Dopo le parole di una donna gigantesca, Massimo Gramellini ci invita a rifarci alla sapienza di Seneca per non venire paralizzati dai dubbi.
Un insegnante di clarinetto muore esattamente quattordici ore dopo aver ricevuto il vaccino. Qual è il nesso tra la morte e la dose di AstraZeneca ricevuta? Quasi certamente nessuno, eppure i due eventi vengono comunicati insieme dalle testate giornalistiche, che contribuiscono alla creazione di dubbi e di scetticismi sul vaccino. Tuttavia la moglie della vittima lancia un messaggio di speranza: Massimo Gramellini la definisce così gigantesca, e forse sarebbe necessario che tutti prendessimo esempio da tanto grande sapienza.
Ci vuole tanta sapienza, di libri e di vita
Ci vuole tanta sapienza, di libri e di vita, scrive Massimo Gramellini per il Corriere, in riferimento alle dichiarazioni di Simona Riussi, moglie dell’uomo morto a Biella. È corretto definirla gigantesca: “Credo nella vaccinazione anti-Covid e farò la seconda dose. Ma nello stesso tempo vorrei conoscere la causa della morte di mio marito. In cuor mio non me la sento di dire che la colpa sia del vaccino”, ha affermato la donna, “Bisogna continuare a crederci. Se io e mio marito non ci avessimo creduto, non lo avremmo fatto, ma da educatori era importante farlo”. Forse non dovrebbero stupirci queste parole, eppure lo fanno. Non è semplice lanciare un tanto grande messaggio di speranza, dopo aver perso una persona molto cara, ed è segno di forte razionalità e di fiducia nelle figure competenti del settore medico e scientifico. Ci avrebbe stupito di meno un’invettiva verso il vaccino, e l’avremmo forse ritenuta dettata dal dolore, eppure Simona Riussi, nonostante questo dolore, non perde la lucidità. Da qui parte la riflessione di Massimo Gramellini, che scrive che il modo migliore di onorare una donna simile è sforzarsi di imitarla.
Astra Seneca
AstraZeneca, fa pensare Massimo Gramellini, è quasi omonimo di Anneo Seneca. Non solo il nome, però, avvicina il filosofo latino alla vicenda del vaccino. A proposito del timore, il giornalista cita un passo dall’epistola 4 di Seneca. Nella lettera in questione, l’invito dell’autore latino è quello verso il raggiungimento di una fermezza tale da non temere le sventure più gravi. La cosa che più si teme è la morte, ma è una paura infondata: si rischia, per il timore di quell’ora, di pregiudicare tutte le altre ore, che saranno inquiete se condotte in un mare di terrore.
“Cerca soltanto di progredire: capirai che sono meno da temere proprio le cose che fanno più paura.”
Dubbi legittimi?
“Il problema non è avere dubbi, ma lasciarsene paralizzare“, scrive Gramellini al termine della sua riflessione. Sì, perché se legittima può essere la paura, insieme a qualunque altra emozione, ciò che conta davvero è il modo in cui reagiamo. Soprattutto nel caso in cui la nostra reazione può avere una certa risonanza e delle conseguenze. Ne è una prova il messaggio di speranza delle moglie dell’insegnante di Biella, quando la morte del marito è stata dai giornali associata al vaccino, senza alcuna evidenza scientifica. “Bisogna continuare a crederci!”