In Italia il trattamento dei disturbi dell’alimentazione ha uno spazio tutto suo. Il Tavolo di lavoro coordinato dal ministero della Salute ha dato vita al “codice lilla” tramite un nuovo codice di raccomandazioni per il trattamento del disturbo in questione.
Cosa sono i disturbi alimentari?
Soffrire di disturbi del comportamento alimentare (DCA) ha conseguenze più gravi di quanto generalmente si pensi. Questi disturbi non hanno a che fare solo con il dimagrimento, le condotte di eliminazione o la limitazione nell’ingestione di cibo, c’è molto di più. Nel nostro Paese si stima che siano quasi 3 milioni le persone affette da questi disturbi. L’attenzione pubblica nei confronti dei disturbi alimentari è cresciuta (soprattutto per l’elevata percentuale di giovani e adolescenti che ne soffrono) e con essa anche le opere di sensibilizzazione e promozione della salute. Ad esempio il 15 marzo è stata indetta la Giornata Nazionale del fiocchetto lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare. Anche il numero di programmi psicoeducativi (scolastici e non) è in crescita, come le campagne promulgate dai media contro l’anoressia e la bulimia. Sono diverse, ad esempio, le modelle che hanno affrontato pubblicamente il loro problema legato ai disturbi alimentari come opera di sensibilizzazione. L’ex modella francese Victoire Maçon Dauxerre (nella foto) ha raccontato come opera il mondo della moda, le frustrazioni, le diete impossibili, ed ha aiutato il suo Paese a promulgare una legge di tutela per la salute delle modelle. Ma cosa s’intende esattamente quando si parla di disturbi dell’alimentazione?
Il DSM-5 (il manuale diagnostico e statistico utilizzato sia in ambito clinico che in quello di ricerca da psicologi, psichiatri e e medici in tutto il mondo) prende in esame i disturbi dell’alimentazione nel capitolo “Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione“. I disturbi dell’alimentazione più diffusi sono l’anoressia nervosa, il binge eating e la bulimia nervosa. Non c’è un età precisa in cui i disturbi insorgono, ma i tassi sono più elevati tra gli adolescenti. Statisticamente le donne sono più colpite degli uomini, ma i DCA interessano entrambi i sessi. Le ripercussioni fisiche riguardano l’acquisizione o la perdita smodata di peso, problemi cardiovascolari, squilibri ormonali, lesioni del tessuto dello stomaco e della gola (dovute al vomito), problemi renali e spossatezza. Psicologicamente parlando, i DCA sono associati alla depressione, ai disturbi d’ansia, a disturbi di personalità e della condotta oltre che ad alti tassi di suicidio e morte improvvisa.
Guarire è possibile? L’introduzione del “codice lilla”
Le terapie per il trattamento dei DCA sono di tipo cognitivo-comportamentale. Durante le sedute si aiuta il paziente a mettere in discussione le credenze personali riguardo al peso e all’immagine corporea, aiutandolo anche a trovare alternative salutari per mantenere il peso nella norma senza diete o restrizioni irrealistiche. Diffusa è anche la terapia farmacologica che aiuta a combattere i sintomi depressivi e, di conseguenza, aiuta a diminuire le condotte alimentari a rischio. Non sempre però chi soffre di un disturbo decide di chiedere aiuto. I tassi di ospedalizzazioni per chi soffre di problemi alimentari sono alti. Per questo motivo, pochi giorni fa, è stato redatto un codice di raccomandazioni per personale ospedaliero e familiari che aiuta al trattamento di questi pazienti. Il Tavolo di lavoro coordinato dal ministero della Salute ha dato vita al “codice lilla“, un codice di pronto soccorso specifico per le persone che soffrono di DCA. La giuda indirizza gli operatori sanitari all’accoglienza e al trattamento dei pazienti, ma fornisce anche indicazioni per i parenti per il riconoscimento dei sintomi, indicazioni sul disagio provato dai pazienti.
Questo piccolo passo è molto importante. Ancora oggi infatti sono poche le indicazioni per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione e, spesso, parenti e amici non riconoscono il problema quando nasce, ma solo quando la condizione rende necessario l’intervento della medicina. Sensibilizzare ed istruire gli operatori sanitari e le famiglie è un buon inizio per scongiurare un disturbo che (ricordiamo) riguarda soprattutto i più giovani, ma anche per aiutare chi ne soffre a non sentirsi “sbagliato” e inadatto.
Valentina Brina