Cosa è successo davvero il 22/11/63.
L’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy è un tema scottante ancora oggi negli U.S.A., sono molti i dubbi e le teorie del complotto che lo riguardano e l’opinione pubblica spinge per sapere la verità. Scopriamo quindi quali sono gli aspetti più controversi riguardo all’ultimo assassinio di un presidente americano.
Chi è stato?
Il responsabile dell’assassinio venne ritenuto Lee Harvey Oswald. Subito fu catturato per l’assassinio di un poliziotto e in seguito imputato anche dell’assassinio del presidente Kennedy ma lui non confessò mai e sostenne di essere un capro espiatorio. Dopo un interrogatorio durato cinque ore, Oswald fu accusato dalla Polizia di Dallas di essere la persona che aveva assassinato un poliziotto, anche se al momento, non erano disponibili prove positive di identificazione dell’arma da fuoco, né delle impronte digitali. Durante un’intervista con i giornalisti Oswald affermò che lui non aveva sparato né al poliziotto né al presidente Kennedy e che nella cospirazione per ammazzare il presidente Kennedy il suo ruolo era stato quello di essere il capro espiatorio. Circa alle ore otto di sera il capitano John Will Fritz riprese l’interrogatorio di Oswald, questa volta indagando l’omicidio del Presidente Kennedy. Alle ore 22:30 Oswald fu accusato dal Capitano Fritz, della Polizia di Dallas di cospirazione e dell’assassinio del Presidente Kennedy. Il secondo interrogatorio di Oswald durò circa 2 ore e 30 minuti e durante questo non fu presente alcun avvocato, non vi fu una registrazione stenografica, nessun verbale fu redatto. Alle 1:30 del 23 novembre Oswald fu formalmente imputato dell’omicidio di Kennedy e nessun avvocato fu nominato per rappresentare gli interessi di Oswald in una qualsiasi delle indagini governative. Oswald fu condannato dalla Commissione Warren, sulla base di indizi, senza che abbia mai avuto alcun difensore e alcun processo. Oswald non arrivò mai a un regolare processo perché venne ucciso a sua volta due giorni dopo l’arresto dal gestore di un night club, Jack Ruby il quale, subito arrestato e interrogato dalla polizia di Dallas, sul motivo del suo gesto, disse: «Volevo risparmiare alla moglie del presidente il processo dell’uomo accusato di aver ucciso il marito».
Il mistero della “pallottola magica”
La commissione Warren, incaricata di indagare sull’omicidio, affermò una tesi, passata alla storia come quella della “pallottola magica“, che si riferiva a quel proiettile (dei tre ufficialmente sparati da Oswald) che causò sette ferite complessive a Kennedy e al governatore Connally, rimanendo sostanzialmente integro.
La cosiddetta “pallottola magica” dalla traiettoria impossibile secondo alcuni, sulla base del filmato girato da Abraham Zapruder, sarebbe incompatibile con il numero e la distanza dei fori delle pallottole sul corpo di John Kennedy. Tra le obiezioni più forti alla tesi del proiettile singolo da dietro, infatti, si è sostenuto che un proiettile non poteva provocare sette ferite, trapassando due corpi, e restare intatto. Secondo la commissione Warren il proiettile sarebbe entrato nella schiena di Kennedy e uscito dalla trachea, poi colpì Connally, in posizione non allineata col presidente, incrinandogli una costola, raggiungendo e fratturandogli il radio, e persa potenza, si fermò nella coscia (successivamente cadde nella barella, danneggiata in parte dall’impatto con le ossa del governatore, ma intera). A causa di questa teoria, e di varie testimonianze dove si afferma che i colpi sparati non furono solo 3 ma anche 4 o 7 (sparati da più persone e non solo da Oswald), le ipotesi che vedono JFK come vittima di un complotto organizzato dai servizi segreti e dalle alte sfere del governo hanno preso sempre più piede.
Le ipotesi di complotto
Oltre al mistero sulla quantità di colpi esplosi, all’inusuale “Non processo” di Oswald e al numero dei tiratori, ad alimentare le ipotesi di complotto c’è anche il fatto che la commissione Warren e la famiglia Kennedy optarono per il segreto di stato sui documenti riguardanti l’omicidio. All’indomani dell’omicidio nel 1963, il 52% degli americani credeva che Kennedy fosse vittima di una cospirazione. Nel 1976, dopo la guerra del Vietnam e il Watergate, la teoria del complotto convinceva ben l’81% degli americani. La cifra si è leggermente ridotta nel 2003, in piena era Bush, quando intervistati, tre americani su quattro si sono detti convinti che la verità sull’omicidio Kennedy sia ben diversa dalla versione ufficiale.
La connessione con la P2
In macchina con Kennedy e la first lady, quel giorno a Dallas c’era il Governatore del Texas John Connally. Un nome che curiosamente comparirà nei verbali delle varie inchieste italiane sulla Loggia Massonica P2: Connally, fervente anticomunista, in seguito ministro del tesoro sotto Nixon, era infatti amico e sodale del venerabile Licio Gelli (capo della loggia e probabilemnte mandante della strage di Bologna del 1980). Come ha scritto l’ex giudice Ferdinando Imposimato nel libro La repubblica delle stragi impunite: “È sorprendente, ma nelle storie tragiche di Kennedy e Moro si ritrovano gli stessi personaggi, legati alla mafia e alla massoneria, come il governatore del Texas, John Connally, e il suo braccio destro Philip Guarino”.
Il quarto omicidio presidenziale
John Fitzgerald Kennedy (JFK) non è stato l’unico presidente assassinato, bensì il quarto. Prima di lui toccò a: Abraham Lincoln, ucciso il 15 aprile 1865 da John Wilkes Booth nel celebre attentato al Ford’s Theatre; James Garfield, morto nel 1881, due mesi dopo essere stato colpito da un proiettile sparato da un avvocato disoccupato; William McKinley, morto il 14 settembre 1901 a causa delle ferite causate da colpi di rivoltella esplosi da un anarchico dopo un suo comizio. Oltre a questi 4 presidenti, fu vittima di un tentato assassinio anche il presidente Ronald Reagan, il 30 marzo 1981 infatti uno squilibrato, che col suo gesto desiderava attrarre su di sé l’attenzione dell’attrice Jodie Foster, sparò a Reagan perforandogli il polmone sinistro.
La maledizione dei Kennedy
La credenza nella maledizione dei Kennedy collega tra loro una serie di omicidi, incidenti e altre disgrazie che hanno coinvolto direttamente la famiglia Kennedy e le persone attorno ad essa, portando molti dei suoi membri a morti premature e non naturali. La frequenza e la violenza con cui queste sfortune si sono abbattute sulla famiglia, nel giro di pochi decenni, hanno portato, specialmente in America, alla credenza popolare che vede i Kennedy soggetti ad una tremenda maledizione.
Il 22 novembre 1963 il presidente John F. fu assassinato a Dallas, in Texas, e cinque anni più tardi la stessa sorte toccò al fratello Bobby. Nel 1964 Ted, il fratello più piccolo di JFK, rischiò di perdere la vita in un incidente aereo. Dopo un lungo ricovero, se la cavò nonostante avesse un polmone perforato, alcune costole rotte e diverse emorragie interne. Ma scontò cara questa fortuna: nel luglio 1969, dopo una festa, perse il controllo della sua auto e causò la morte di una ventottenne. Fu condannato a due mesi di carcere per omesso soccorso, episodio che molto probabilmente fermò la sua ascesa alla Casa Bianca. La maledizione non ha risparmiato neanche i nipoti e i pronipoti. John F. Kennedy e la First Lady Jacqueline Kennedy Onassis persero due dei loro quattro figli in tenera età: la primogenita Arabella nacque morta, mentre Patrick Bouvier si spense a causa di una malattia ai polmoni a due giorni dal parto. Commovente fu il caso di John Fitzgerald Jr, l’erede maschio dell’ex presidente Usa, che perse la vita in un incidente aereo, condividendo con il padre il nome e una morte improvvisa sopraggiunta nel fiore degli anni. Gli eredi di Bobby furono perseguitati da dipendenze e depressione: David A. Kennedy fu trovato morto nella sua stanza d’albergo a Palm Beach per una probabile overdose di cocaina; stessa sorte per la nipotina Saoirse Roisin Kennedy Hill, anche lei morta per overdose nell’agosto 2019, all’età di ventidue anni. Anche Michael LeMoyne Kennedy, sesto figlio del senatore Robert, non sfuggì alla maledizione: fu coinvolto in un incidente mortale sulle piste da sci, nel 1997. L’ultimo capitolo della maledizione è stato scritto solo poco tempo fa, quando ad aprile 2020 Maeve Kennedy Townsend McKean, nipote di Robert F., è morta annegata insieme al figlioletto di otto anni.
Oltre a loro anche Marilyn Monroe le cui circostanze della sua prematura morte, dovuta a un’overdose di barbiturici, sono state oggetto di numerose congetture, sebbene il suo decesso sia ufficialmente classificato come “probabile suicidio”. La successiva sparizione di tracce e documenti dalla casa dell’attrice, dove sembra fosse stato anche Bob Kennedy la sera della morte, nonché innumerevoli omissioni e varie incongruenze nelle dichiarazioni dei testimoni e nel referto autoptico, hanno dato adito a molteplici dubbi sugli eventi di quella notte. Tra le varie versioni formulate, una ipotizza la complicità dei Kennedy, che vedevano nella Monroe, che si era detta pronta a dichiarare pubblicamente le loro relazioni con lei (aveva infatti frequentato entrambi i fratelli Kennedy), una minaccia per la loro carriera politica.