Il cannabidiolo è oggetto di crescente interesse per i suoi potenziali benefici terapeutici, ma sembra esserci un dibattito in corso sulla validità scientifica di tali affermazioni.
Il 21 agosto 2023 con l’emanazione del decreto ministeriale, il Ministero della Salute ha classificato il cannabidiolo (CBD), una delle sostanze presenti nella cannabis, come stupefacente riaccendendo il dibattito in Italia.
La discussione è complessa e talvolta polarizzata: le opinioni sull’uso ricreativo e terapeutico della cannabis spesso si intrecciano e provano a legittimarsi e delegittimarsi a vicenda a seconda dalle convinzioni personali, dalle ideologie e dalla posizione politica di chi parla, piuttosto che da dati scientifici solidi.
1. Cannabis e generi a confronto
Una ricerca condotta dagli psicologi della Washington State University nel 2014, ha evidenziato che le donne sembrano essere più sensibili agli effetti analgesici del THC, il principale principio attivo della marijuana, rispetto agli uomini. Inoltre, le donne sembrano sviluppare più facilmente una tolleranza alla sostanza, il che significa che potrebbero aver bisogno di aumentare la dose di THC per ottenere lo stesso effetto.
Queste differenze di genere nell’effetto della marijuana potrebbero essere legate al ruolo degli estrogeni, i principali ormoni sessuali femminili, che potrebbero influenzare la risposta del cervello alla sostanza.
Almeno in Italia, c’è una disparità di genere nell’uso della marijuana: in media, sembrerebbe che ci siano quasi due consumatori maschi per ogni consumatrice femmina.
2. Cannabis come rimedio allo stress e al dolore cronico
Il nostro corpo produce endocannabinoidi, sostanze chimiche simili ai cannabinoidi presenti nella cannabis, come il THC. Questi endocannabinoidi possono influenzare i recettori cerebrali e avere un effetto calmante o rilassante, simile a quanto si sperimenta con la marijuana. Tuttavia, gli effetti possono variare da persona a persona e dipendere da diversi fattori, tra cui la genetica e le esperienze personali. Il sistema endocannabinoide è ancora oggetto di ricerca per comprendere appieno il suo ruolo nella regolazione delle emozioni e nella risposta allo stress.
Oltre a ciò, la marijuana può contribuire a ridurre i sintomi di malattie autoinfiammatorie e di alcuni disturbi legati alle demenze, i sintomi dell’artrite e i tremori associati al morbo di Parkinson. La pianta verde risulta utilissima ad aiutare a mitigare gli effetti collaterali della chemioterapia.
3. Cannabis e latte materno
Nel latte materno sono presenti alcuni “endocannabinoidi”, che possono indurre una sensazione di calma e rilassamento nei neonati durante l’allattamento, oltre a favorire il sonno. Questi endocannabinoidi includono l’anandamide e il 2-arachidonilglicerolo (2-AG), che sono sostanze chimiche naturalmente prodotte dal corpo umano e che agiscono su recettori cannabinoidi nel cervello e nel sistema nervoso.
4. Cannabis e disturbi psichiatrici
Alcuni studi hanno evidenziato una forte correlazione tra il consumo di cannabis e l’insorgenza di disturbi psichiatrici. Questi disturbi possono includere:
-Psicosi da cannabis: L’uso di cannabis può aumentare il rischio di sviluppare disturbi psicotici, come la schizofrenia o la psicosi da cannabis comportando sintomi come allucinazioni e deliri.
-Depressione: Alcune ricerche hanno suggerito una connessione tra il consumo di cannabis e l’insorgenza della depressione. Tuttavia, la natura esatta di questa relazione è complessa e può essere influenzata da vari fattori, compresi fattori genetici e ambientali.
-Attacchi di panico: L’uso di cannabis può innescare attacchi di panico o peggiorare i sintomi nei soggetti predisposti.
-Idee suicidarie e tentativi di suicidio: È stato rilevato che tra i consumatori di cannabis vi è un aumento del rischio di ideazione suicidaria e tentativi di suicidio. Tuttavia, è importante notare che il legame tra il consumo di cannabis e il suicidio può essere complesso e anch’esso influenzato da molteplici fattori.
La relazione tra il consumo di cannabis e i disturbi psichiatrici è un argomento di ricerca in corso, e gli scienziati stanno cercando di comprendere meglio le cause e gli effetti di questa connessione. È fondamentale tenere presente che gli effetti della cannabis possono variare da persona a persona.
5. Cannabis e categorie a rischio
Esistono rischi particolari associati all’uso della cannabis per certi gruppi come gli adolescenti, le donne in gravidanza e le persone con disturbi mentali. L’uso di cannabis in queste categorie può avere effetti negativi sulla salute e sullo sviluppo, difatti, in giovane età può essere particolarmente rischioso, in quanto il cervello degli adolescenti è ancora in fase di sviluppo e può essere più vulnerabile agli effetti negativi della sostanza.
Il THC, il principale principio attivo della marijuana, poiché simile agli endocannabinoidi, i neurotrasmettitori naturali del cervello, può interferire con la loro azione, compromettendo le funzioni nervose. Questo danneggia le sinapsi, ovvero le connessioni tra neuroni, e priva i neuroni del loro sistema di regolazione naturale.
Secondo alcuni ricercatori, l’uso continuo di marijuana durante l’adolescenza potrebbe causare danni permanenti alle connessioni neurali, influenzando negativamente la funzionalità cerebrale a lungo termine.
6. Coltivazione green?
La coltivazione della pianta di cannabis non è automaticamente “green” o ecologicamente sostenibile, a meno che non venga effettuata all’aperto o sotto luci LED a basso consumo energetico.
Secondo un report pubblicato nel 2011 dal Lawrence Berkeley National Laboratory negli Stati Uniti, le coltivazioni indoor di cannabis possono avere un significativo impatto ambientale. Per esempio, per produrre uno spinello in queste coltivazioni indoor, si possono emettere circa 0,9 kg di anidride carbonica (CO2), equivalente alle emissioni generate da una lampadina accesa per 17 ore.
Questo fatto solleva preoccupazioni ambientali riguardo alle pratiche di coltivazione indoor di cannabis, che spesso richiedono l’uso intensivo di energia e risorse, come luci artificiali, sistemi di climatizzazione e ventilazione. Questi sistemi possono consumare considerevoli quantità di elettricità e contribuire alle emissioni di gas serra.
7. Quando coltivare canapa era obbligatorio
Nel 1763, nella colonia della Virginia, negli Stati Uniti, fu promulgata una legge nota come la “legge sulla canapa”. Questa legge obbligava i contadini a coltivare canapa, poiché la pianta era considerata una materia prima di grande importanza economica e strategica per il governo coloniale britannico.
La canapa era utilizzata principalmente per la produzione di corde, tessuti e vele per le navi. Durante quel periodo storico, la marina britannica era molto potente, e la necessità di avere accesso a materiali di alta qualità per le sue navi era cruciale. La canapa forniva fibra resistente e durevole, che era essenziale per la costruzione e la manutenzione delle navi.