Burroughs e Kerouac ci raccontano la storia che ha ispirato “Kill your darlings”

Quale è la verità che si cela dietro uno dei più famosi delitti nella storia della letteratura?

“Kill your darlings”, meglio noto al pubblico italiano come “Giovani ribelli”, è un film ormai entrato nell’immaginario collettivo, con le atmosfere noir e affascinanti, ma si basa sul poco conosciuto romanzo intitolato “E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche”, nato da una storia vera.

E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche

Di fronte alla Columbia University ci sono un bar, l’Havana Central e un parco, Riverside Park. Oggi, il bar è molto frequentato da una mandria di studenti la cui maggiore preoccupazione è superare gli esami e trovare un modo per ripagare le tasse, mentre nel parco bambini e genitori trovano un po’ di quiete, rifugiandosi dalla frenetica New York in un romantico angolo incontaminato, che affaccia sulla riva del fiume Hudson. Nessuno lo ricorda, ma la storia della Beat Generation è iniziata proprio qui. Già, in quell’Havana Central, che illo tempore si chiamava “West End bar” e sui cui tavolini Jack Kerouac, Lucien Carr, Allen Ginsberg e William Burroughs passavano tempo a bere a ad ascoltare musica jazz, mentre tentavano di dare vita ad un nuovo linguaggio letterario, uno che potesse spezzare le mura della metrica preconfezionata, dove le parole potessero essere ritmo che tende alla musicalità e dove non era concepita la censura.

È proprio nell’idilliaco parco però che si consuma un terribile omicidio. Ce lo raccontano bene Kerouac e Burroughs, che tempo dopo decidono di espiare le proprie colpe in un romanzo “E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche” scritto a quattro mani, a capitoli alterni. La stesura sarà terminata nel 1945, ma la prima pubblicazione avverrà solo nel 2008. Ciò che raccontano in poche righe potrebbe essere riassunto così: Lucien Carr, 19 anni, accoltella al petto con un taglierino da boy-scout l’amico David Kammerer, 33 anni, per poi gettarne il corpo agonizzante nel fiume Hudson; ma la storia è in realtà un po’ più complessa. Carr e Kammerer erano amanti, o meglio ancora, Carr in cambio di vari favori (un alloggio, aiuti con i test universitari e la possibilità di acquistare alcool e droga) si concedeva a Kammerer, il quale era follemente innamorato del ragazzo. Una sera, mentre si trovavano nel parco, le sue avances furono più insistenti del solito e Carr lo uccise.

“Tieni”, ha detto “prendi l’ultima sigaretta”. Mi ha offerto un pacchetto di Lucky Strike schizzato di sangue. Dentro c’era una sigaretta. “Ho appena ammazzato Al”

-“E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche”, Kerouac e Burroughs

È così che Carr confessa l’omicidio ai suoi due amici fidati, mostrando loro il pacchetto di sigarette insanguinato dell’amante. I due inizialmente cercano di convincerlo a confessare, ma Carr non ne ha la minima intenzione e dopo l’omicidio si reca a vedere una mostra d’arte. A causa della loro omertà sia Kerouac che Burroughs saranno accusati di favoreggiamento, ma non andranno in prigione poiché la famiglia Burroughs pagherà la cauzione.

 

da sinistra: WIlliam Burroughs, Lucien Carr, Allen Ginsberg (scattata da Jack Kerouac)

Lo sguardo dell’innocenza

Kill your darlings riprende la vicenda raccontata nel libro scritto a quattro mani, raccontandola però dal punto di vista dell’unico del gruppo che non restò coinvolto in prima persona nell’omicidio: Allen Ginsberg. Il poeta americano, che sarà nel corso della sua vita riconosciuto come una delle personalità più influenti del panorama letterario, arrivò alla Columbia University da giovane studente curioso e pieno di vita, che trovò in Carr il compagno d’avventure ideale.

La pellicola, uscita in Italia con il titolo di “Giovani ribelli” oltre a seguire pedissequamente le fasi che hanno portato all’omicidio, presenta l’occhio dell’innocenza – quello di Ginsberg, ebreo, apparente studente modello – che scopre la realtà: un mondo crudele, che non prova pietà per nessuno e che spezza chi non sa difendersi. Ad impersonare questo spaesato aspirante poeta c’è Daniel Radcliffe, in quello che fu uno dei primi tentativi di scrollarsi di dosso la figura di Harry Potter, il cui immaginario collettivo forse ha contribuito ancora di più ad amplificare la sensazione di naïveté attorno alla sua persona, che si scontra con il magnetico e eccelso Dane DeHaan, perfetto per il ruolo dell’affascinante e manipolatore Carr. La sua figura è quella attorno alla quale ruota tutto il film, in maniera analoga a quanto successe con il movimento Beat: Lucien Carr è l’unico a non aver mai scritto un libro – nella sua vita si dedicherà poi al giornalismo – ma come ha affermato più volte lo stesso Ginsberg:

 “Lou era il collante”.

Le basi della modernità

C’è un ammirevole candore nel modo in cui il film approccia alle tematiche che hanno plasmato i suoi protagonisti, dall’abuso delle droghe, alla scoperta della sessualità, con un chiaro amore per il soggetto, che filtra attraverso lo schermo, accompagnato però da una tariffa quasi conservatrice: i punti cardine ci sono, ma non vengono esplorati a fondo.

Il tentativo principale del regista è stato quello di lavorare sul terreno della nascita di un “sentire collettivo”, di un’urgenza condivisa che sul momento dà luogo a fenomeni di sbruffoneria tipicamente adolescenziale e che solo in una seconda battuta, non messo in scena, verrà rielaborato da Ginsberg e dagli altri nel loro tipico ed esasperato autobiografismo, nel tentativo di fare la differenza, di dare il via a quella rivoluzione che ha spianato la strada a tutta la letteratura moderna.

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