Un risultato tutto italiano
Pubblicata sulla rivista Cell Death and Disease, la ricerca è stata condotta da Angelo Vescovi e Jessica Rosati, dell’IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) Casa Sollievo della Sofferenza e dall’associazione Revert, in collaborazione con la Fondazione Cellule Staminali di Terni e con l’Università di Milano Bicocca. Trasformare le cellule del nostro organismo riportandole ad uno stadio di pluripotenza: questo è lo scopo dello studio che, entro un paio di anni, potrebbe rivelarsi già applicabile ad altissimi livelli. Prima di passare alle possibili applicazioni in campo medico di questa scoperta, è bene fare chiarezza sulle caratteristiche di queste staminali totipotenti.

Le staminali che danno speranza
Le cellule staminali embrionali umane (ES) sono cellule pluripotenti, possono cioè generare ogni altro tipo di unità biologica del corpo (muscolare, nervosa, epiteliale, ecc.). Sono ottenute dagli embrioni umani ai primissimi stadi – detti “di blastocisti“- dello sviluppo, infatti questo tipo di cellule veniva prelevato dai feti abortiti spontaneamente. Questa si riteneva potesse essere l’unica fonte di staminali pluripotenti, fino a quando nel 2006 Shinya Yamanaka, medico giapponese e professore all’Università di Kyoto, ha dimostrato che le cellule della pelle possono essere riprogrammate in cellule pluripotenti “indotte” (iPSC).

Da una biopsia della cute vengono prese cellule epiteliali che vengono riprogrammate e fatte regredire fino ad uno stadio in cui sono in grado di svilupparsi in più direzioni. Quelle che si ottengono sono cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) e il metodo è analogo a quello messo a punto nel 2006, che nel 2012 è valso il Nobel per la Medicina al giapponese. Da qui l’ulteriore trasformazione, mediante riprogrammazione genetica, in cellule nervose che vengono poi impiantate nel SNC di pazienti affetti da gravi patologie neurodegenerative.
I possibili utilizzi
Le potenzialità di sviluppo terapeutico di queste nuove unità biologiche sono notevoli e pressochè illimitate. In un futuro non lontano si potranno moltiplicare ad oltranza le cellule umane riprogrammate e conservarle in una banca per ogni singolo paziente, eliminando l’uso di farmaci immunosoppressivi, visto che il rischio di rigetto è praticamente nullo. Questo permetterebbe di espandere l’applicazione della terapia dalle malattie cerebrali a molte più patologie di quanto ad oggi possibile.

Ad oggi la pratica si propone di combattere patologie come la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), che colpisce il sistema nervoso e, più in particolare, i motoneuroni (cellule nervose che permettono il movimento) di corteccia cerebrale, tronco encefalico e midollo spinale, o la Sclerosi Multipla – sempre di tipo neurodegenerativo – che comporta demielinizzazione degli assoni dei neuroni del SNC.
Umberto Raiola