Celebriamo la festa del gatto con tre dei felini della letteratura

Petrarca, Baudelaire, Pascoli: tre autori della letteratura per celebrare la festa del gatto.

17 febbraio: si celebra oggi in Italia la giornata del gatto, dedicata a iniziative di diverso tipo tutte a favore di un animale tra i più amati dagli italiani. La festa del gatto è nata del 1990 e diverse sono le motivazioni che, a partire da un’iniziativa promossa per i lettori della rivista “Tuttogatto”, hanno portato alla collocazione in questo giorno. Cosa hanno di tanto speciale i gatti? Forse la loro indipendenza, la loro capacità di mantenere la propria libertà anche in dipendenza da un padrone. Ma questo non li rende meno affettuosi, come può in un primo momento sembrare. Hanno solo bisogno dei propri spazi, i gatti, e guadagnarsi il loro affetto è più difficile che con altri animali. Sono forse diffidenti, in un primo momento, ma una volta conquistata la loro fiducia si otterrà l’affetto riservato ad un amico. Come festeggiarli? Molteplici sono le iniziative promosse in questa giornata, tutte volte a dispensare amore nei confronti di questo animale, alcune prevedono l’offerta di cibo e di cure verso i gatti randagi che abitano le varie città. Noi proveremo a celebrarli mediante tre diverse citazioni letterarie.

1.La gatta di Francesco Petrarca

È  una lei, la presunta gatta che ha fatto da compagna all’impegno letterario del celebre poeta Francesco Petrarca (1304-1374). Molte raffigurazioni lo vedono vicino a un felino, e imbalsamata una gatta riposa in una teca di vetro tra gli arredi dell’autore. Il poeta ha trascorso i suoi ultimi anni in una villetta ad Arquà, in compagnia della figlia e del genero e immerso nel continuo impegno di lettura e di scrittura, e diverse sono le testimonianze che lo descrivono in compagnia di una gatta, incontrata nella campagna e rimastagli vicino fino alla morte di lui. Non compare mai nei suoi scritti, se non in quella che si ritiene l’ultima lettera, inviata all’amico Giovanni Boccaccio: “[…] quasi due estati fa, una gatta è entrata a far parte della mia vita insidiandone il primato”. Tra le testimonianze di altri autori che parlano della gatta di Petrarca troviamo alcuni versi del poema “La secchia rapita” di Alessandro Tassoni (1565-1635):

“[…] E ’l bel colle d’Arquà poco in disparte,
che quinci il monte, e quindi il pian vagheggia;
Dove giace colui, nelle cui carte
L’alma fronda del Sol lieta verdeggia;
E dove la sua gatta in secca spoglia
Guarda dai topi ancor la dotta soglia
.”  (da “La secchia rapita”, canto ottavo, XXXIII, vv 267-272)

2.Il gatto di Charles Baudelaire

Era affascinato dal gatti Charles Baudelaire (1821-1867), e di questo animale parla in diversi componimenti. Nelle sue fattezze il poeta riconosceva alcune caratteristiche dell’atteggiamento della sua donna. Ecco il testo, in traduzione italiana, del componimento “Le Chat” (il gatto):

Vieni bel gatto, vieni sul mio cuore amoroso;
trattieni i tuoi artigli
ch’io mi sprofondi dentro i tuoi begli occhi d’agata e metallo.

Quando a piacimento le mie dita a lungo
ti carezzan la testa e il dorso elastico,
e gode la mia mano ebbra al toccare il tuo corpo elettrico,
vedo in spirito la mia donna:
profondo e freddo come il tuo, il suo sguardo, bestia amabile,
penetra tagliente come fosse una freccia,
e dai piedi alla testa
una sottile aria, rischioso effluvio,
tutt’intorno gira al suo corpo bruno
.”

3.”La gatta” di Giovanni Pascoli

La poesia di Giovanni Pascoli (1855-1912) si serve spessissimo di immagini simboliche a cui vengono attribuiti significati profondi. In uno dei suoi sonetti l’immagine del gatto diventa simbolo del dolce affetto materno: la tenera scena narra gli ultimi istanti di vita di una gatta, che in procinto di morire fa in modo di non lasciare da solo il suo piccolo e con piccoli gesti lo affida al poeta.

Era una gatta, assai trita, e non era
d’alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.
Ora, una notte, (su per il camino
s’ingolfava e rombava la bufera)

trassemi all’uscio il suon d’una preghiera,
e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.
Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino
tra piedi; e sparve nella notte nera.

Che nera notte, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri
urli portava dai deserti il vento.

E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
Facea le fusa il piccolo, contento
.”

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