Confrontiamo il ritornello di ‘Figlio di un re’ di Cesare Cremonini e le avventure raccontate nella ‘Vita’ di Alfieri.
(forbes.it)
Differenze sociali, culturali, di genere: gli uomini si diversificano sotto tanti aspetti. Tuttavia, come scrive il cantautore bolognese, ciò che li accomuna è la voglia di rischiare tutto per amore. Approfondiamo questo tema anche grazie all’illustre esempio di Vittorio Alfieri.
IL SUCCESSO DI QUALCHE ANNO FA
Pubblicato nell’album ‘Il primo bacio sulla luna’ del 2009, ‘Figlio di un re’ è uno dei brani più famosi e di successo di Cesare Cremonini. Coerentemente con la sua fama di estroso, il cantautore abbina un testo di fatto molto semplice ad una base incalzante e dalle chiare sfumature jazz.
Puoi chiamarti dottore, puoi chiamarti scienziato
Puoi chiamarti ufficiale, puoi chiamarti soldato
Puoi persino morire
Comunque l’amore è là dove sei pronto a soffrire
Lasciando ogni cosa al suo posto e partire
Non importa quale sia la professione, lo status sociale o quant’altro: davanti all’amore tutti gli uomini si scoprono uguali. Più nello specifico, pur di poterlo ottenere, ognuno di essi è pronto a soffrire, a mettersi in gioco e, se necessario, a rischiare la vita. Il brano mantiene per tutta la sua durata la stessa struttura: all’elencazione di ruoli, professioni, grandi personalità segue sempre la stessa conclusione, cioè quella della sudditanza agli effetti dell’amore. Come affermato dallo stesso Cremonini, ‘Figlio di un re’ si ispira alle tematiche affrontate da Bob Dylan nell’album ”Blood on the Tracks’, e allo stesso tempo appaiono molto chiare le somiglianze con un altro brano del cantautore premio Nobel, ”Gotta Serve Somebody’ :
You may be an ambassador to England or France
You may like to gamble, you may like to dance […]
But you’re gonna have to serve somebody, yes indeed
You’re gonna have to serve somebody
Tr. (Puoi essere ambasciatore in Inghilterra o in Francia/ Ti può piacere il gioco, ti può piacere il ballo/ Ma devi servire qualcuno, si è così, devi servire qualcuno).
L’INQUIETUDINE E LE AVVENTURE DI ALFIERI
A proposito della sofferenza legata all’amore, non si può non citare Vittorio Alfieri, forse una delle figure più particolari e interessanti del nostro panorama artistico. Nato nel Piemonte sabaudo nel 1749, rifiuta i suoi natali nobili e la prospettiva di una vita al servizio del re, iniziando un’interminabile serie di viaggi in giro per l’Europa. Alla precoce età di quarant’anni decide di raccogliere le sue esperienze in un’autobiografia, la ‘Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso’, con l’obiettivo di raccontare il suo percorso da giovane rampollo illetterato a tragediografo di grande fama. Inquieto, impulsivo, alla ricerca di se stesso: Alfieri vive gli anni della propria giovinezza nella più totale confusione emotiva. A tutto questo, però, contribuiscono in larga parte le sue numerose storie d’amore, che l’astigiano vive con fortissimo trasporto:
Io viveva frattanto in tutto e per tutto ignoto a me stesso; […] non ritrovando mai pace né requie, e non sapendo pur mai quello che io mi desiderassi. […] soltanto molti anni dopo mi avvidi che la mia infelicità proveniva dal bisogno, anzi necessità ch’era in me di avere ad un tempo stesso il cuore occupato da un degno amore, e la mente da un qualche nobile lavoro. (Epoca Terza, Giovinezza, cap. II)
(tradizioneattacchi.eu)
Emblematico è il celebre episodio del duello con il marito di Penelope Pitt, nobildonna londinese che il giovane incontra in uno dei primissimi viaggi. Scoperto durante una delle sue visite segrete, pur di difendere l’onore suo e dell’amata, Alfieri decide di accettare la sfida rischiando la vita, incurante della sua totale incompetenza nella scherma . Con un po’ di ironia, così ricorda:
Io sempre sono stato un pessimo schermidore; mi ci buttai dunque fuori d’ogni regola d’arte come un disperato; e a dire il vero io non cercava altro che di farmi ammazzare. […] Così martellando gran tempo, io sempre portandogli colpi, ed egli sempre ribattendoli, giudico che egli non mi uccise perché non volle, e ch’io non l’uccisi perché non seppi. (Epoca Terza, Giovinezza, cap. X)
(cinefiliaritrovata.it)
LASCIARE OGNI COSA AL SUO POSTO E PARTIRE
Solo da una figura come quella di Vittorio Alfieri era possibile aspettarsi episodi di questo tipo. Il carattere inquieto, schietto ed oltremodo emotivo è ciò che lo contraddistinse, sia come uomo che come letterato. Molte altre, infatti, furono le avventure amorose raccontate nella ‘Vita’, ma altrettanti furono gli ‘impeti artistici’ da cui scaturirono poesie, riflessioni o bozze di atti di tragedie. Unica requie, forse, per la sua esistenza impetuosa fu la contessa d’Albany, la sua ultima compagna, per la quale, appunto, fu realmente pronto a ‘lasciare ogni cosa al suo posto e partire’, seguendola ovunque andasse.
Un dolce focoso negli occhi nerissimi accoppiatosi – che raro adiviene – con candidissima pelle e biondi capelli, davano alla di lei bellezza un risalto, da cui era difficile non rimanere colpito e conquiso. (Epoca Quarta, Virilità, cap. V)
La ‘Vita’, concludendo, ci lascia sostanzialmente un messaggio: che sia l’amore o una qualsiasi altra passione, non è possibile fuggire da ciò che ci smuove e solletica il cuore. E questo riguarda tutti, ‘che tu sia figlio di un re’ , o meno.
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