Andiamo insieme alla scoperta delle rivoluzioni dei ruggenti anni ’60 italiani

Non solo ruggenti anni ’20: gli anni ’60 hanno costituito un decennio cruciale per la storia contemporanea italiana. Scopriamo insieme questo periodo di rinascita.Sono anni di euforia, di attività, di brio: il decennio dei magici ‘60s ha veramente significato tanto per la storia del nostro Paese. L’Italia si lascia la Seconda Guerra Mondiale alle spalle e l’economia inizia finalmente a riprendersi dal collasso bellico. Prima il boom economico, poi le battaglie per i diritti, fino al mitico 1968, che infiamma tutto il mondo occidentale. Vediamo più nel dettaglio questo decennio incredibile per la storia dell’umanità.

Il periodo d’oro italiano

1960-1969: anni fondamentali per la crescita italiana contemporanea. Il nostro Paese sta subendo cambiamenti epocali a livello sociale, culturale, politico ed economico. Grandi piaghe come l’analfabetismo, la povertà e la disoccupazione iniziano a scomparire, toccando i minimi storici del periodo. La lira è una delle monete più stabili al mondo e la crescita annua italiana supera di gran lunga quelle di altre superpotenze mondiali. Sullo scacchiere internazionale, la sua posizione è cruciale: è un utile avamposto della Nato lì, ai confini del Patto di Varsavia. Questo fa acquistare all’Italia un importantissimo posto all’interno del G8, il summit delle otto nazioni più ricche e influenti al mondo.

La politica italiana

Non solo cambiamenti economici, quindi, ma anche e soprattutto politici. Se nel decennio precedente, infatti, la Democrazia Cristiana (DC) aveva inaugurato la linea del centrismo con il proprio leader Alcide De Gasperi, negli anni ’60 le cose cambiano un bel po’. All’interno della DC, ancora primo partito italiano, inizia a farsi molto importante la corrente dossettiana, di centro-sinistra, favorevole a cercare una dialogo con il Partito Socialista Italiano (PSI). Per vedere un governo davvero di centro-sinistra (cioè con un ministro socialista), che poi verrà ribattezzato organico, dobbiamo aspettare il 1963, anno di lancio del primissimo esecutivo retto da Aldo Moro. Nonostante l’adesione ai dettami dell’economia keynesiana e non socialista, questo governo ha dato il via a un periodo di riforme sociali molto sentite a livello sociale. Ma non è stato abbastanza per spegnere la mina del 1968.

Il magico 1968

In tutto il mondo i giovani si mobilitano per differenti cause di tipo sociale e politico. I riottosi appartengono alla baby boom generationnati nel periodo di benessere e ripresa economica successivo al Secondo conflitto mondiale. Divenuti adolescenti a metà degli anni ’60, proprio quando il consumismo di massa sta per divenire il nuovo imperativo, i giovani sono un’enorme fascia demografica. Godono della scolarizzazione e di un’istruzione superiore e accademica, che avrebbe ritardato il loro ingresso nel mondo del lavoro. Considerato questo e il miglioramento generale delle condizioni di vita, il modello comportamentale dei genitori era ormai visto come lontanissimo dall’attualità in cui vivono i figli: questo senso di non appartenenza e di incomprensione porta i baby boomers a essere attivi nella politica e nel sociale. I giovani cominciano a rifiutare la società dei consumi e il modello di sviluppo capitalista, proponendo una controcultura critica verso i padri e lo status quo, a favore di stili di vita comunitari e basati sull’eguaglianza. A ciò segue il diniego del puritanesimo e dell’élite borghese. Il malcontento si dirige anche verso la scala gerarchica: genitori, in primis, ma anche scuola e luogo di lavoro, oltre che alla Chiesa.

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