Da Philip K. Dick a Gibson: ecco come arginare le distopie legate all’I.A.

Al “Next Generation AI” si è pronunciato Barachini sulle regole introdotte per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

L’intelligenza artificiale sta permeando tutti gli aspetti delle nostre vite. Non si parla solo della vita privata, ma anche professionale. Infatti, l’utilizzo professionale in vari ambiti è ormai cosa comune, se non addirittura incentivata. Anche nelle scuole si sta cercando di implementare l’utilizzo di intelligenze artificiali. Il lato umano delle professioni sembra andare in secondo piano, dando spazio alle facilitazioni che questo strumento può offrire. Sembrerebbe che anche nelle categorie più artistiche, dove l’umano dovrebbe essere al centro di ogni cosa, l’implementazione di questa tecnologia stia prendendo sempre più piede. Chiaramente è potenzialmente illimitato l’utilizzo che se ne può fare ed è proprio per questo che è necessario, quantomeno, introdurre delle regole rigide da dover seguire.

Il rischio della macchina

Più sono le possibilità legate ad una nuova tecnologia e più sono i rischi che essa può portare con sé. Le opere di fantasia, che siano serie TV, film o romanzi, ci hanno sempre avvisati. Preservare il lato umano è la necessità fondamentale a questo punto. La creazione di qualcosa che ci semplifichi la vita, ma che rischia pure di non farcene più avere una, è da monitorare. Siamo immersi nella tecnologia e non ci è possibile non dipendere da essa. L’impatto che potrebbe avere l’uso delle IA è proprio quello di non poter più essere autonomi nella gestione di diversi aspetti delle nostre vite. Per quanto le macchina ci abbiamo semplificato la vita, è anche vero che rischiano di togliercela dalle mani. Non solo nel senso metaforico. L’impatto ambientale dei vari software non è di poca rilevanza. Solo nell’addestramento di una IA si emettono 550 milioni di tonnellate di anidride carbonica, per non parlare dell’acqua utilizzata per raffreddare i server.

La normativa UE

Il primo regolamento al mondo sull’intelligenza artificiale è rappresentato dalla “Artificial Intelligence Act”. L’obiettivo è quello di accertarsi che i sistemi di IA all’interno del mercato europeo siano sicuri e rispettino i diritti dell’Unione Europea. In particolare, il testo vuole classificare i sistemi di IA in base al livello di rischio e introduce i requisiti e gli obblighi per la loro immissione nel mercato europeo. Alcune IA potrebbero quindi essere vietato nell’UE. Questo regolamento è stato presentato ad aprile 2021 e approvato a marzo 2024. Nel corso dell’anno, i paesi membri dovranno applicare il testo. Proprio in ragione di questo, anche lo stato italiano ha introdotto delle linee guida e dei regolamenti specifici. In particolare, l’intervento di Barachini ha specificato quelle che sono le regole che andranno seguite all’interno del mondo dell’editoria.

Arginare la distopia

Rendere l’uomo più pigro. Delegare alle macchine. Perdita di capacità banali. Essere legati a delle macchine. Queste e tante altre sono le paure che derivano dall’utilizzo sempre più capillare di nuove tecnologie. Esseri umani che perdono il lato umano. Un mondo meno naturale e molto più grigio e digitale. Un mondo asettico. Un mondo che senza apocalisse, assomiglia al post-apocalittico di Philip K. Dick. Nel romanzo “Il cacciatore di androidi” il legame tra uomo e natura è scomparso. Gli uomini si servono di androidi come schiavi e le relazioni umane sono scomparse. Il dilemma vero è capire se gli androidi possano effettivamente essere trattati come tali, oppure se hanno un lato umano. Ma la vera domanda è: che cosa si intende per essere umano? Una volta che ci serviamo così costantemente delle macchine, una volta che non sono più solo degli strumenti, ma sono parte integrante e fondamentale delle nostre vite, siamo ancora umani?

La difficoltà nel percepire la nostra relazione con le macchine viene descritto molto bene anche dal padre del Cyberpunk. William Gibson, nel suo “Neuromante”, descrive molto bene l’alienazione delle persone, derivata dall’uso costante di macchine e l’immersione nel cyberspazio. In questa opera sono proprio le intelligenze artificiali e le megacorporazioni a governare il cyberspazio. Sono entità che non sono assenti anche nella nostra realtà. L’individuo non è più libero. I personaggi si sentono liberi solamente all’interno del cyberspazio, rifiutando la loro vita reale, considerata grigia e priva di senso. La nostra dipendenza da internet, dai social e la nostra assuefazione di contenuti ci porta a questo. La breve iniezione di piacere che comportano questi contenuti non sono altro che un medicinale palliativo per la sensazione di alienazione costante.
L’avanzamento tecnologico non è per forza un progresso umano o sociale, ma potrebbe portare ad un futuro grigio, dove l’umanità potrebbe perdere proprio ciò che la rende umana.

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