Il film di Mel Gibson, nonostante l’acclamazione indiscussa di critica e pubblico, presenta diverse inesattezze storiche che possono far storcere il naso a qualche esperto del settore.

Sono ormai passati quattordici anni dall’uscita di Braveheart, diretto e interpretato da Mel Gibson. Film dall’importanza capitale sia dal punto di vista cinematografico, per essere stato uno degli ultimi film del suo genere a essere realizzato interamente senza computer grafica, e per le musiche del compianto James Horner (che si vide soffiare l’oscar da “Il postino”, forse immeritatamente), ma anche per il ruolo sociale che ricoprì, richiamando alla mente della popolazione scozzese la sua identità e indipendenza nazionale, e portando, o almeno aiutando a fare ciò, a un referendum nel 1997 per ristabilire il Parlamento Scozzese, vinto dal Sì. Eppure nessuna rosa è senza spine.
Al principio delle guerre
Già l’incipit del film mostra le cause dello scoppio della guerra, combattutasi, fra varie riprese, tra il 1296 e il 1328 e nota come Prima guerra d’indipendenza scozzese, poiché di guerre d’indipendenza la Scozia dovette combatterne ben due. La seconda avvenne invece fra 1332 e 1357, ma in questa sede non serve parlarne. Nonostante i primi minuti del film mostrino come i nobili scozzesi fossero stati trucidati da un piano ordito da Edoardo I Plantageneto (nome latinizzato che sta per “pianta di ginestra”, stemma della famiglia reale che discendeva direttamente da Guglielmo il Conquistatore): in realtà il re si era sì intromesso nella contesa, ma senza mai ricorrere alle armi né soprattutto senza uccidere alcun contendente, anzi egli stesso era stato richiesto dai nobili scozzesi per fare da arbitro nel contenzioso che si stava creando e che avrebbe potuto portare alla guerra civile poiché gran parte dei clan poteva vantare discendenze reali, soprattutto dal re scozzese più importante di tutti fino a quel momento, il Re David I. La vera astuzia di Edoardo stette nell’accettare di fare da arbitro solo alle sue condizioni, ossia essere riconosciuto da tutti i lord scozzesi come Lord Supremo, facendo leva sul fatto che il motivo per cui la Scozia era rimasta senza Re era che l’ultima rappresentante della corona scozzese, l’infante Margherita, era morta durante un viaggio diretta proprio verso la corte d’Inghilterra per sposare il figlio del Re, Edoardo II. I nobili si ritrovarono costretti ad accettare, spinti in parte dalla paura di perdere altrimenti i territori che già possedevano o da accordi stretti direttamente col Re. In cambio il Re dette la corona a John Balliol, il quale la tenne fino al 1296. Edoardo era convinto che ormai la Scozia fosse sua vassalla e così la trattava, commettendo un grosso errore. Il Re inglese si stava infatti preparando per la sua spedizione contro la Francia e aveva richiesto anche aiuti dalla Scozia, ma il Re John, d’accordo con gli altri nobili, si rifiutò di concederli e anzi mandò un’ambasciata alla Francia, dalla quale nacque un’alleanza duratura nota come “Auld Alliance“. Questa azione diplomatica non passò inosservata agli occhi di Edoardo, che organizzò un azione punitiva dalla quale sarebbe nata la guerra d’indipendenza scozzese.

Robert Bruce
Una delle figure più amate dagli scozzesi, secondo solo al coevo William Wallace, Robert Bruce, è in realtà anche una delle più controverse per gli storici, seppure è indubbio il suo valore nel combattere al capo delle armate scozzesi dopo la morte di Wallace, dal 1305. La sua ambiguità deriva dal fatto che forse (le fonti sono molto vaghe e rade) egli, almeno inizialmente non si schierò al fianco dei lord nelle prime fasi della guerra e rimase neutrale, e non è un caso che Edoardo I, allo scoppio della guerra, tolse diversi castelli a John Balliol per darle a Robert Bruce VI, lord di Annandale e padre del più celebre Re di Scozia. Questa figura nel film di Gibson è molto vaga: il padre di Robert è rappresentato come un lebbroso rinchiuso in una fortezza di Edinburgo che si limita a dare consigli al figlio riguardo al mantimento di terre e titoli piuttosto che all’indipendenza della Scozia. Considerando la mentalità dell’epoca questo potrebbe essere vero, ma ciò che stupisce è il fatto che mentre Robert figlio nella storia si limitò ad accettare la superiorità di Edoardo e nel mentre continuò a radunare forze alle sue spalle per poter continuare la guerra, in Braveheart Bruce giunge perfino a far parte dell’armata nemica, giocando un ruolo importante della disfatta scozzese nella battaglia di Falkirk (1298). Un altro aspetto della personalità di Robet Bruce ignorato è la sua rivalità con l’altro grande pretendente al trono di Scozia, John Comyn, col quale fu costretto ad allearsi col duplice scopo di evitare lo scoppio di una guerra civile e radunare più forze possibili per la guerra contro Edoardo. Per fare da intermediatore fra i due fu scelto William Lamberton, Vescovo di Saint Andrews. Il vescovo, dopo un periodo di effettiva mediazione, si pensa patteggiò per Bruce (nonostante una sua parentela con la famiglia dei Comyn), portando a uno dei gesti più controversi di tutta la storia delle guerre d’indipendenza: l’uccisione di John Comyn da parte di Robert Bruce nel Febbraio del 1306. I motivi di questo stto sono discordi, fra chi pensa che Robert uccise il rivale per rimanere l’unico pretendente al trono ( e infatti l’incoronazione ufficiale di Bruce avvenne qualche settimana dopo, il 25 Marzo 1306 a Scone, per mano proprio del vescovo Lamberton), e altri che pensano che Bruce agì per scongiurare il tradimento in atto da Comyn, il quale si pensava collaborasse in realtà con Edoardo I (che sarebbe morto l’anno successivo, il 1307).

William Wallace
Il protagonista dell’indipendenza scozzese, il guerriero che con le sue stratrgie riuscì a sconfiggere a più riprese il superiore in numero e tecnologie nemico inglese, Wallace si merita la fama che oggi gli viene data per innumerevoli motivi, di cui Mel Gibson si fa grande e degno interprete. Eppure qualche errore c’è. Anzitutto, nessuna fonte parla dell’infanzia di Wallace, per cui non si sa se questi in gioventù visitò o venne istruito in Francia o addirittura Roma (questa opzione è altamente improbabile) come invece spiega lo stesso Wallace nel film. Inoltre mentre nel film l’assassinio della famiglia Wallace avviene quando William era ancora bambino, in realtà questi era circa ventenne nel momento fatale, e già in buone condizioni economiche e sociali. La storia d’amore con l’umile Marion proviene invece, come altri fatti del film, da una fonte, ma si tratta di un poema, il The Wallace, scritto nel XV secolo da Blind Harry, scrittore scozzese di cui poco si sa, per cui lo scritto, anche per la sua natura romanzata, non è certo fonte affidabile. Di più si può dire sulla storia di Wallace dopo l’inizio delle sue rivolte. Il momento in cui il generale giunse alla gloria è senza dubbio la battaglia di Stirling Bridge (1297), in cui Wallace riuscì a sconfiggere, in inferiorità numerica, una delle truppe più temute di tutta Europa, la cavalleria pesante inglese. Tuttavia la vittoria avvenne non come in Braveheart, con dei pali appuntiti che poco potevano contro le armature dei soldati e dei cavalli, bensì con un’altra strategia all’apparenza molto più semplice: sfruttando il loro stesso peso. I due eserciti si trovavano su rive opposte del campo di battaglia, collegati da un vecchio ponte di legno. Quando la cavalleria partì all’assalto fu limitata dalle misure del ponte, per cui perse il vantaggio numerico dovendo procedere in coppia, e riempendolo di cavalli corazzati questo presto crollò, portando con sè gran parte della cavalleria. Il successo della battaglia portò grande fama a Wallace, che dopo qualche settimana fu acclamato come Guardiano di Scozia, come anche il film mostra. Ciò che il film non mostra è che tale carica durò solo un anno, poichè nel 1298, dopo la sconfitta di Falkirk, Wallace rinunciò al titolo e si diresse in Francia a cercare alleanze, combattendo anche qualche battaglia per la corona francese, mentre nel film Wallace continuò a combattere nella propria patria andando a caccia di lord corrotti. Un’ultima nota a margine riguarda l’abbigliamento di Wallace, raffigurato col classico kilt. In realtà le varie sculture, dipinti o incisioni lo rappresentano con abiti monastici e sotto una maglia di ferro o in armatura per un motivo estremamente semplice: il kilt ancora non esisteva. Questo in realtà è un’invenzione dei primi del Settecento, data ai lavoratori per poterli far lavorare meglio e basata sugli antichi abiti della gente più povera del luogo, spacciata come elemento di distinzione nazionale sin da subito con risultati visibili ancora oggi.

La realtà cinematografica
Tutto questo era solo una parte sommaria di tutto l’insieme che rappresenta il complesso scenario delle guerre d’indipendenza scozzese, e di certo un film come Braveheart non poteva permettersi di esaminare questi aspetti perché il suo obiettivo era diverso, ossia far breccia nei cuori degli spettatori (non solo scozzesi) e far sentire chiunque lo guardasse, per quei 178 minuti, un po’ scozzese. L’obiettivo di Mel Gibson non era trasmettere i valori storici degli scozzesi, ma quelli morali, quelli che lo rendono diverso da un inglese o da un irlandese, e in ciò Braveheart si fa interprete perfetto di cose che vanno oltre la storia conosciuta per divenire storia ideale. In fondo, si ricordi che la storia, e soprattutto quella antica e medievale, si basa sui ricordi di chi scrive quelle che per noi sono fonti, per cui si può anche trattare di pensieri, e in quanto tali idealizzati e interiorizzati, pensieri che ci precludono l’accesso a una realtà oggettiva. E se l’accesso a questa oggettività è precluso, non si può certo obiettare troppo su chi ha la propria visione della storia scozzese come la storia di quei “guerrieri poeti” che combattevano vestiti di stracci e con un kilt, condividendo però dei valori coi loro discendenti 1700 anni dopo.