Il 21 aprile 753 a.C. è la data che la tradizione sceglie per celebrare la fondazione di Roma, la città eterna.
È parecchio difficile scandire in maniera chiara gli eventi che hanno segnato la storia delle origini di Roma. Tito Livio, il maggiore storico romano, scriveva che “non solo i fatti ma anche gli autori stessi sono avvolti nelle nebbie del passato”: alla limitatezza di fonti dirette dei primi secoli di storia romana va aggiunta la scarsa attendibilità dei pochi scritti che possediamo. Lo storico ci parla di false iscrizioni sotto i busti e di fatti alterati, e ci invita dunque a tenere conto, nella ricostruzione della Roma delle origini, della manipolazione che hanno subito i dati che venivano tramandati per creare la fama di alcune famiglie e che per tale scopo descrivevano in un certo modo alcuni eventi e ne lasciavano in secondo piano degli altri.
Ab Urbe Condita
Buon compleanno, città eterna! Il 21 aprile è il Natale di Roma: se esiste un evento che mette tutte le fonti d’accordo quello è il mito della sua fondazione, fissata da Varrone al 753. La tradizione, dunque, vuole che il 21 aprile 753 a.C. Romolo abbia fondato Roma, compiendo il destino che aveva avuto inizio tempo prima con la partenza di Enea da Troia. Il mito è stato largamente tramandato e ha dato anche inizio ad una calendarizzazione che cominciasse dalla fondazione della Città, un punto di partenza per l’indicazione degli anni, nominati in base alla distanza “ab Urbe condita”. Ma cosa c’è, oltre al mito? Gli archeologi sono giunti alla conclusione che Roma sia nata a partire dall’unificazione di diversi villaggi di Latini disposti vicino al fiume Tevere e sui vari colli nei paraggi, posizione parecchio favorevole perché la città diventasse nei secoli successivi l’immensa potenza del mondo antico che abbiamo studiato. Il mito di Romolo, tuttavia, è tanto ricco di significato da non poter essere tralasciato per un’analisi della Storia di Roma.
Romolo, Remo e la loro funzione nel mito
Il destino di Roma ha inizio subito dopo la distruzione di Troia, quando l’eroe Enea, figlio delle dea Afrodite e del mortale Ascanio, inizia un lungo viaggio per fondare una nuova colonia nel Lazio. Lì il figlio di Enea fonda una città, Alba Longa, protagonista di alcune vicende che porteranno alla nascita dei due gemelli Romolo e Remo, abbandonati sulle sponde del Tevere dopo l’uccisione della madre. Se i piccoli riescono a sopravvivere è grazie ad una lupa, che decide di allattarli quando li trova abbandonati in una cesta. Dopo svariate vicissitudini Romolo fonderà Roma, con la benedizione degli dèi del cielo ricevuta mediante gli auspici – pratiche che riconoscevano la divinazione nel volo degli uccelli. Romolo delimitò lo spazio urbano, entro il quale stabilì delle norme, e rese cittadino romano chi era al suo seguito. Fra i cittadini, poi, scelse i primi 100 senatori.
Quello di Romolo è un personaggio fittizio che presenta nella mitologia tutti gli elementi narrativi necessari a creare il patrimonio di valori e di fiducia nelle istituzioni che apparteneva ai Romani. A Roma, come scriveva il già citato storico Livio, “non vi è un solo punto che non sia permeato dalla religione e dalla presenza divina“. Se dunque il mito di Romolo racconta quello che i Romani pensavano fosse davvero accaduto, è perché l’intero sistema si basava sulla sacralità di una città la cui fondazione era stata fortemente voluta dagli dèi. Ha una forte importanza nel mito anche la presenza del fratello Remo: primitivo, incarna il modello dell’abitante del poco urbano suolo romano, che Romolo rivoluziona e civilizza. Nel momento in cui valica il limite sacro che delimitava lo spazio urbano, Remo viene ucciso dal fratello, che avrebbe fatto lo stesso con qualunque nemico o straniero. Inoltre, l’idea che i primi 100 senatori fossero stati scelti da Romolo stesso contribuì a legittimare l’autorevolezza, il prestigio di questa carica e l’idea della storica discendenza dei patrizi.
La grandezza di Roma nell’Eneide
È Virgilio a consegnarci le credenze dei romani circa il mito di Enea, in un poema epico scritto in esametri e che lo ha convolto dal 29 a.C. fino alla morte. L’Eneide celebra Roma e Augusto presentando l’Impero Romano come il risultato della volontà del fato. Il merito di Enea, figlio del mortale Anchise e della dea Afrodite, è quello di aver dato origine divina alla discendenza che porterà alla nascita di Roma. L’eroe troiano infatti, scampato alla distruzione di Troia, riceve in sogno Ettore: ucciso da Achille, egli è preoccupato per la città. Ettore esorta Enea a fuggire per cercare una nuova patria e per garantire una continuità alla stirpe gli consegna gli dèi protettori della città di Troia. Il viaggio di Enea, che perseguitato dall’ira della dea Giunone deve affrontare innumerevoli ostacoli, si svolge nei primi sei libri. Nel libro settimo l’eroe giunge nel Lazio, ma le avversità continuano: solo nel dodicesimo libro si assiste al compimento della sua fatale missione.
Tra i passi più suggestivi del poema c’è l’incontro con il padre: nel libro sesto Enea, a Cuma, scende agli Inferi e incontra il suo genitore Anchise, che passa in rassegna tutte le anime che si reincarneranno e faranno parte della storia di Roma fino ad Augusto. Concluso questo elenco, l’annuncio del padre riguarda la missione imperiale della città. Se il primato degli altri popoli riguarda le arti, le scienze e le armi, il valore di Roma e il suo scopo è inerente al potere sul resto delle genti e all’estensione della pace a tutto il mondo.
“Tu ricorda, Romano, di dominare le genti, le tue arti saranno queste; dettare le leggi della pace, risparmiare i sottomessi e debellare i superbi.” (trad. it. da Eneide VI 851-853)
Buon compleanno, Roma!