Disastri nucleari e contaminazioni: tra “Il colore venuto dallo spazio” e i ricercatori

Può un racconto del 1927 anticipare i disastri nucleari e le contaminazioni? Sì, se si tratta di uno degli scritti più apprezzati e all’avanguardia scaturito dalla penna di H. P. Lovecraft, anche per quanto riguarda la presenza di chi “investiga” sul fenomeno.

Due giorni fa è stata fatta un’intervista ad un gruppo di ricercatori dell’Università della Bicocca capitanato da Massimiliano Clemenza (esponente del Dipartimento di Fisica dell’ateneo), che da un po’ di anni utilizza un sistema di strumenti ad alta precisione per misurare la radioattività dei materiali.

Elena Di Stefano, 26 anni, ricercatrice del laboratorio fondato da Ettore Fiorini all’Università Bicocca.

Misurare la radiazione nucleare: una ricerca tutta italiana

Questo Laboratorio di Radioattività si occupa non solo di controllare mensilmente l’aria di Milano, ma anche di ricerche sulle nubi radioattive, così che in caso di incidente nucleare possano risalire all’origine delle emissioni monitorando costantemente i movimenti dell’aria. Viene subito sottolineato dagli addetti ai lavori che la struttura vanta di

“strumenti ad alta sensibilità, possiamo registrare segnali anche molto deboli.”

E ancora:

“E nel caso delle nubi radioattive abbiamo studiato modelli e algoritmi che ci permettono, quando la sorgente è ignota, di lavorare come “detective” e individuarla anche a migliaia e migliaia di chilometri.”

Al fianco di Clemenza ci sono anche Elena di Stefano (Dipartimento di Fisica) e Giovanni Baccolo (Dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra) che mostrano subito le apparecchiature nei laboratori, situati due piani sottoterra:

“Rilevatori al germanio per misurare le radiazioni dei raggi gamma. Sono strumentazioni molto sensibili, che hanno pochi centri al mondo.”

Clemenza aggiunge ancora:

“La nostra attività di ricerca principale è la selezione dei materiali a basso contenuto di radioattività per gli esperimenti di fisica delle particelle condotti nei Laboratori nazionali del Gran Sasso. E da due anni abbiamo messo a punto anche i nuovi modelli di retro-traiettoria per ricostruire il percorso di nubi radioattive.”

Il nucleare e la ricerca: da Fukushima alla Russia

La squadra è in attività a partire dal 2011 (dopo il disastro di Fukushima), rilasciando queste dichiarazioni in merito:

“Abbiamo misurato l’impatto a Milano, la ricaduta è stata un milionesimo di volte più bassa, migliaia di volte sotto il livello di attenzione. Ma siamo stati in grado di ricostruire che cosa è successo in quei giorni a più di novemila chilometri di distanza”.

Si è poi dimostrata ancora attiva sia nel 2017 con la comparsa di una nube di rutenio-106 nei cieli dell’Europa

“Abbiamo quantificato la presenza di diversi radionuclidi nell’atmosfera sopra Milano ma erano tracce deboli, sotto i livelli di attenzione. E per la prima volta, con altri scienziati, siamo riusciti anche a individuare la sorgente utilizzando i nostri modelli. Le due fonti più probabili sono in Russia dove hanno sede laboratori che trattano combustibile nucleare.”

e sia nell’ultimo intervento dell’8 agosto di quest’anno, quando il missile russo a testata e propulsione nucleare Burevestnik ha subito un’esplosione non indifferente in uno dei suoi reattori, a ridosso del Mar Glaciale Artico:

“Nell’aria di Milano non c’era evidenza di presenza di radionuclidi legati a incidenti nucleari.”

Sembrano dunque non esserci problemi seri nell’area più occidentale dell’Europa, ma il sospetto insabbiamento delle vicende dell’8 agosto da parte della Rosatom (Agenzia Nazionale Atomica Russa) unito alle sempre più frequenti segnalazioni di territori contaminati sia dalle radiazioni che dagli scarti tossici, rende il tutto molto più preoccupante e degno di attenzione.

 

Il meteorite e gli scienziati della Miskatonic University

Un gruppo accademico come quello della Bicocca e l’importante tematica delle radiazioni si possono notare fra le righe del racconto “Il colore venuto dallo spazio” dell’autore horror americano H. P. Lovecraft.

Scritto nel marzo 1927 e pubblicato nel settembre dello stesso anno sulla rivista Amazing Stories, questo racconto è considerato da molti lettori e critici uno dei migliori dell’autore. La trama è di per sé anomala per la fantascienza dell’epoca: il protagonista è un tecnico mandato dalla sua ditta a fare un sopralluogo in una zona campestre piuttosto particolare della cittadina di Arkham. Essa viene chiamata la Landa Folgorata per via del suo aspetto malsano, desolato, caratterizzato da una vegetazione anomala (con la totale scomparsa di fili d’erba) e da uno strato di polvere grigia che né il vento e né la pioggia riescono a togliere.

È il risultato dei cosiddetti “giorni terribili” e soltanto l’unico contadino rimasto ad abitare vicino alla Landa Folgorata, Ammi Pierce, riesce a raccontare al protagonista la tremenda vicenda che portò alla totale rovina anche una famiglia del posto, i Gardner (tra l’altro intimi amici dello stesso Ammi). Infatti, tutto iniziò con lo schianto di un meteorite nei campi di proprietà dei Gardner, dal quale si sprigionò una sostanza aliena che verrà chiamata semplicemente “colore”, la quale contaminerà tutta la zona e provocherà danni permanenti al territorio e agli esseri viventi.

Ciò che salta all’occhio è la sorprendente somiglianza tra gli effetti della sostanza e quelli della maggioranza dei disastri nucleari accaduti nella storia, mentre nell’epoca in cui visse Lovecraft l’argomento era agli albori e gli scienziati del tempo stavano cercando di scoprire la struttura dell’atomo. Il misterioso colore “brucia” e distrugge totalmente ed in modo inarrestabile tutto ciò che incontra, rendendo dunque immangiabili i frutti, facendo ammalare gli animali, contaminando l’acqua e mutando sensibilmente la mente e l’aspetto fisico degli esseri umani fino a farli impazzire, tramutandoli anche in degli esseri scheletrici dalla pelle grigiastra e malata, infine riducendoli in polvere.

Inoltre, verso la fine del racconto, viene implicitamente suggerito che la Landa Folgorata aumenterà di due centimetri all’anno poiché una parte del colore sopravvive ancora in fondo al pozzo della fattoria dei Gardner, continuando a nutrirsi come può e instillando nel lettore un profondo senso di angoscia e di pericolo costante.

Tornando alla parte iniziale del racconto, nel giorno in cui il meteorite precipita nel terreno si mobilitano tre professori provenienti dalla Miskatonic University di Arkham, per prelevare un piccolo campione dalla pietra e mettendosi subito all’opera in laboratorio come dei detective, utilizzando le più sofisticate apparecchiature in circolazione. La sostanza reagisce in maniera strana a tutti i test degli scienziati e per di più sprigiona uno spettro che non corrisponde a nessun colore conosciuto, assumendo una strana luminescenza nella notte e aleggiando come un gas durante le ore diurne, dando proprio l’impressione di essere una nube di materiale radioattivo.

Il problema della contaminazione e il ruolo dell’uomo

Dunque, in quasi 90 anni di anticipo con “Il colore venuto dallo spazio” e la Landa Folgorata come una specie di Zona di alienazione ante litteram (dato che l’aspetto è abbastanza simile ed entrambe le aree vengono subito abbandonate), Lovecraft sembra mettere in guardia con grande sguardo visionario sugli effetti di una sostanza sconosciuta che contamina il terreno e provoca così tanti danni all’ecosistema di un’intera porzione di territorio. Fortunatamente nella nostra epoca c’è molta più sensibilizzazione e consapevolezza sull’argomento soprattutto dopo i terribili eventi di Černobyl’ nel 1986, ed esso è tra i temi più importanti per la salvaguardia del pianeta e degli esseri viventi.

I disastri nucleari sembrano quasi dei mostri lovecraftiani usciti dai peggiori incubi del Maestro e in molti casi mettono davvero in discussione il reale ruolo dell’uomo di fronte alle calamità provocate da questo (indirettamente o meno) e l’eterna lotta del genere umano contro tutte le complicazioni che possono sorgere.

Ma quanto l’uomo può effettivamente fare, sia nel proprio piccolo (come il centro della Bicocca) che in grande, per cercare di prevenire o arginare il problema, prima che l’intero pianeta diventi una Landa Folgorata che si espande sempre di più?

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