Caro Jessen, te la facciamo vedere noi la siesta: l’Inghilterra sta sottovalutando il Coronavirus?

Ultimamente si è scatenato un putiferio social, fra Boris Johnson che applica le nuove misure di contenimento del virus e Christian Jessen che accusa gli italiani di sfruttare l’emergenza per fare “siesta”.

Boris Johnson alla conferenza stampa del 12 marzo.

Questo articolo rappresenta un testo di protesta, affinché i cittadini inglesi possano comprendere i sacrifici profondi di tutti gli operatori sanitari italiani nel fronteggiare questa emergenza sanitaria, ma anche per difendere tutti coloro che sono stati coinvolti indirettamente o direttamente in questa epidemia, sia con risultati lievi che con gravi conseguenze come la perdita di un caro familiare.

Le nuove misure di Johnson per COVID-19

Se da un lato al governo inglese si possa imputare una certa morbidità nell’affrontare questa emergenza sanitaria, dall’altro l’unica cosa che mi viene in mente è la grande mancanza di rispetto nei confronti del popolo italiano mostrata da Jessen.
Il 12 marzo 2020, Boris Johnson, durante una conferenza stampa ufficiale, ha parlato di come la Gran Bretagna affronterà questa nuova emergenza sanitaria. Come riportato dalla BBC, 10 persone sono già morte e nonostante il numero di casi positivi sia 596, secondo le stime epidemiologiche le persone realmente contagiate potrebbero già essere 5.000-10.000. Tra le misure adottate, le scuole hanno cancellato tutti i viaggi all’estero ed è stato consigliato agli over-settantenni di non imbarcarsi su navi da crociera. Inoltre, secondo le nuove direttive, i test si concentreranno solo sui casi confermati e le persone che potrebbero avere dei sintomi ricollegabili a COVID-19 sono pregati di non chiamare il numero d’emergenza 111, ma di attenersi soltanto alle linee guida presenti sul sito dell’NHS.
Gelide sono state le sue parole, e anche abbastanza prive di tatto, riguardo al confronto con il comune raffreddore.

“Continuerà a diffondersi e io devo essere sincero con voi, devo essere sincero con il pubblico britannico, molte più famiglie perderanno i loro cari prima del tempo.”

Boris Johnson, 12 marzo 2020

Inoltre ha affermato che non c’è ancora bisogno di chiudere le scuole, cosa che invece nello stesso giorno aveva già fatto la Repubblica di Irlanda. Allo stesso modo la Scozia ha vietato ogni tipo di evento che coinvolge più di 500 persone contemporaneamente. Il primo ministro ha dichiarato inoltre che non vuole ancora adottare le stesse misure draconiane assunte da altri Paesi prima del tempo, evitando che la popolazione si stanchi delle stesse e non le rispetti.
BBC giustifica queste azioni step-by-step affermando che il numero dei casi è ancora abbastanza limitato e non è necessario ancora intervenire con drastiche misure che muterebbero radicalmente l’aspetto sociale ed economico della nazione. Tuttavia, il segretario alla salute del partito laburista Jonathan Ashworth ha già dichiarato i suoi dubbi circa la sottovalutazione da parte del governo di quanto il popolo sarà disposto a cambiare abitudini di vita per fronteggiare il virus e la sua diffusione.

Una mappa riassuntiva dei casi di COVID-19 in UK.

Il messaggio di Jessen in radio: gli italiani fanno siesta col Coronavirus

Purtroppo gli stereotipi tardano a crollare ancora nel 2020.
Definiamo prima di chi stiamo parlando, visto che può essere sconosciuta come figura al di fuori dell’Inghilterra. Christian Jessen è un dottore che ha condotto per un periodo di tempo un reality show chiamato Embarassing Bodies, un po’ come quei programmi TV dove mostrano le patologie umane più strane.
Partendo da questa breve introduzione, ai microfoni della stazione radio FUBAR, Jessen ha dichiarato ieri che, seppur tale affermazione potesse sembrare razzista, gli Italiani stanno utilizzando l’emergenza sanitaria come una scusa per fermare tutto, finire di lavorare e prendersi una lunga pausa ( long siesta, come da lui definita).
Per concludere il suo intervento, ha supportato le teorie di Johnson approvate il giorno precedente, affermando che si poteva benissimo rinviare la chiusura delle scuole e che l’influenza da Coronavirus vive più nella stampa che nella realtà. Quando gli è stato fatto presente che già 10 persone erano morte, ha semplicemente affermato che i dati dell’influenza riguardano migliaia di persone e che non si hanno evidenze di donne incinte affette, né di bambini.  “So why this massive panic?” è stata la sua domanda retorica di risposta.
Beh, per definire COVID-19 un “bad cold” (cattivo raffreddore) dopo che l’OMS ha dichiarato la pandemia ci vuole molto coraggio.

Il dottore Christian Jessen ha accusato l’Italia di sfruttare l’emergenza sanitaria per fare una lunga siesta.

Lo shutdown in Italia: perché era necessario

L’obiettivo primario che una nazione colpita dal Coronavirus dovrebbe prefiggersi è quello che in inglese è detto flattening the curve. Sicuramente vi sarà capitato di osservare in questi giorni un’immagine come quella che segue nel paragrafo, dove si mostra il numero di casi positivi in funzione del tempo. Ovviamente esiste un massimo che ogni nazione può sopportare col suo sistema sanitario ed è rappresentato dalla linea orizzontale detta anche Healthcare system capacity, ossia quante persone realmente il SSN può accogliere per un’eventuale trattamento ospedaliero dopo aver contratto il virus. Si può anche constatare che, senza prendere misure, il numero di casi nell’intervallo di tempo raggiunge picchi superiori rispetto alla capacità delle strutture ospedaliere mentre, applicando delle misure preventive, tale curva tende proprio ad assottigliarsi (flattening) e a spargersi su un intervallo temporale maggiore, restando comunque al di sotto del limite massimo imposto dal SSN.
Da un punto di vista epidemiologico si parla di R0, ossia del reproduction number. Quando un’infezione si diffonde ad altre persone, allora si riproduce. Se questo valore è minore di 1, l’infezione tende a diminuire col tempo nella popolazione, se il valore è pari a 1, si avrà un’infezione stabile mentre se il valore è maggiore di 1, la popolazione può assistere alla nascita di un’epidemia o di una pandemia (come è successo).
Studi epidemiologici pubblicati alla fine di febbraio 2020 mostrano che per COVID-19 il numero di riproduzione è 2.28, osservando i primi stadi del processo di diffusione dell’infezione. Facendo confronti storici, l’influenza H1N1 aveva un R0 di 1.4-1.6 mentre la pandemia del 1918 un R0 compreso fra 1.4 e 2.8.

Rappresentazione grafica del “flattening the curve”.

Ma torniamo all’Italia analizzando le ultime misure di contenimento adottate dal governo Conte e disponibili sul sito del Ministero della Salute. Col Dpcm 11 marzo, si sono applicate misure ancora più restrittive per fronteggiare l’emergenza sanitaria, con una validità dal 13 marzo al 25 marzo 2020. Con questo decreto resteranno chiusi bar, pub, ristoranti, parrucchieri, centri estetici e le industrie potranno continuare a funzionare solo se verranno applicate tutte le misure di sicurezza previste dal caso. Resteranno invece aperti gli alimentari, i benzinai, le edicole, i tabacchi, le farmacie, le parafarmacie, ottici e altri negozi di prima necessità. Vengono inoltre confermate le disposizioni del precedente Dpcm 9 marzo, noto come #iorestoacasa, col quale viene limitato lo spostamento delle persone, il rinvio delle manifestazioni sportive e la sospensione delle attività didattiche di ogni ordine e grado fino al 3 aprile.
Tutte queste misure non sono state prese senza raziocinio dal governo Italiano. Come in Inghilterra, anche noi abbiamo a disposizione un consiglio tecnico (afferente al Ministero della Salute) che giudica e valuta la situazione dell’emergenza sanitaria giorno dopo giorno, coordinandosi con gli ospedali e con la Protezione Civile che quotidianamente fornisce tutti i dati necessari al pubblico.
La sfortuna principale dell’Italia è stata quella di essere stata contagiata all’improvviso, fra le prime nazioni in Europa, e nonostante tutto, con diversi decreti e norme applicate, si è riusciti ad arrivare fino a questo punto quando sembrerebbe che il contagio stia finalmente rallentando. Bisogna anche ricordare il ruolo che l’Italia ha giocato nella lotta contro questo agente patogeno, come la scoperta della mutazione del virus che lo ha reso trasmissibile all’uomo, oppure l’uso di Tocilizumab e Remdesivir gentilmente offerti gratuitamente da varie case farmaceutiche. Questi sono solo due esempi del contributo italiano alla ricerca di cure contro SARS-CoV-2, ma rendono l’idea di quanto la nostra nazione sia scesa direttamente in campo per aiutare non solo il popolo italiano, ma l’intera comunità scientifica per debellare questa emergenza.
Non voglio dilungarmi troppo nel tessere le lodi dell’Italia, che sta svolgendo un egregio lavoro da un punto di vista sanitario, ma piuttosto sottolineare come veniamo continuamente attaccati da nazioni che al posto di interessarsi ai propri problemi interni puntano il dito verso altri Paesi che stanno fronteggiando a testa alta la pandemia.
Abbiate il coraggio di dire ai medici, agli infermieri e agli operatori sanitari che stanno facendo siesta in questi giorni, ditelo a tutti i gestori di locali e negozi costretti a chiudere per contenere il virus, ditelo a chi desidererebbe tanto tornare alla routine quotidiana ma ci rinuncia per il benessere comunitario, dimostrando di essere cittadino italiano prima di essere persona.
Le accuse lanciateci sono vacue, prive di ogni fondamento, soprattutto perché non si conosce la realtà quotidiana di questi giorni. La quarantena ha permesso a tutti di rivalutare le proprie abitudini e stili di vita e ciò che ci spinge a protrarla è l’interesse verso l’altro e verso se stessi.
Per favore, la prossima volta che ci accusate, pensate a quanto sacrificio ci sia dietro ogni singola azione, dietro ogni singolo gesto, e non confondete banalmente il senso civico di contenere un’emergenza sanitaria con il desiderio di non voler lavorare.
Quello che raccontate ai microfoni di una stazione radio non rispecchia gli Italiani.

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