Arrestare i dissidenti: scopriamo i casi della Russia e di Cesare Pavese

Il conflitto tra l’Ucraina e la Russia ha generato proteste in ogni dove. Anche all’interno della Russia stessa molti cittadini sono scesi in piazza, finendo con l’essere arrestati.

La storia si ripete e chi non è d’accordo con un regime o un governo può rischiare di essere arrestato. È questo ciò che sta accadendo oggi a migliaia di Russi e quello che è accaduto a Cesare Pavese.

Le proteste in Russia

Fin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, molte piazze russe sono state prese d’assalto da folti gruppi di manifestanti, che chiedevano la pace, opponendosi quindi alle decisioni di Putin. Stando a quanto riporta l’ANSA sono più di 15 mila i cittadini russi arrestati dalle forze dell’ordine perché manifestavano contro l’attacco in Ucraina, chiedendo la pace. Tra i tanti che spingono le persone alla protesta c’è Alexei Navalny, strenuo oppositore di Putin ora in carcere, che negli scorsi giorni ha invitato quante più persone possibili a far sentire la propria voce e il proprio dissenso. In più di cinquanta città russe ci sono state manifestazioni, ma la risposta del governo è sempre stata una sola: la repressione del dissenso attraverso arresti generalizzati.

Cesare Pavese e il confino

Il 13 maggio del 1935 nell’abitazione di Cesare Pavese irrompe la polizia. Lo scrittore piemontese viene arrestato e processato come antifascista. Si tratta però di un equivoco, o meglio di una serie di circostanze avverse. Pavese non aveva mai partecipato attivamente ad attività di matrice antifascista, ma ha comunque solidi rapporti con intellettuali torinesi avversi al regime. Tra questi Augusto Monti, Giulio Einaudi e Vittorio Foà, per citare i più noti. Già questo bastava per renderlo sospetto, ma fu l’amore per quella che nei suoi scritti chiama “la donna dalla voce rauca” a tradirlo. Questa, a differenza di Pavese, era un’antifascista militante, tenuta sotto stretta sorveglianza dalle camicie nere. Pertanto, per non far intercettare la propria corrispondenza, chiede a Pavese di poterla ricevere al posto suo. Lo scrittore, innamorato, accetta e durante una retata della polizia viene trovata una lettera di chiaro carattere antifascista. A processo Pavese non tradisce la donna e viene condannato a tre anni di confino a Brancaleone Calabro.

La produzione legata al confino

Dell’esperienza a Brancaleone Calabro, Pavese lascia un vivido ricordo attraverso le lettere inviate a parenti e amici. Queste sono particolarmente importanti per la comprensione dello scrittore piemontese, in quanto sono una chiave di introspezione diversa rispetto al diario “Il mestiere di vivere”. Dalla vita vissuta in confino nasce il romanzo “Il carcere” dove l’ingegnere Stefano, alter ego di Pavese, racconto la sua vita di esiliato. Dapprima isolato e schivo, finisce con l’avvicinarsi agli uomini e alle donne del paese dove vive e a prendere confidenza con un elemento a lui estraneo fino a quel momento, il mare. Figura centrale nel racconto è una donna, Elena, con cui il protagonista ha una storia, ma anche in generale la comunità chiusa e un po’ retrograda, quanto a costumi, del paese. Il confronto tra lettere e questo romanzo è serrato e mostra come “Il carcere” sia una delle opere più autobiografiche di Pavese, anche se, come suo solito, sposta il centro della narrazione in un orizzonte indefinito e mitico.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.