“La mia professoressa Katherine Watson vive secondo le proprie convinzioni e non accetta compromessi neanche per il college. Dedico questo mio ultimo articolo ad una donna straordinaria che ci è stata di esempio ed ha convinto tutte noi a vedere il mondo attraverso nuovi occhi”- Betty Warren nel film Mona Lisa Smile.
Mona Lisa Smile è un film del 2003 con protagonista la straordinaria Julia Roberts. Ispirato ad una storia vera, la pellicola racconta l’esperienza di Katherine Watson, un’ insegnante di storia dell’arte, nel prestigioso college femminile di Wellesley. Katherine è una donna forte ed emancipata, che si trasferisce nella scuola convinta di trovare studentesse ambiziose, determinate a diventare i leader di domani. Ma, ben presto, si rende conto che in realtà Wellesley è molto lontano da questo ideale femminista e rivoluzionario. Le ragazze che lo frequentano rispecchiano a pieno, infatti, il perbenismo borghese dell’America anni 50: per loro l’università non rappresenta un’occasione per potersi affermare a livello personale, ma un semplice strumento per diventare mogli devote e madri impeccabili. La loro formazione prevede educazione domestica, eventi mondani e gare di corsa in cui la vittoria segna un buon auspicio per una gravidanza. “Una scuola di buone maniere travestita da università” come afferma la stessa Katherine. Un mondo bigotto, repressivo e conformista, quello che traspare tra le mura del prestigioso college e che si scontra con gli ideali di una donna emancipata come Katherine. Katherine, infatti, a differenza delle sue giovani allieve non vede nel matrimonio l’unica propria ragione d’essere. E, in questa scelta, sembra quasi richiamare il mito di Lilith, la prima moglie di Adamo. Secondo la prima religione ebraica Lilith era la compagna di Adamo, antecedente ad Eva, cacciata poiché si rifiutò di sottomettersi al marito. Questa figura, a lungo dimenticata, fu poi ripresa dalle religioni neopagane e dal movimento di emancipazione femminile dell’Ottocento, diventando così il simbolo della donna che non vuole assoggettarsi all’uomo.
Mona Lisa Smile: il matrimonio come unica possibile affermazione
Il film racconta il confronto tra Katherine e le sue alunne, ragazze brillanti ma incapaci di sottrarsi al bigottismo della loro educazione. Le giovani sono, infatti, vittime della società del tempo: non riescono a vedere loro stesse al di fuori di un buon matrimonio e sono pronte, per questo, a rinunciare ai propri sogni. È questo il caso, ad esempio, di Joan, la prima della classe. Joan desidera studiare legge a Yale ma sa che per farlo dovrebbe rinunciare alla condizione di moglie perfetta.
«Qui c’è scritto che ha scelto giurisprudenza. In quale università vorrebbe specializzarsi?» «Non ci ho ancora pensato veramente. Insomma, una volta laureata intendo sposarmi.» «E poi?» «Poi sarò sposata.»
Questo è il dialogo che avviene tra Joan e la sua professoressa. Katherine è ben lontana dall’idea che una donna debba rinunciare a sé stessa per un uomo e sprona, dunque, le sue allieve a raggiungere i propri sogni. Cerca di mostrargli il ruolo svilente che la società gli impone, come le donne non abbiano la possibilità di dimostrare le loro capacità. Attraverso l’arte cerca di aprire le loro menti e di fornirgli nuovi punti di vista, entrando lentamente nei loro cuori. Soprattutto in quello di Betty, la più restia a rinunciare alle tradizioni della loro società. Betty crede infatti che la sua vita sia perfetta: di buona famiglia, si è appena sposata con il proprio fidanzato e si è trasferita nella casa che sognava. Solo quando scopre che suo marito non la ama e che sua madre, pur di non vederla divorziare, è disposta a vederla soffrire, capisce la realtà della propria condizione. E vede allora in Katherine la donna che non ha bisogno di nessun’altro al di fuori di sé stessa. L’esempio di una donna che bisogna seguire.
Katherine Watson: il grido dell’emancipazione
Katherine è solo una delle tante, straordinarie, donne che hanno lottato per i propri diritti e per la propria affermazione. Fin dal XVIII secolo, infatti, le donne di tutto il mondo hanno cercato di far sentire la propria voce, denunciando le mancanze e le discriminazioni della società. In Francia, per esempio, Olympe de Gouges scrisse nel 1791 la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, in cui rivendicava principi fondamentali. E come lei tanti altri nomi, famosi e non, hanno lottato, nel corso della storia, per permettere alle donne di affermarsi a livello personale e sociale. Veri e propri movimenti rivoluzionari sono infatti nati grazie alle voci di queste figure intraprendenti, tentativi di sancire una definitiva uguaglianza tra il sesso femminile e quello maschile. Il femminismo socialista, promosso dai primi socialisti utopisti, e il movimento delle suffragette, rivendicatrici della parità di voto, sono solo alcuni degli esempi più famosi di questo progressivo mutamento sociale. Proteste che hanno interessato decenni di storia e milioni di cittadini ma che, nell’America degli anni 50 di Mona Lisa Smile, non hanno ancora raggiunto a pieno il proprio scopo. La storia dell’emancipazione femminile è stata infatti una lotta dura e continua, diversa da società a società e precaria da un’epoca all’altra. Molti diritti sono stati acquisiti grazie alle continue rivendicazioni, ma molti altri ne sono sempre rimasti per cui lottare. Le donne sono state da sempre vittime di discriminazioni di ogni genere, dettate da società maschiliste e patriarcali. Mona Lisa Smile rappresenta uno dei tanti canti a questo pieno riconoscimento delle donne. Un canto portato avanti anche oggi.
Lilith: la prima donna
Simbolo dell’emancipazione femminile è stata, per molti secoli, Lilith, la prima moglie di Adamo. Questa figura, ricordata da diverse religioni come un demone notturno, compare nella cabala ebraica come la creatura nata dalla terra insieme ad Adamo. Quando, tuttavia, questo volle giacere sopra di lei come dimostrazione della propria superiorità, la donna si oppose. Lilith venne cacciata e tramutata in un demone portatore di disgrazia, associato poi agli aspetti negativi della femminilità, come la lussuria. Nell’immaginario comune questa figura è diventata poi l’emblema del femminile che non vuole assoggettarsi al maschile. Tanto che le donne che si sottraevano al vincolo matrimoniale venivano definite “figlie di Lilith”. Un po’ come Katherine, che sceglie di rinunciare al matrimonio in favore di sé stessa.
Camilla Cavalli