Da Tolomeo a Google Maps: tre curiosità sulla relazione tra uomo, spazio e tempo

Cosa si dà più per scontato al giorno d’oggi? La comunicazione? Possibile. L’informazione? Assolutamente sì. La rapidità? Anche. E che dire della facilità di spostamento o la relatività del tempo?

Inutile sottolineare che prima di Google Maps di acqua sotto i ponti ne è passata. Vi siete mai chiesti quale fosse la concezione dello spazio e del tempo dall’antichità fino a Waze? Anche se non vi è mai venuto questo dubbio, ci penso io, anticipatamente, a fugarlo.

Da Tolomeo…

È difficile abbracciare lo spazio di un parco, figuriamoci quello del mondo e pensare a quanto ci siano effettivamente andati vicini gli antichi è straordinario. Due sono, però, le modalità con le quali gli antichi affrontavano la cartografia: perfettamente congeniata al fine e dunque pratica o estremamente simbolica. Se si voleva rappresentare la grandezza di una nazione la carta avrebbe avuto una forma prevalentemente artistica, se invece lo scopo era quello di puro utilizzo, come avveniva quasi sempre, i calcoli sarebbero stati quelli da seguire. Ma quali calcoli? Chi riuscì, con grandi errori ma avanguardia per il suo tempo, fu Tolomeo. Lo straordinario apporto della figura di Tolomeo per la cartografia risiede nel fatto che, pur vivendo e operando nel II secolo dopo Cristo, le sue indicazioni e i suoi calcoli siano stati validi per molti dei secoli successivi e abbiano funto da base alle ricerche successive. Tutt’ora, chi opera in questo campo, ha sempre presente e saldi i calcoli di Tolomeo e molte sono ancora i dubbi che devono essere fugati riguardo alla sua metodologia. E questo è straordinario.

… ad Atlante

E ancora: abbiamo detto, però, che oltre a essere strumento concreto, la carta e la rappresentazione di spazialità erano quanto mai simbolici e rappresentavano molto spesso altro. L’idea di Stato, nel XVI, si costruisce intorno a questo: per rappresentare la grandezza di Carlo V il sovrano aveva costruito la sua immagine intorno a quella mitologica di Ercole – sì con tanto di fatiche e passaggio delle colonne omonime. Per un verso, quindi, le scelte morale e religiosa venivano presentate attraverso la metafora spaziale, e del percorso geografico, dando alla cartografia una autorevolezza didattica; per l’altro verso, la sovranità adottava la rappresentazione cartografica come linguaggio, resa attendibile dalla scientificità dei mezzi adottati per produrla, fondati sul sapere astronomico e geografico; una scienza «divina» trasmessa agli uomini attraverso la figura di Ercole/Atlante, i panni e le posture dei quali i potenti e sapienti del tempo facevano a gara a imitare.

Passando per i Luba

Ma in tutto ciò, il tempo? Il tempo è un elemento ancora più particolare dello spazio, poiché, anche oggi, ha prevalentemente concezione simbolica. Come con la geografia, anche il rapporto con la percezione di noi e della storia e di noi nella storia è diverso in relazione al contesto, ai soggetti e ai popoli che si percepiscono, come e lo percepiscono. Ad esempio, la narrazione orale della storia dei Luba della Repubblica Domenicana del Congo è dinamica e cangiante, che avviene di continuo nel tempo presente ed è rappresentato da una tavoletta lignea, la Lukasa. Questa è formata da intrecci di perline o ideogrammi che servono a ricordare persone, luoghi, cose e relazioni e la narrazione di essi è data in relazione al maestro che la fa che le reinterpreta in relazione al contesto: quindi è una storia fluida, non ferrea e fissa nella distinzione di prima e dopo, di presente e passato.

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