBT, soprattutto lesbico, il quale, attraverso tantissimi post su Twitter, ha accusato la produzione di queerbaiting: infatti, il finale ambiguo della prima stagione e la campagna promozionale della seconda sono apparsi innegabilmente in contraddizione con quanto affermato da Sandra Oh nell’intervista al GAY TIMES al punto da accusare la BBC America e Killing Eve di aver volutamente incoraggiato interpretazioni non veritiere al solo scopo di attirare anche l’audience LGBT. Esclusivamente alla luce della prima e della seconda stagione, pertanto, la questione appare estremamente controversa: da una parte, infatti, il caso di Killing Eve sembra corrispondere pienamente alla definizione di queerbaiting; dall’altro lato, tuttavia, se si considera il dettaglio non trascurabile che uno dei due personaggi è appartenente alla comunità LGBT (Villanelle, infatti, è verosimilmente bisessuale), la diatriba sulla presenza o meno di un contenuto esplicitamente queer, in un certo senso, si depotenzia e ciò che può essere etichettato come queerbaiting, in realtà, potrebbe essere interpretato semplicemente come un tentativo degli sceneggiatori di mantenere semplicemente alta la tensione fra i personaggi.
COS’È IL QUEERBAITING
In tempi più recenti, la circostanza per cui si realizzino più letture queer è influenzata e ampliata dall’espansione di Internet e dei social media, i quali hanno modificato in modo determinante le modalità di ricezione, analisi e discussione dei prodotti mediatici. Un esempio esemplificativo in tal senso è costituito sicuramente dal queerbaiting, ossia una strategia con cui scrittori e reti tentano di attirare l’attenzione degli spettatori queer tramite suggerimenti, battute, gesti, e simbolismo che suggerisce una relazione bizzarra tra due personaggi, per poi negare enfaticamente e ridere di questa possibilità. Nello specifico della produzione audiovisiva lesbica, l’esempio di queerbaiting più noto e condiviso dalla maggior parte del fandom e della critica è sicuramente Xena – Principessa Guerriera. Tale pratica, tuttavia, è stata (ed è tuttora) oggetto di analisi e, soprattutto, di discussione da parte delle comunità dei fan, i quali sostengono che la produzione audiovisiva si serva della strategia del queerbaiting letteralmente per adescare la comunità LGBT verso un prodotto cinematografico o seriale, raggirandolo con la farsa speranza che all’interno di quel prodotto vi sia un contenuto queer: nello specifico, infatti, alla radice dell’avversione nei confronti del queerbaiting¸ esiste una rabbia, da parte dei fan soprattutto appartenenti alla comunità LGBT, dovuta all’esperienza di una rappresentazione sostanzialmente povera ed esigua di personaggi queer, e alla consapevolezza che proprio questa scarsità rende l’audience LGBT talmente desideroso di vedersi rappresentato da essere più facilmente attirabile da strategie come il queerbaiting.